1° Serata – La Speranza del cristiano2024-09-25T23:24:43+02:00

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Introduzione

“Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo cosa il domani porterà con sé. L’imprevedibilità del futuro, tuttavia, fa sorgere sentimenti a volte contrapposti: dalla fiducia al timore, dalla serenità allo sconforto, dalla certezza al dubbio. Incontriamo spesso persone sfiduciate, che guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità. Possa il Giubileo essere per tutti occasione di rianimare la speranza. La Parola di Dio ci aiuta a trovarne le ragioni”.[1]

Iniziamo il corso di esercizi spirituali parrocchiali di quest’anno. Dopo quello sul Padre nostro, nel 2023, quando abbiamo messo a punto la preghiera; dopo quello dello scorso anno sul quindicesimo anniversario di fondazione della comunità pastorale, vorrei introdurmi quest’anno al tema del Giubileo che vivremo a partire dal prossimo Natale: la speranza. Vorrei che queste serate non fossero solo un’occasione di preghiera, né, tantomeno, solo un’occasione di “sentire una predica”, ma un momento nel quale sappiamo fare alcuni veri e propri esercizi di speranza, ovvero un momento di riflessione nel quale vogliamo far nascere dentro di noi atteggiamenti di speranza da vivere, poi, nel corso delle giornate. Non solo di queste giornate, ovviamente, ma di tutte le giornate che il Signore ci dona! Noi, infatti, siamo pellegrini di speranza. Come avete visto sulla brochure, ogni serata proporremo uno di questi esercizi legati ad una meditazione. Cerchiamo di viverlo in modo profondo e vero.

Quale speranza è in noi?

Il primo esercizio ci porta a farci questa domanda: quale speranza è in noi? Prima ancora di qualsiasi accostamento alla Parola di Dio, vorrei far nascere il primo esercizio dalla proposta di Papa Francesco. Egli dice, come abbiamo appena letto, che ogni persona è portatrice di speranza. In ogni persona c’è desiderio e attesa di bene. Vorrei che ci fermassimo a pensare. Noi siamo qui come credenti, come persone che, in qualche modo, vivono l’attesa del Signore, l’attesa del regno di Dio, l’attesa della visione del suo volto. Siamo persone che cercano, in qualche modo, piccolo o grande, palese o nascosto, di fare del bene, tutti noi viviamo queste cose nel cammino ordinario di vita e di fede che andiamo svolgendo. Proviamo a chiederci noi per primi:

  • Primo esercizio: quale speranza è in noi?

Credo che sia una domanda diretta, che non deve ammettere alcun momento di tergiversazione, nessun momento di riflessione prolungata. La risposta dovrebbe venire spontanea dal nostro cuore, dalla nostra mente, dalle nostre labbra. Quale speranza è già dentro di noi? Può essere che qualcuno di noi abbia grande speranza per il futuro e per l’avvenire. Può essere che qualcuno abbia già ridimensionato molto queste attese. Può essere che qualcuno speri soprattutto per chi viene dopo di lui, oppure può darsi che qualcuno abbia solamente attese e speranze per cose pratiche e concrete della vita. Può anche essere che qualcuno faccia estrema fatica a trovare motivi di speranza per la propria esistenza. Perché potrebbe anche essere che qualcuno abbia smarrito il senso della speranza. Potrebbe anche essere che la vita, per qualcuno, abbia colpito molto duro. Penso a chi ha avuto grandi dolori, a chi ha perso la salute, a chi soffre ancora per qualche lutto. Potrebbero anche esserci, poi, altre cause; la vita è estremamente varia. In questo primo esercizio che poi vi lascerò da compiere personalmente, magari davanti al Santissimo Sacramento che esporremo al termine della riflessione, vorrei che tutti facessimo un po’ un esame di coscienza profondo sulla speranza che è dentro di noi. Varrebbe anche la pena di fare, poi, un secondo esercizio, ovvero chiederci:

  • Secondo esercizio: quali sono le realtà contrarie alla speranza che ho sperimentato e che sperimento?

Anche qui le realtà potrebbero essere molte e molto diversificate. Credo che, anche a questo proposito, tutti potremmo dire molte cose perché dipende realmente da quello che ci è accaduto nella vita. Sono gli eventi che abbiamo vissuto a dire quali speranze possono essere dentro di noi, ma anche a dire perché alcune speranze sono venute meno, oppure perché non ne sono nate. Credo che molti di noi abbiano avuto molte speranze in passato ma, poi, ci siamo un po’ pentiti di averle avute, oppure ci siamo un po’ arresi. C’è un assestamento che la vita propone, a proposito della speranza. È il corso della storia di ciascuno a dircelo. Vorrei che provassimo a verificare cosa c’è dentro di noi, cosa rimane delle grandi attese e speranze che, certamente, tutti abbiamo avuto, magari in un altro tempo della vita, ma che sono scemate con il tempo.

Due piccoli esercizi preliminari per accostare, ora, la Parola di Dio.

Pronti a rendere ragione della speranza che è in voi.

Leggiamo alcuni versetti della 1^ lettera di Pietro, precisamente 1 Pt 3, 13-17. Ci facciamo alcune domande.

A chi sta parlando San Pietro?

San Pietro sta parlando ai fedeli del suo tempo, dunque a gente che si sta raccogliendo attorno alla prima Chiesa. Pietro ha nel cuore i credenti di Roma, ai quali si sta rivolgendo, ma anche i fedeli delle altre piccole comunità cristiane che stanno sorgendo. Si tratta di persone semplici, che non hanno grande formazione, ma che sono attratte dalla predicazione della Pasqua del Signore. Pietro ha di fronte a sé persone che, soprattutto, sentono, per la prima volta, una predicazione sulla vita eterna. Pietro propone loro, insieme agli altri predicatori e in primis agli apostoli, la figura di un Dio che non è come gli dei, ovvero una rappresentazione dei bisogni dell’uomo o dei difetti degli uomini stessi. Pietro sta proponendo la figura del Dio di Gesù Cristo, del Dio della misericordia e del perdono, del Dio che si lascia perfino crocifiggere per portare sulla Croce il peccato di tutti gli uomini. Una Chiesa piccola, certamente ed anche una Chiesa perseguitata. Ormai sono molti coloro che sono morti a causa delle persecuzioni politiche del tempo e la gente rimane attratta da coloro che hanno dato prova e testimonianza di saper andare incontro alla morte nel nome di Cristo, cioè abitati dalla speranza della vita eterna. Pietro sta dunque parlando ad una piccola comunità che sta cercando la forza per vivere una testimonianza di fede coerente. A questo proposito potremmo leggere 1 Pt 1, 6-9.

Per noi. Noi viviamo in un tempo storico molto differente da quello di Pietro. Per noi, almeno dalle nostre parti, non c’è una persecuzione della Chiesa in quanto tale. Noi, però, siamo dentro un tempo che è di grande indifferenza. Noi viviamo il tempo di questo genere di persecuzione. Sembra che a nessuno importi poi molto di Dio, specie agli adulti, che hanno perso quasi del tutto l’orientamento della vita verso Dio e stanno educando una generazione di giovanissimi che, al pari loro, sono senza Dio. Non c’è opposizione, semplicemente non c’è Dio. È a questa società, è in questo mondo, che noi dobbiamo parlare ed è con questo mondo che noi tutti dobbiamo confrontarci.

  • Terzo esercizio: siamo consapevoli di questo clima culturale nel quale ci muoviamo?

Quale idea guida Pietro e i credenti?

L’idea fondamentale che guida San Pietro è quella che è stata espressa proprio in questi versetti: la salvezza dell’anima. Se vogliamo questa è la vera novità che il cristianesimo sta proponendo. Mentre il paganesimo chiedeva di offrire qualcosa agli dei per qualche aspetto della vita, il cristianesimo chiede di guardare al Padre di Gesù Cristo in vista della vita eterna. Così appare chiaro che l’idea fondamentale che deve guidare ogni credente non deve essere tanto quella di condurre una vita senza troppe difficoltà, senza troppi crucci, dubbi o altro genere di esigenze della vita. Il cristianesimo sta parlando della vita eterna, della salvezza eterna dell’anima. Ci si deve rivolgere a Dio non tanto e non solo per chiedere qualcosa che serve adesso, nel momento presente, pur rimanendo lecita la preghiera di richiesta. A Dio occorre chiedere ben altra cosa: la salvezza dell’anima. È questo il cuore della fede, è questo il cuore della vita di fede. Ecco la prospettiva fondamentale della speranza cristiana: la salvezza dell’anima.

Per noi. Anche noi tutti dovremmo pensare e provvedere alla salvezza della nostra anima. Eppure credo che solo questo modo di dire sia già molto antico, desueto. Oggi chi parla più della salvezza dell’anima? Eppure nell’essere “pellegrini di speranza” come il Papa ci ricorda, è compreso, anzi è essenziale il tema della salvezza dell’anima. Come vedete dipende non tanto da un’idea da ritenere vera o meno, ma da una impostazione di vita. Il cristiano è un uomo che concepisce la sua esistenza come un passaggio nel tempo, un passaggio verso la vita eterna. Proprio perché la sua vita è destinata all’incontro con Dio, il cristiano si occupa della salvezza della propria anima. Ed è questa sorgente a motivare la speranza che è dentro di lui.

  • Quarto esercizio: penso mai alla salvezza della mia anima?

Cosa significa saper rendere ragione della speranza?

In questo contesto ecco l’insegnamento di Pietro. Leggiamo 1 Pt 1, 13- 21. Sono alcuni passi che esprimono le idee chiave di San Pietro.

Al centro c’è la Pasqua di Gesù. Avere un cammino di fede, avere un cammino di speranza significa aderire a Cristo morto e risorto. San Pietro mette bene in luce che il comportamento del cristiano non può essere assolutamente uguale a quello di chi non ha fede. Chi crede in Cristo inizia a chiamare Dio con il nome di Padre, comprende che Dio Padre fin dall’eternità ha pensato e voluto la redenzione dell’uomo; questa redenzione si è attuata in Cristo venuto per salvare i peccatori ed ha avuto il suo apice nella Pasqua del Signore. Per questo, diceva ancora San Pietro, la fede e la speranza sono fisse in Dio. Dunque il credente alimenta la sua speranza alla Pasqua del Signore. Ne viene che, un credente, per vivere la speranza cristiana, necessita continuamente della celebrazione della Pasqua di Cristo. È il legame che San Pietro pone con la celebrazione dell’Eucarestia che, ormai, è già divenuta la parte fondamentale della preghiera delle prime comunità cristiane. Le due cose sono legate insieme. Per rendere ragione della speranza cristiana, un credente si alimenta continuamente alla Pasqua del Signore, ovvero all’Eucarestia e, conseguentemente, vive la vita come un pellegrinaggio nel quale con attenzione cerca di essere sempre più lontano da quei comportamenti comuni che dicono un’attenzione alle “opere della carne” per essere sempre più in cammino verso la santità. Santità che non consiste tanto in qualche opera da fare o in qualche comportamento da imitare, ma nel partecipare alla stessa santità di Dio, secondo la lezione del Primo Testamento: “Siate santi perché io sono santo”. Il cammino della speranza è tutto compreso in queste realtà.

Per noi. Credo che sia ben chiaro e ben delineabile anche per noi quale deve essere il cammino della speranza cristiana: dalla continua celebrazione della Pasqua del Signore, in ogni celebrazione eucaristica, si continua ad attingere quella forza unica di Dio che porta verso la santità. Santità che è un inserimento sempre maggiore in Dio, anzitutto con una mentalità che si rinnova continuamente e che rende possibili altri passi di fede, quelli che nascono da un interesse sempre più vero, sempre più profondo e sempre più autentico per il mistero di Dio. Sperare, in una parola, è vivere con fede i propri giorni, tendendo continuamente verso la santità.

  • Quinto esercizio: vivo anche io queste esperienze di fede? Come mi aiutano ad avere speranza in Dio?

Qual è l’origine e la sorgente della speranza?

Anche a questo proposito San Pietro è molto chiaro. Lo leggiamo sempre nel capitolo 1, ai vv 22-27, dove San Pietro ci ricorda che la speranza così delineata nasce dalla Parola di Dio. La Chiesa di San Pietro è molto forte nell’evangelizzazione, ovvero continuamente i predicatori annunciano la Pasqua di Cristo a tutti coloro che desiderano avere un cammino di fede diverso dal paganesimo. San Pietro, dunque, mette in chiara luce che c’è anche un’altra sorgente della speranza oltre all’Eucarestia, che è la Parola di Dio.

Per noi. Anche noi spessissimo veniamo richiamati a questa verità e attendere ad un corso di esercizi significa proprio cercare di vivere con fede una lettura sempre più attenta e sempre più profonda della Parola di Dio. Nonostante i richiami continui credo però che non tutti facciamo della Parola la linea guida della nostra vita. Magari in questi giorni, che sono anche un po’ i giorni di inizio dell’anno pastorale, con un po’ di fervore, diciamo di volerlo fare ma, poi, sappiamo che dura poco. È un po’ un desiderio, un pio proposito che esprimiamo all’inizio dell’anno ma che, poi, lasciamo un po’ cadere. Credo che, se vogliamo già fin d’ora pensare di entrare nel Giubileo del 2025 con una chiara attenzione alla Parola, tutti dobbiamo metterci nella condizione di essere più assidui alla meditazione.

  • Sesto esercizio: come viviamo questa attenzione e come vorremmo predisporci a viverla nel prossimo anno giubilare?

Cosa occorre fare concretamente?

Un’ultima indicazione, che potrete poi leggere voi. San Pietro declina tutte queste indicazioni per i diversi stati di vita.

Per tutti, in generale, abbiamo indicazioni per:

  • Vivere bene tra i pagani, 1 Pt 2, 11-12
  • Rispettare le autorità: 1 Pt 2, 13- 17
  • Vivere la speranza anche da schiavi 1 Pt 2, 18-25
  • Vivere la speranza nel matrimonio, concetto sul quale anche noi torneremo 1 Pt 3, 1-7
  • Dentro una comunità 1 Pt 3, 8-12
  • In tempo di persecuzione 1 Pt 3, 13- 15
  • Da anziani, ovvero da sacerdoti responsabili di una comunità 1 Pt 5

Come si vede tutta la prima lettera di Pietro è una serie di raccomandazioni per una comunità che sta nascendo e nella quale sono presenti molti stati di vita diversi. Credo che ciascuno di noi, questa sera, potrà andare a leggere quello che è più indicato alla sua persona.

Vale però, per tutti, ciò che viene espresso in 1 Pt 4, cioè un invito ulteriore a rompere con il peccato e a vivere in attesa del ritorno del Signore. Potremmo dire così: cosa si oppone alla speranza cristiana? Cosa spegne, nel cuore dell’uomo, la speranza in Cristo? Ultimamente solo due realtà, ci dice San Pietro: il peccato e il non vivere nell’attesa del ritorno del Signore.

Per noi. Se provate a pensare, queste due realtà sono molto presenti nella nostra vita, nella nostra esperienza sociale ed ecclesiale. Noi viviamo in un tempo in cui non si capisce bene nemmeno cosa sia il peccato, il che significa che molte realtà che sono peccato non vengono più percepite come tali e molti sono nelle briglie del peccato senza quasi nemmeno rendersene conto. A tutti coloro che vivono così è, in un certo senso, perfino impedito il cammino della speranza. Chi rimane nel peccato non può assolutamente vivere una dimensione di apertura alla speranza. Pensate davvero alla nostra società, oltre che a noi stessi. Dal momento che viviamo poco il richiamo penitenziale, facciamo davvero fatica ad aprirci ad una dimensione di speranza.

Così pure come il secondo richiamo. Moltissimi, e forse anche qualcuno di noi, non vivono in attesa del giorno del Signore, di quella “beata speranza che venga il nostro Signore Gesù Cristo!”, come diciamo a Messa ma, poi, rischiamo di dimenticarcene. Pensate davvero a tutti quei moltissimi che vivono la vita fino a che dura, a tutti coloro che non hanno nessun senso della vita in Cristo, a tutti coloro che non sentono nemmeno l’esigenza di un oltre la morte al quale pensare. Qualcuno è così forte nel suo modo di pensare e di esprimersi che, magari, contagia anche noi.

Chi è nelle briglie del peccato, chi non crede nella vita eterna, nella vita dopo la morte, come potrebbe avere la speranza cristiana? Ecco due motivi che si oppongono alla speranza cristiana.

  • Settimo esercizio: come vivo questi due richiami?
  • Che pensiero faccio alla vita dopo la morte?

Ecco, credo che abbiamo molto materiale per questa prima serata. Cerchiamo di vivere qualcuno degli esercizi proposti nel tempo che abbiamo a disposizione per la preghiera personale, oppure nella giornata di domani, prima di riprendere nuovamente il cammino della speranza.

[1] Francesco, Spes non confundit, n.1