Mercoledì 05 aprile

Settimana autentica – mercoledì santo

La spiritualità di questo giorno di quaresima

Giuda

La Parola di questo giorno

GIOBBE 42, 10-17
Lettura del libro di Giobbe

In quei giorni. Il Signore ristabilì la sorte di Giobbe, dopo che egli ebbe pregato per i suoi amici. Infatti il Signore raddoppiò quanto Giobbe aveva posseduto. Tutti i suoi fratelli, le sue sorelle e i suoi conoscenti di prima vennero a trovarlo; banchettarono con lui in casa sua, condivisero il suo dolore e lo consolarono di tutto il male che il Signore aveva mandato su di lui, e ognuno gli regalò una somma di denaro e un anello d’oro. Il Signore benedisse il futuro di Giobbe più del suo passato. Così possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli, mille paia di buoi e mille asine. Ebbe anche sette figli e tre figlie. Alla prima mise nome Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Argentea. In tutta la terra non si trovarono donne così belle come le figlie di Giobbe e il loro padre le mise a parte dell’eredità insieme con i loro fratelli. Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant’anni e vide figli e nipoti per quattro generazioni. Poi Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni.

SALMO Sal 118 (119), 169-176

Dammi vita, Signore, e osserverò la tua parola.

Giunga il mio grido davanti a te, Signore,
fammi comprendere secondo la tua parola.
Venga davanti a te la mia supplica,
liberami secondo la tua promessa. R

Sgorghi dalle mie labbra la tua lode,
perché mi insegni i tuoi decreti.
La mia lingua canti la tua promessa,
perché tutti i tuoi comandi sono giustizia. R

Mi venga in aiuto la tua mano,
perché ho scelto i tuoi precetti.
Desidero la tua salvezza, Signore,
e la tua legge è la mia delizia. R

Che io possa vivere e darti lode:
mi aiutino i tuoi giudizi.
Mi sono perso come pecora smarrita;
cerca il tuo servo:
non ho dimenticato i tuoi comandi. R

TOBIA 7, 1a-b. 13 – 8, 8
Lettura del libro di Tobia

In quei giorni. Quando fu entrato in Ecbàtana, Tobia disse: «Fratello Azaria, conducimi diritto dal nostro fratello Raguele». Egli lo condusse alla casa di Raguele, che trovarono seduto presso la porta del cortile. Raguele chiamò sua figlia Sara e, quando venne, la prese per mano e l’affidò a Tobia con queste parole: «Prendila; secondo la legge e il decreto scritto nel libro di Mosè lei ti viene concessa in moglie. Tienila e, sana e salva, conducila da tuo padre. Il Dio del cielo vi conceda un buon viaggio e pace». Chiamò poi la madre di lei e le disse di portare un foglio e stese l’atto di matrimonio, secondo il quale concedeva in moglie a Tobia la propria figlia, in base al decreto della legge di Mosè. Dopo di ciò cominciarono a mangiare e a bere. Poi Raguele chiamò sua moglie Edna e le disse: «Sorella mia, prepara l’altra camera e conducila dentro». Quella andò a preparare il letto della camera, come le aveva ordinato, e vi condusse la figlia. Pianse per lei, poi si asciugò le lacrime e le disse: «Coraggio, figlia, il Signore del cielo cambi in gioia il tuo dolore. Coraggio, figlia!». E uscì. Quando ebbero finito di mangiare e di bere, decisero di andare a dormire. Accompagnarono il giovane e lo introdussero nella camera da letto. Tobia allora si ricordò delle parole di Raffaele: prese dal suo sacco il fegato e il cuore del pesce e li pose sulla brace dell’incenso. L’odore del pesce respinse il demonio, che fuggì verso le regioni dell’alto Egitto. Raffaele vi si recò all’istante e in quel luogo lo incatenò e lo mise in ceppi. Gli altri intanto erano usciti e avevano chiuso la porta della camera. Tobia si alzò dal letto e disse a Sara: «Sorella, àlzati! Preghiamo e domandiamo al Signore nostro che ci dia grazia e salvezza». Lei si alzò e si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro la salvezza, dicendo: «Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri, e benedetto per tutte le generazioni è il tuo nome! Ti benedicano i cieli e tutte le creature per tutti i secoli! Tu hai creato Adamo e hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse di aiuto e di sostegno. Da loro due nacque tutto il genere umano. Tu hai detto: “Non è cosa buona che l’uomo resti solo; facciamogli un aiuto simile a lui”. Ora non per lussuria io prendo questa mia parente, ma con animo retto. Dégnati di avere misericordia di me e di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia». E dissero insieme: «Amen, amen!».

VANGELO Mt 26, 14-16
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo. Uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo.

Vangelo

Emerge dal Vangelo di oggi la figura di Giuda, da molti studiata o evocata. Cosa ci dice il Vangelo di oggi?

Uno dei dodici, chiamato Giuda”. I Vangeli insistono sempre molto su questo particolare. Giuda è uno dei dodici. È uno che ha sperimentato la comunione apostolica. È uno che ha passato almeno tre anni della sua vita con il Signore. È uno che ha sentito la predicazione, che ha visto i miracoli, che ha fatto la vita che hanno fatto tutti gli altri discepoli. Una vita di comunione che, ora, viene tradita. Una vita di comunione che viene annullata. Qual è la differenza tra gli altri undici e Giuda nella passione? Quale differenza anche con Pietro che, come lui, rinnega e tradisce? La differenza è proprio questa, che mentre gli altri undici sono rimasti in comunione tra loro per riscoprire la comunione con il Signore, Giuda no. Giuda si è sottratto alla comunione, si è sottratto a quella vita inerme che i discepoli stavano facendo e sperimentando. È la comunione che ha salvato gli altri. Non erano migliori di lui e nemmeno Giuda era peggiore di loro. Ma gli undici hanno trovato forza nella comunione che è diventata occasione per stare con il Signore anche nella sua Pasqua. Giuda, avendo rotto questa comunione, no!

Quanto volete darmi perché ve lo consegni?”. La domanda di Giuda, se vogliamo, è una domanda banale. È la domanda di chi baratta. È la domanda di chi cerca di trarre profitto. È la domanda di chi cerca solamente di monetizzare tutto, perfino i rapporti con le persone, le amicizie. Giuda è uno che pensa che da tutto, anche dalla fede, occorre trarre profitto e si dispone a consegnare il Signore, come tutti sappiamo bene e come ci veniva detto nel Vangelo di oggi, per trenta denari. Non una cifra a caso, ma la cifra che già i profeti avevano profetizzato come la cifra dello scambio sacrilego.

Il comportamento che il Vangelo cerca di far emergere è quello di chi vende il Signore dopo avere infranto la comunione. Potremmo anche dire così: quando si perde il senso della comunione, si perde il senso della fede. Quando si perde il senso della vicinanza reciproca, si perde anche il senso dei valori. Giuda ha fatto questo: rompendo la comunione con il Signore e con gli altri undici ha perso il senso della sua fede, non si è lasciato coinvolgere nella preghiera, non ha tratto forza dalla sua interiorità e, per questo, ha perso tutto, compresa la sua vita.

Il nostro cammino di fede

Il nostro cammino di fede ha bisogno delle stesse cose. Quando il nostro cammino di fede perde forza ed importanza? Quando si rompe la comunione. Quando non siamo più nella comunione con gli altri, quando non siamo più nella disponibilità di stare nella comunione con Dio e con le persone con le quali condividiamo il cammino di fede, allora si perde tutto. Si perde proprio la fede. Quando si perde la fede tutto diventa possibile, anche le cose peggiori. Un ultimo consiglio che ci viene dalle Scritture per vivere bene questi prossimi giorni santi, è proprio quello di cercare sempre la profondità della comunione con Dio e tra noi, perché è solo in questa comunione che trova senso tutto il cammino di fede, comprese le cose difficili, quelle che non si capiscono, quelle che rimangono indecifrabili. È la comunione che salva. Se Giuda non avesse rotto la comunione con Gesù, se non avesse rotto la comunione con gli altri discepoli, probabilmente avrebbe fatto una scelta molto diversa da quella che, in realtà, ha fatto.

L’altro giorno ci domandavamo che tenore avrà questa Pasqua. La risposta è ora chiara. Avrà il tenore della nostra comunione. Se teniamo alla comunione, se stiamo facendo in modo che la nostra fede sia davvero espressione di questa comunione, se stiamo cercando di vivere, di difendere, di sostenere questa comunione di fede, allora anche la Pasqua avrà un suo spessore, un suo tenore. Se non c’è attenzione alla comunione, scordiamoci una Pasqua vera. Al più potremo ripetere una delle tante Pasque della vita, ma non vivremo una Pasqua santa, che diventa stimolo per il futuro. Cerchiamo di rinnovare, in questi prossimi giorni, il valore della nostra comunione ecclesiale. Facciamo in modo che ci sia attenzione per la comunione tra noi. Vivremo una Pasqua più intensa e più vera.

Intenzioni di preghiera

Preghiamo per noi che stiamo per entrare nel Triduo pasquale. Preghiamo perché sappiamo davvero gioire della comunione con il Signore e perché sappiamo davvero attingere forza da tutto quello che rivivremo.

Preghiamo perché sappiamo vivere una comunione ecclesiale più vera e più forte, simbolo reale del cammino che procede incontro a Cristo.

Preghiamo perché possiamo accedere alla grazia che Cristo vuole donare a chi rimane in comunione con Lui.

2023-03-31T12:22:34+02:00