Terza domenica dopo l’Epifania
Parola e segno. In questa domenica, nella quale vogliamo mettere al centro la Parola di Dio, come il Papa ci chiede, siamo anche ducati dalla sapienza del nostro rito ambrosiano, a mettere al centro della nostra riflessione quel segno con cui Dio si rivela in Gesù Cristo che è l’Eucarestia: questo è il senso di questa “epifania di Dio” nel segno della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Eppure pare che l’uomo si ribelli ai segni con i quali Dio si rivela.
Numeri
Nm 11, 4-7. 16a. 18-20. 31-32a
Dal libro dei Numeri
In quei giorni. La gente raccogliticcia, in mezzo a loro, fu presa da grande bramosia, e anche gli Israeliti ripresero a piangere e dissero: «Chi ci darà carne da mangiare? Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cetrioli, dei cocomeri, dei porri, delle cipolle e dell’aglio. Ora la nostra gola inaridisce; non c’è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna». La manna era come il seme di coriandolo e aveva l’aspetto della resina odorosa. Il Signore disse a Mosè: «Dirai al popolo: “Santificatevi per domani e mangerete carne, perché avete pianto agli orecchi del Signore, dicendo: Chi ci darà da mangiare carne? Stavamo così bene in Egitto! Ebbene, il Signore vi darà carne e voi ne mangerete. Ne mangerete non per un giorno, non per due giorni, non per cinque giorni, non per dieci giorni, non per venti giorni, ma per un mese intero, finché vi esca dalle narici e vi venga a nausea, perché avete respinto il Signore che è in mezzo a voi e avete pianto davanti a lui, dicendo: Perché siamo usciti dall’Egitto?”». Un vento si alzò per volere del Signore e portò quaglie dal mare e le fece cadere sull’accampamento, per la lunghezza di circa una giornata di cammino da un lato e una giornata di cammino dall’altro, intorno all’accampamento, e a un’altezza di circa due cubiti sulla superficie del suolo. Il popolo si alzò e tutto quel giorno e tutta la notte e tutto il giorno dopo raccolse le quaglie.
Corinzi
1Cor 10, 1-11b
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini
Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto. Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono. Non diventate idolatri come alcuni di loro, secondo quanto sta scritto: Il popolo sedette a mangiare e a bere e poi si alzò per divertirsi. Non abbandoniamoci all’impurità, come si abbandonarono alcuni di loro e in un solo giorno ne caddero ventitremila. Non mettiamo alla prova il Signore, come lo misero alla prova alcuni di loro, e caddero vittime dei serpenti. Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento.
Vangelo
Mt 14, 13b-21
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Il Signore Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
Numeri
Prendete la prima lettura, il libro dei Numeri, che tratta delle realtà di Israele dopo essere uscito dall’Egitto mentre sta compiendo l’Esodo verso la terra della promessa. Gli Israeliti hanno visto il prodigio delle acque che si sono aperte per comando di Mosè, ma a loro non è bastato questo segno! Chiedono cibo ed acqua mentre vagano per il deserto: ottengono la manna e l’acqua che scaturisce miracolosamente dalla roccia, eppure a loro non basta nemmeno questo segno. Ecco che “mormorano”, cioè si ribellano a Dio, prendono sottogamba il percorso di fede, non si fidano di quei segni con i quali Dio si rivela nelle loro vite. Rimpiangono la vita facile, quella dove abbondavano “cetrioli, cocomeri, porri, cipolle, aglio”, cioè il cibo dei poveri che veniva dato loro “gratuitamente” come paga per la loro libertà. Un popolo di schiavi, mangia da schiavi, ma, poiché mangia abbondantemente, non prende in considerazione il dono della libertà ricevuto. Di qui il nuovo prodigio di Dio: le quaglie. Di fronte al popolo che non si fida di Lui, di fronte al popolo che “mormora” contro di lui, di fronte all’ingratitudine di chi ha sempre in mente ciò che era, la risposta di Dio non si fa attendere ed è un beneficio ulteriore. Dio non solo non se la prende, non solo non “castiga” il suo popolo irriverente, ma dona nuovi benefici. Carne da mangiare, con una sovrabbondanza unica – si parlava di un prodigio che durò un mese – per sfamare un popolo che, nonostante segni e prodigi, dimentica Dio.
Efesini
Oppure andate a rileggere la seconda lettura. San Paolo, grande conoscitore e commentatore dei testi sacri, che si richiamava ai medesimi fatti dell’Esodo. Richiamava l’acqua dalla roccia, richiamava la manna e diceva che quei prodigi erano stati dati come segno di Cristo. Eppure il popolo non comprese e si avvicinò a quei grandi segni con animo sacrilego: “il popolo sedette a bere e a mangiare e poi si alzò a divertirsi”, abbandonandosi all’impurità, precisava l’apostolo. Questo comportamento che nasce da una critica e chiude nell’immoralità rende inefficace il segno. San Paolo ricorda che tra costoro molti morirono. Non si tratta solamente di un fatto umano; San Paolo allude alla morte spirituale di quelle anime. Chi mangiò criticando, chi si avvicinò a Dio ma con animo non pronto a cogliere il segno, non disposto ad ascoltare la “legge di Dio”, cioè la sua parola, morì nell’anima, non riuscì a trattenere il gusto per Dio e per le cose di Dio di cui quei segni erano il simbolo. È il comportamento privo di sapienza dell’uomo che si accosta a Dio e alle cose della fede solo quando c’è una convenienza, senza imparare che la fede è ricerca, la fede è cammino, la fede è fatta anche di momenti difficili, di alti e di bassi. L’uomo non impara mai che la fede, che è dono, deve essere sempre coltivata attraverso i segni che Dio dona perché il cammino possa continuare speditamente.
Vangelo
È la trama narrativa del Vangelo. Gesù ha davanti a sé persone che appartenevano al popolo di Dio. Chissà quante volte avevano ascoltato le grandi storie dell’antico testamento. Chissà quante volte avevano celebrato la Pasqua, o erano entrate in una sinagoga, o si erano disposte alla preghiera. Eppure, agli occhi di Gesù, appaiono come “pecore senza pastore”. Sono anime sperdute, disorientate, anime che hanno perso il loro contatto con Dio, anche se, formalmente, fanno parte del popolo della salvezza, del popolo dell’Alleanza. Di fronte a queste persone ecco i due segni: il primo segno è dato dal “fermarsi” di Gesù in mezzo a loro, per parlare, per predicare, per spezzare loro il pane della Parola. Gesù inizia da qui. Inizia da questo gesto ad appassionare il loro cuore per quella Parola che guida la vita e che rende possibili tutti i cambiamenti della vita dell’uomo. Poi, dopo questa abbondante predicazione, ecco il gesto, antico e nuovo. Gesto che richiama la manna, che richiama le quaglie dell’Esodo, eppure nuovo. La moltiplicazione dei pani e dei pesci non rimanda solo a quegli eventi del primo testamento ma rimanda a quel gesto unico e sublime che il Signore compirà alla fine della sua esistenza, il giovedì santo, nel cenacolo e che noi ripetiamo ogni volta che celebriamo la Santa Eucarestia. Gesto che diventa sovrabbondante: permette che tutti siano sfamati, ma lascia poi anche 12 ceste piene di pezzi avanzati. Come dire: il dono di Dio non solo basta, ma riempie oltre ogni sazietà e diventa pane avanzato anche per chi non è presente, anche per chi non c’è. Pur in una folla già considerevole di 500 uomini senza contare le donne e i bambini, come San Matteo precisava. Parola e gesto si fondono insieme per diventare aiuto nel cammino. Parola e gesto si riuniscono in una sola azione di salvezza, che intende strappare l’uomo a quella incredulità che sempre lo accompagna e che tende a spegnere quell’anelito di fede che è depositato nel cuore di ciascun uomo. Paola e gesto che superano quel fare da sé che i discepoli avevano auspicato nella loro pochezza. Non è l’individualismo di chi compera a sfamare tutti, ma solamente la condivisione gratuita che porta tutti alla sazietà. Parola e gesto che vivono anche i malati, che vengono risanati dalla presenza e dall’opera del Signore.
Per noi:
Una lezione profonda e molto alta. Perché anche a noi sono date le stesse cose, anche a noi sono offerte le medesime realtà di grazia, ma, come quegli antichi ebrei, anche noi non ne comprendiamo il senso e la portata.
Prendete il richiamo alla Parola di Dio, anche in questa domenica detta, appunto, “della Parola”. Strumenti ne abbiamo, i richiami non mancano, eppure siamo sempre alle prese con la difficoltà di metterci davanti al testo biblico e lasciare che sia esso a guidare le giornate. Siamo, al massimo, attenti alla Parola di Dio proclamata, quella che leggiamo la domenica in Chiesa. Ma questo è troppo poco! Se ci crediamo veramente, la forza della Parola dovrebbe scuotere ogni nostra giornata e darci i criteri per interpretare ogni cosa, anche il tempo in cui viviamo. Eppure facciamo tutti una fatica enorme a leggere quella Parola che profuma di libertà e che educa ad un rapporto adulto di fede con Cristo.
Prendete il gesto, il gesto eucaristico. La moltiplicazione dei pani e dei pesci ci sta dicendo questo, che il Signore è presente nel gesto della “frazione del pane”, come lo chiamavano gli antichi. Presenza che non delude, presenza che non viene meno, presenza che diventa il sostegno per coloro che sono come pecore che non hanno un pastore. Eppure, anche a questo proposito, non ci regoliamo come vogliamo. Veniamo in Chiesa quando vogliamo o quando ci serve, prendiamo il Sacramento senza esserci prima guardati dentro, per vedere se siamo in grado di ricevere un dono così grande – abbiamo, infatti, scisso il rapporto tra l’Eucarestia e la Penitenza – magari anche distrattamente…
Noi che non valorizziamo i segni della parola e dell’Eucarestia pretendiamo di essere diversi da quelli di cui parlava San Paolo, che mangiarono e morirono? No, ce lo dice apertamente la scrittura! Solo chi mangia con fede, solo chi ascolta con attenzione, trattenendo la Parola si salva! La salvezza dell’anima, la salvezza eterna è la meta! I segni sono stati dati per questo!
- Come vivo, come mi accosto a questi segni?
- In questa domenica della parola, quale richiamo faccio mio mentre celebro l’Eucarestia?
- Sono anche io una pecora senza pastore?
Un’attenzione particolare per i giovani. Cosa ne è del vostro cammino di libertà? Cosa pensate debba essere il cammino della vostra libertà? Certo è una domanda per tutti, ma voi siete in quella età della vita nella quale il richiamo è più forte e la risposta deve essere più coinvolgente. Vedete, anche la scrittura ci ha detto che già a quei tempi c’era chi ascoltava, mangiava, poi andava via come se nulla fosse avvenuto, poi andava a divertirsi, diceva il testo, come se quell’incontro con i segni di Dio fosse una routine, un qualcosa di normale o forse di dovuto, o forse, addirittura, “cosa di poco conto”.
- Che rapporto c’è tra la vostra libertà e la vostra fede?
Non so se ve lo siete mai domandati, ma se non ve lo siete mai domandati, provate a farlo! Credo che sia essenziale per voi, per la vostra vita, per vivere una libertà che sia oltre il mangiare, il bere e il divertirsi! Un periodo come questo ve lo sta dicendo con forza e continuamente ve lo richiama. Siate di quelli che hanno un rapporto più stringente con la Parola di Dio e con il segno dell’Eucarestia. Educherete la vostra libertà a cose grandi. Perché dove abita Dio, succedono sempre cose grandi! Per voi, giovani, come per tutti.