Domenica 14 febbraio

Ultima domenica dopo l’Epifania

Nella logica delle epifanie, cioè delle manifestazioni, ad una settimana dall’inizio della quaresima, siamo messi in comunione con questa ultima manifestazione del mistero di Dio prima che inizi il tempo della misericordia e del perdono. Ecco perché la sapienza liturgica del rito ambrosiano ci fa ascoltare questa domenica dedicata al tema del perdono.

Isaia

Is 54, 5-10
Lettura del profeta Isaia

In quei giorni. Isaia disse: «Tuo sposo è il tuo creatore, Signore degli eserciti è il suo nome; tuo redentore è il Santo d’Israele, è chiamato Dio di tutta la terra. Come una donna abbandonata e con l’animo afflitto, ti ha richiamata il Signore. Viene forse ripudiata la donna sposata in gioventù? – dice il tuo Dio –. Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti raccoglierò con immenso amore. In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto; ma con affetto perenne ho avuto pietà di te, dice il tuo redentore, il Signore. Ora è per me come ai giorni di Noè, quando giurai che non avrei più riversato le acque di Noè sulla terra; così ora giuro di non più adirarmi con te e di non più minacciarti. Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto, né vacillerebbe la mia alleanza di pace, dice il Signore che ti usa misericordia».

Romani

Rm 14, 9-13
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, per questo Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi. Ma tu, perché giudichi il tuo fratello? E tu, perché disprezzi il tuo fratello? Tutti infatti ci presenteremo al tribunale di Dio, perché sta scritto: «Io vivo, dice il Signore: ogni ginocchio si piegherà davanti a me e ogni lingua renderà gloria a Dio». Quindi ciascuno di noi renderà conto di se stesso a Dio. D’ora in poi non giudichiamoci più gli uni gli altri; piuttosto fate in modo di non essere causa di inciampo o di scandalo per il fratello.

Vangelo

Lc 18, 9-14
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece chi si umilia sarà esaltato».

Vangelo

Abbiamo ancora bisogno di Dio? O abbiamo “l’intima presunzione di essere giusti?”. Il Vangelo partiva proprio da questa certezza: sempre, in ogni tempo, in ogni luogo, è possibile che vi siano credenti che hanno questa intima presunzione. Intima, cioè è una realtà che vivono dentro di sé, è una realtà che tengono racchiusa nel proprio cuore; è una “presunzione”, cioè qualcosa che pensa la singola persona e non una realtà di fatto. In che cosa consiste l’intima presunzione di essere giusti? È, di fatto, un’analisi delle proprie opere, esattamente come quella del fariseo. Egli è un uomo giusto, come è tipico di tutti quelli che hanno abbracciato il fariseismo. Le sue opere sono opere di giustizia: è un uomo che prega, è un uomo fedele nel matrimonio, è un uomo che paga le tasse e che fa anche offerte al tempio. Non bastasse è anche un uomo che sa compiere atti di ascesi: digiuna due volte la settimana! Che cosa fa quest’uomo che non va? Apparentemente niente! Ma, in realtà, compie un peccato molto grave, pur nella sua giustizia: escludere Dio dal proprio orizzonte di vita. Quel Dio che il fariseo andava a pregare, quel Dio che il fariseo andava ad incontrare è, di fatto, assente dalla sua vita: quest’uomo non ha bisogno di Dio! È già a posto o, per lo meno, si ritiene tale. Poiché le sue opere sono già buone, il fariseo crede di essere sufficientemente avanti nel proprio cammino di fede. Non gli resta che ringraziare il Signore, ma non ha realtà per le quali chiedere perdono, non ha peccati da confessare, non ha nulla da rimettere nelle mani di Dio.

Il pubblicano è assai diverso. Come tutti i pubblicani è ladro, perché costruisce il proprio guadagno su quella maggiorazione delle tasse che rende la sua vita piena di soldi. Non sappiamo cos’altro avesse combinato questo pubblicano, sappiamo solo che va al tempio non per dire di essere già a posto, non per affermare di essere già salvo, ma per dire solamente che egli ha bisogno dell’aiuto di Dio. La sua preghiera è, di fatto, una confessione. Egli sa di non essere a posto con la coscienza e, per questo, chiede aiuto a Dio. Non fa un elenco dei propri peccati, o, per lo meno, non lo riporta il Vangelo. Riconosce sé stesso come peccatore, che è già il punto di partenza per una revisione di vita e per una confessione dei singoli peccati. Poiché egli si rimette nelle mani di Dio come peccatore, egli ottiene quel perdono che al fariseo non serve, perché si ritiene già sufficientemente bravo. Il pubblicano, riconoscendosi peccatore, “va a casa giustificato”, cioè “reso giusto” da Dio, che accoglie il peccatore e lo “giustifica”, cioè lo rende giusto non per i propri meriti ma per la ricchezza del suo perdono.

Isaia

Questa realtà spirituale è ciò che aveva intuito anche il profeta Isaia, che aveva compreso, insieme a molti altri profeti, che non era l’opera dell’uomo a rendere l’uomo giusto, ma è sempre l’opera di Dio che “giustifica” l’uomo. “Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto, né vacillerebbe la mia alleanza di pace, dice il Signore che ti usa misericordia”. Ben prima della venuta di Cristo che è la misericordia di Dio resa atto per gli uomini, il profeta comprende che non è l’atto dell’uomo a salvarlo, ma solo la sua misericordia. È la fedeltà di Dio che rende giusto l’uomo. L’uomo, nella sua debolezza, non può essere che mancante!

Romani

San Paolo proviene dalla scuola dei profeti, ma contempla il disvelarsi del perdono e della misericordia di Dio in Gesù. Per questo egli ricordava da un lato con grande forza che “tutti ci presenteremo davanti al tribunale di Dio”, dove ciascuno dovrà rendere conto di sé stesso; dall’altro lato ricorda che davanti a questo tribunale non si va come davanti ad un giudice implacabile, ma sorretti e resi giusti da Gesù Cristo che, nel mistero della sua Pasqua, nella sua morte e risurrezione, ha già perdonato il mondo. Davanti al tribunale di Dio ci si va con i propri peccati, dice Paolo, ma contando anche sulla misericordia di Dio che ci è già stata donata nell’esperienza di questa vita. Unica condizione per ottenere questa misericordia è il non giudicarci gli uni gli altri, il non criticarci gli uni gli altri. Chi avrà perdonato nella sua vita, chi non avrà giudicato nella propria esistenza, non ha nulla da temere. Il Sacrificio pasquale di Cristo lo ha già reso giusto. Chi poi avrà fatto in modo “ di non essere causa di inciampo o di scandalo per il fratello”, avrà davvero operato in modo da abbracciare la logica del Vangelo, la logica di chi non si sente già giusto ma si sente sempre bisognoso del perdono di Dio.

Per noi:

Le riflessioni della Parola, come sempre, vengono consegnate a noi.

Se avessimo noi l’intima presunzione di essere giusti? Il problema, evidentemente, non era solo del fariseo, ma è nostro! Quanti di noi potrebbero dire: vado a messa tutte le domeniche, prego tutti i giorni, mi comporto correttamente con gli altri, faccio anche qualche offerta e qualche atto di carità… cosa mi manca? A me sembra di fare già abbastanza! Quanti di noi pensano così? Io credo molti, perché, di fatto, è così! Partiamo da quello che già facciamo di bene e facciamo fatica a capire che il Signore non ci chiede altro che la forza di riconoscerci peccatori e bisognosi del suo aiuto! La vita di fede non è un elenco delle cose belle che già si fanno! Per queste occorre certamente ringraziare il Signore ma, poi, occorre rimettere nelle sue mani di misericordia quello che non sappiamo fare! Ecco una prima e forte provocazione per noi: impariamo a non ritenerci già giusti ma a saper vedere il nostro peccato.

Se fossimo noi quelli che ci giudichiamo gli uni gli altri? Anche questo credo sia proprio vero per noi. Ci viene normale, naturale e, in fondo, non ci vediamo nemmeno un male molto grande, nel giudicare gli altri che non sono come noi e che non fanno quello che noi facciamo. Questo è vero sia come singole persone che come gruppo. Noi, infatti, giudichiamo anche le esperienze spirituali degli altri. Noi che apparteniamo a questa esperienza non siamo come gli altri, noi si che siamo veramente discepoli del Signore… quante volte, anche se non lo diciamo apertamente, facciamo esperienze di questo genere e pensiamo cose di questo genere! San Paolo ricorda che dal giudizio nasce la critica e dalla critica la divisione. Dovremmo, invece, tutti considerarci peccatori. Questo è ciò che basta!

Una quaresima nuova. Credo poi che questa pagina di Vangelo ci proietti già nella prossima quaresima che, come ci scrive il nostro Arcivescovo, deve essere quaresima nuova. Nuova a motivo del fatto che lo scorso anno non abbiamo fatto una vera quaresima e che ci siamo, per forza, arresi a quel primo tempo di chiusura che tutti ricordiamo. Lo scorso anno è stato una quaresima senza conversione e senza riti, come siamo soliti fare. Siamo invitati già fin d’ora a guardare alla Pasqua con quello spirito di conversione e penitenza che si addice ad ogni credente.

Rivalutare la confessione. Per questo, lo annuncio già fin d’ora, cercheremo di rivalutare e di riscoprire il senso della confessione, aiutati anche dalla liturgia. Presi per mano da Dio per riconoscerci peccatori, anche noi siamo giustificati!

Raccomando questo itinerario soprattutto ai giovani, che sono sempre un po’ in crisi con questo sacramento!

Incominciamo fin d’ora a metterci in comunione con Dio che sempre ci chiama alla sua ammirabile luce e che sempre ci concede il perdono dei peccati.

2021-02-11T19:03:45+01:00