4° Serata – La Speranza nei Salmi2024-09-25T23:33:01+02:00

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Introduzione

Vorrei partire questa sera da un pensiero di Benedetto XVI sulla speranza: “La vera preghiera è il motore del mondo, perché lo tiene aperto a Dio. Per questo senza preghiera non c’è speranza, ma solo illusione. Non è infatti la presenza di Dio ad alienare l’uomo, ma la sua assenza: senza il vero Dio, il Padre del Signore Gesù Cristo, le speranze diventano illusioni che inducono ad evadere dalla realtà. Parlare con Dio, rimanere alla sua presenza, lasciarsi illuminare e purificare dalla sua Parola, ci induce, invece, nel cuore della realtà, nell’intimo Motore del divenire cosmico, ci introduce per così dire nel cuore pulsante dell’universo”[1].

Credo che questa frase profonda e chiara di Benedetto XVI ci aiuti ad entrare, in questa quarta serata, in un clima di preghiera ancora più profondo per imparare cosa sia la speranza e per chiedere questo dono a Dio Padre. Avendo letto questa frase di papa Benedetto, ho cercato nei salmi le corrispondenze della parola “speranza”, e avendone trovate 8, propongo 8 piccole intenzioni di preghiera.

Sl 9,19: il misero non sarà dimenticato.

Come potete leggere nel testo, la preghiera di questo salmista è molto composita. La parola speranza giunge alla fine del salmo, al versetto 19, quando l’orante prega così: “Il misero non sarà mai dimenticato, la speranza dei poveri non sarà mai delusa”. L’esperienza del salmista è molto chiara fin dalle origini della preghiera. Il salmista vede spesso i poveri che sono calpestati, i giusti che non vedono premiato il loro modo di vivere. Per questo il salmista non va in crisi, ma si mette in atteggiamento di preghiera. Come diceva papa Benedetto lascia che l’illuminazione della sua Parola lo illumini e, per questo, scopre che “Dio rimane assiso in eterno”, rimane un punto fermo di generazione in generazione. Proprio per questo il giusto non viene dimenticato e nemmeno si può dire che coloro che sono umili vedono dimenticata la loro causa. Dio è sempre rifugio sicuro per chi in lui decide di mettersi al riparo.

Per noi. Il salmo, dunque, insegna anche a noi che vale sempre la pena mettersi dalla parte della giustizia, vale sempre la pena mettersi dalla parte dell’onestà, vale sempre la pena mettersi dalla parte della fede. La domanda del salmista è anche la nostra domanda, perché anche noi vediamo spesso il giusto non considerato, il buono non trionfare, l’umile che viene oppresso. Il salmista fa capire che anche noi, se abbiamo speranza, dovremmo dire: tutte queste cose sono nelle mani di Dio. Dio le giudica, Dio le vede, Dio non dimentica. Egli sostiene il cammino di chi a lui si affida, Egli è la speranza del misero e del povero. Così, come sempre ci ricorda papa Benedetto in molti suoi scritti, la Scrittura insegna che la speranza non è una cosa da sapere, un’idea da difendere, ma diventa un modo di vivere, un modo di affidarsi a Dio in tutto e per tutto.

  • 1° esercizio: mi lascio guidare da questa preghiera e metto nelle mani di Dio, mentre rileggo il salmo, tutte le ingiustizie che conosco e tutte le ingiustizie del mondo. Prego questo salmo per tutti coloro che sperimentano su di sé l’ingiustizia.

Sl 39,8: è in te la mia speranza.

Il secondo salmo che citiamo è il salmo 39. Il salmista è un uomo che esprime una grandissima consapevolezza del valore della sua vita. A cosa servirebbe la sua esistenza se, poi, perdesse la sua anima? Potremmo riassumere con questa domanda il motivo ispiratore di questa preghiera. Motivo che è anche il sottofondo di una famosa predicazione del Signore che noi leggiamo nel Vangelo: “Cosa potrebbe dare un uomo in cambio della sua anima?” (Mt 16,26). Il salmista, come anche dice il titolo del salmo, sa che la vita di ogni uomo non è che un soffio. Per questo egli chiede al Signore di non appassionarsi delle cose che potrebbero portare alla rovina la sua anima, ma, piuttosto, di quelle che rimangono in eterno e che rendono un’anima sempre piena di amore per Dio e di attenzione al cammino che Dio ha predisposto per essa. Proprio perché la vita è un soffio e proprio perché non esistono cose che durano in eterno, il salmista chiede di sentirsi sempre sostenuto da Dio in ogni cosa. Solo così egli salverà la propria anima, ovvero renderà ragione della sua esistenza.

Per noi. Certo noi non possiamo lamentarci della durata della vita! Anzi, mi sembra che per tutti la vita si sia sufficientemente allungata! Eppure, anche se la nostra vita è così lunga, è vero che rimane sempre un soffio, se paragonata all’immensità di Dio e alla sua eternità. Così anche noi, mentre rileggiamo questo salmo, siamo invitati a rimettere la nostra speranza non nelle cose, che pure sono necessarie per vivere, ma solo in Dio. Poiché non sappiamo nemmeno quanto durerà la nostra vita, l’unica cosa di cui abbiamo bisogno è rimetterci con sapienza nelle sue mani. Questo è l’atteggiamento sapienziale del credente che pone la sua speranza in Dio.

  • 2° esercizio: rileggo il salmo pensando al fine per cui sono stato creato e cercando nel Signore il senso dei miei giorni.

Sl 62,6: solo in Dio riposa l’anima mia.

Siamo di fronte ad un’altra forma di preghiera. Una preghiera che, penso, anche solo ad una prima e veloce lettura, infonde in tutti noi un senso di pace, un senso di fiducioso abbandono nelle mani di Dio. Il cuore del salmo è appunto nel versetto sesto: “Solo in Dio riposa l’anima mia”, che è una bellissima definizione della preghiera. Che cosa è la preghiera? Se ci facessimo questa domanda, credo che ciascuno di noi potrebbe dare la sua risposta. C’è chi la definirebbe un’attività, c’è chi direbbe che è un dialogo con Dio, c’è chi direbbe che è una contemplazione del mistero, c’è chi direbbe molto altro ancora. Il salmista sceglie questa immagine bellissima, l’immagine del riposo. Pregare significa lasciare che la propria anima riposi in Dio. Quando l’anima riposa in Dio essa si riempie di speranza. Quando l’anima riposa in Dio tutto è nella pace. Quando l’anima riposa nel Signore tutto acquista un tono nuovo e diverso. Questo accade perché il riposo in Dio fa acquisire il dono della speranza. La pace che si prova pregando, la pace che si sperimenta quando l’anima si lascia andare ad una preghiera vera, profonda, incessante, produce la speranza. Il credente, l’orante spera in Dio che tiene nelle sue mani ogni cosa. La preghiera che abbiamo letto esprime anche una grandissima fiducia in Dio che è presente, che governa la storia, che guida tutti e ciascuno al proprio destino. Il salmista ha ben in mente che Dio guida tutto non genericamente: per ciascuno ha in mente il suo proprio cammino, per ciascuno Dio custodisce il suo proprio invito alla santità.

Per noi. Credo che sarebbe molto bello se noi tutti potessimo tenere in mente questa frase del salmo e trasformare la nostra preghiera in un momento di pace. Sarebbe molto bello ed anche molto proficuo se noi sperimentassimo la preghiera come momento di pacificazione dell’anima che si abbandona a Dio.

  • 3° esercizio: prego questo salmo per sperimentare la pace, ogni volta che ho bisogno di pacificare la mia anima.

Sl 64,11: il giusto gioirà nel Signore e riporrà in lui la sua speranza.

Se vogliamo l’espressione di preghiera del salmo 64 è simile a quella del salmo 9. Anche in questo caso il salmista parte da una constatazione molto amara e cioè la constatazione che si impone nella vita di ogni uomo, ovvero che i furbi hanno la meglio. Il salmista però prende una via di riflessione molto diversa da quella che prendiamo anche noi per la maggior parte dei casi. Noi traiamo da questa esperienza un invito a diventare furbi, a fare come gli altri, ad adeguarci allo stile di vita di chi ruba, oppure schernisce l’altro, non rispetta l’identità di ogni uomo… Il salmista prende una via di riflessione molto diversa, perché osa porsi alla presenza di Dio. Egli capisce che non può essere suo il giudizio, non compete a lui. Per questo, da vero uomo di fede, egli rimette ogni cosa nelle mani di Dio. Certo della sua presenza nelle cose del tempo, certo della sua vicinanza a tutti coloro che sperimentano qualsiasi forma di ingiustizia, il salmo permette al credente di dire che ogni speranza che viene rimessa in Dio non viene delusa. Occorre solo avere la virtù della pazienza. Chi rimette la sua speranza e la sua fiducia in Dio non si fa giustizia da sé, non affretta i tempi, non vuole che il suo modo di vedere le cose sia, per forza, quello giusto. Il credente lascia che sia Dio a fare in modo che ogni cosa abbia il suo tempo e trovi la sua composizione in Dio. Vero uomo di fede è chi sa rimettere la sua causa in Dio. Di questo sono esempio innumerevoli storie sia del primo che del secondo Testamento, le storie di chi ha saputo fare propria la riflessione e la spiritualità del salmo.

Per noi. Credo che questo salmo abbia un’attualità sconvolgente. Noi vediamo ogni giorno gente che si fa giustizia da sé, soprattutto giovani che intendono tenere in mano la propria vita da soli, giovani che vogliono essere i protagonisti della propria vita in tutto e per tutto. È per questo che molti arrivano ad escludere Dio dai propri giorni e perdono la fede. Credo che la proposta spirituale che tutti dovremmo ascoltare e fare nostra sia proprio quella di chi vuole rimettere ogni causa nelle mani di Dio, sapendo, con ferma certezza, che il giusto è chiamato a gioire per la presenza di Dio.

  • 4° esercizio: rileggo il salmo per cercare la presenza di Dio nei miei giorni e per rimettere ogni causa nelle sue mani. Rileggo il salmo e mi domando quali siano i segni della presenza di Dio nei miei giorni e nel mio mondo.

Sl 71,5: Signore, sei tu la mia speranza.

Questo salmo è il salmo scritto da un credente anziano. Un uomo che sa riassumere, nelle poche righe di questa preghiera, tutta la sua vita. Noi capiamo che questo credente anziano è un uomo di grandissimo spessore, un uomo che ha sempre avuto fede. Diceva addirittura nel salmo che fin dal grembo della madre ha avuto fede. Un modo per dire che tutta la sua vita è avvenuta nella fede. È nato in una famiglia di fede, è cresciuto in una famiglia di fede, si è sempre comportato come un uomo di fede, fin da quando era ragazzo. Il salmista riconosce che questo è stato un valore grande. La fede è stata la realtà più importante della sua vita. Ora quest’uomo è arrivato all’anzianità e sperimenta tutto quello che sperimentano gli anziani. Vede nascere dentro di lui numerosi acciacchi, sente che le forze vengono meno. Egli sa che sta andando incontro alla stagione più difficile della vita. Per questo egli comprende che la fede gli è ora più necessaria che mai. È per questo che invoca il Signore perché gli stia vicino, perché non lo abbandoni ora che le forze lo stanno abbandonando. La sua è una vera e propria supplica, di grandissimo spessore. Il salmista sa bene che, nella stagione della vecchiaia che gli sta davanti, avrà ancora più bisogno di Dio che non in altri momenti della vita. È per questo che lo invoca con fede, lo supplica, si mette alla sua presenza per chiedere il dono della vicinanza. Il tutto è detto non solo con estrema franchezza, ma anche con estrema fiducia. Il salmista sa bene che Dio gli sarà vicino tutti i giorni della sua esistenza. Conosce già la risposta di Dio prima ancora che gli venga data personalmente. Dio è rifugio, Dio è sicurezza.

Per noi. Credo che tutti gli anziani possano pregare questo salmo con verità e capire che la loro situazione è già stata sperimentata da altri uomini e donne come momento propizio per una fede più intensa. Tutti però possiamo pregare con verità questo salmo, chiedendo al Signore che ci sia vicino nei momenti difficili dell’esistenza.

  • 5° esercizio: prego il salmo dicendo al Signore di essere Lui e solo Lui la mia speranza.

Sl 119,49 ricorda la promessa fatta al tuo servo, con la quale mi hai dato speranza.

Il salmo 119 è una lunghissima meditazione sulla legge di Dio, sul suo splendore, sul suo valore. Noi ne scegliamo due parti. Ogni parte corrisponde ad una lettera dell’alfabeto ebraico. Anzitutto noi consideriamo questa parte che corrisponde alla lettera “zein”. La parola speranza è citata proprio all’inizio di questa sezione. L’orante chiede a Dio di ricordare la promessa fatta a lui stesso e, in verità, ad ogni orante: la promessa della sua presenza, la promessa del suo aiuto, la promessa della sua costante protezione. È una preghiera bellissima che, in fondo, dice a Dio che nessun uomo può avere fede se Dio stesso non accende la fede nel profondo dei cuori. È la Parola di Dio ad avere acceso la speranza in lui. Per questo l’orante non vuole staccarsi da quella Parola che è stata in grado di illuminare la sua vita e di accendere in lui profonda speranza. Il testo, quindi, ci aiuta a capire che la sorgente di ogni speranza è Dio che, invocato con la preghiera assidua e confidente, rivela a chi lo cerca l’origine della speranza.

Per noi. Anche noi, già questa sera, ma poi in moltissime altre occasioni, potremmo ricordare a Dio che l’origine della nostra speranza è Lui stesso. Se non ci fosse una sua parola, se non ci fosse un suo atto all’origine del nostro credere e del nostro sperare, noi non potremmo né credere né sperare. È quella che Sant’Agostino chiamava la grazia originaria della fede. Senza un atto di Dio noi non potremmo avere nessun accesso alla fede. Credo che sia fonte di nuova pace e di molteplice speranza rimetterci nelle mani di Dio per dire con fede: Signore, tu sei la mia speranza, tu sei i miei giorni[2]!

  • 6° esercizio: mi metto a pregare davanti alla S. Eucarestia, chiedendo al Signore di ricordare che la sua parola è origine della nostra speranza. Per questo chiediamo a Dio di accompagnare ogni nostro giorno.

Sl 119,116: non deludere la mia speranza.

Il contesto è il medesimo perché anche questa è una strofa del medesimo salmo. La riflessione qui è differente. Il salmista si trova in mezzo a molti uomini “dal cuore doppio”, ovvero anche a credenti che dicono una cosa ma ne fanno un’altra, hanno espressioni di fede ma, poi, la vita dice ben altro. Pericolo che corre qualsiasi credente e non certo solo le concrete persone che hanno ispirato questa strofa del salmo. Il salmista chiede a Dio il dono della fermezza. La contro testimonianza degli uomini dal cuore doppio potrebbe far vacillare chiunque. Il salmista lo sa molto bene e, per questo, chiede di rimanere saldo nella sua speranza. Il salmista è un uomo che si è consegnato tutto a Dio, per questo chiede il dono della saldezza e la capacità di procedere nel proprio cammino di vita con semplicità e con coerenza. Questo è un altro dono che chi ha speranza nel Signore cerca di vivere e di ottenere da Dio tutti i giorni della vita.

Per noi. Credo che questa sera dovremmo tutti avvertire il pericolo di essere uomini dal cuore doppio, uomini che potrebbero fare del proprio cammino di fede qualcosa da vivere solo a parole e di cui vantarsi solo a parole, senza trovare spessore e profondità in esso. Chiediamo, anzitutto, la grazia di essere liberati da questa tentazione. Poi chiediamo il dono di avere una vita di spessore grande: senza questo non avremmo quella virtù provata di cui già abbiamo parlato la prima sera degli esercizi.

  • 7° esercizio: chiediamo anche noi al Signore di non deludere la speranza di nessuno, a partire da noi stessi, divenendo uomini dal cuore doppio.

Sl 146,5: beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe, la sua speranza è nel Signore suo Dio.

Anche questo salmo è di una bellezza unica. Se vogliamo, di tutti quelli che leggiamo questa sera e che vogliono diventare per noi un invito alla preghiera, è il più “moderno”. Il salmista, infatti, esprime la chiara consapevolezza che il Dio di Giacobbe non solo è il creatore, ma è anche il Padre. Egli non solo ha fatto ogni cosa, ma continua a seguirla. Soprattutto, ed ecco la vera modernità del salmo, Dio si dimostra padre di coloro che sono ultimi, dimenticati, reietti. Dio è il Dio del povero, della vedova, dell’orfano. Sono le tre categorie che nell’ Israele antico non avevano nessun sostegno, nessuno che si interessasse di loro. Il salmista con forza e con fede dice: Dio si interessa di loro. Per questo nemmeno a loro è precluso il cammino della speranza. Tutti possono sperare in Dio, anche chi apparentemente non ha niente da donare agli altri, non ha niente da offrire, non ha niente da mettere a disposizione degli altri e, per questo, non viene minimamente considerato. Inoltre il salmista esprime anche quella consapevolezza che abbiamo già trovato nella lettera agli Ebrei: Dio è il Dio dei viventi. Il Dio di Giacobbe è il Dio dei viventi, il Dio che ama interessarsi dell’uomo e che ama stare vicino ad ogni uomo.

Per noi. Credo che per noi tutti sia abbastanza facile pregare questo salmo. Facile significa che noi vediamo in mille occasioni come Dio si rende presente nella vita dei poveri. Il nostro mondo è pieno di uomini e donne di buona volontà che si dedicano alle più svariate forme di povertà. Il salmo deve diventare per noi tutti un invito. Poiché anche noi possiamo fare qualcosa, tocca anche ciascuno di noi metterci dalla parte dei poveri e cercare di fare quello che ci è possibile fare. Tocca noi rimboccarci le maniche e cercare di fare quello che è nelle nostre possibilità e nelle nostre competenze, senza lasciare che siano solo gli altri a doversi prendere cura di chi è senza speranza.

  • 8° esercizio: prego il salmo pensando a qualche forma di povertà umana, materiale o spirituale che ho incontrato, magari anche oggi.

Conclusione

In questa penultima serata di esercizi abbiamo letto molte preghiere, che rimangono, poi, come richiamo per noi e per la nostra vita di preghiera. Pregare con i salmi potrebbe essere un’altra forma di preghiera che fa bene alla nostra vita e che possiamo imparare in questo anno giubilare. Già molti di noi lo fanno, per esempio con la liturgia delle ore. Credo però che sia necessario metterci con fiducia e speranza nelle mani di Dio, da cui tutto proviene, compreso il dono della preghiera. Il Signore ci guidi e ci accompagni in questa preghiera difficile, ma necessaria.

[1] Benedetto XVI: “Le virtù di Dio”, San Paolo 2013

[2] Luigi Serenthà, Preghiera.