Project Description
Introduzione
Siamo all’ultima serata dei nostri esercizi in preparazione alla festa della Madonna del Santo Rosario. Poiché un corso di esercizi comprende sempre un momento penitenziale, vorrei che questa sera provassimo insieme a riflettere sui peccati contro la speranza. Peccati che forse non abbiamo mai considerato, dal momento che non credo che ci siamo spesso confessati contro la speranza. Eppure, come ci ha insegnato il cardinal Martini, credo che tutti dovremmo interrogarci, per non essere anche noi tra quelli che “aprono sempre il programma L”, come diceva, cioè il programma delle lamentazioni. È infatti facile che ciascuno di noi si lamenti per qualche cosa e che, in questo modo, perda la speranza.
Ciò che noi saremo non è ancora stato rivelato. Sappiamo però che quando si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui.
Partiamo, per la nostra riflessione ultima, da questo testo della prima lettera di San Giovanni. Sulla scorta delle serate precedenti possiamo tutti capire bene questa affermazione. Se è vero che noi siamo in cammino, come Abramo, se è vero che la nostra speranza è quella della visione del volto di Dio, se è vero che la preghiera ci apre alla contemplazione delle cose che saranno e nelle quali noi dobbiamo essere immersi, allora capiamo bene che la nostra vita va verso una trasformazione. La trasformazione sarà piena, definitiva, solo nel passaggio da questa vita alla vita in Dio, passaggio che si compirà con l’ultimo esodo: quello della morte. Noi siamo in cammino verso questa meta, verso questa ultima destinazione che è destinazione di gioia. Fino a che siamo in questa terra noi non saremo mai arrivati alla gioia definitiva e piena. Noi possiamo, per ora, solo contemplare quello che saremo. Noi possiamo solo lasciare che la Parola di Dio pian piano ci guidi, ci trasformi, ma la certezza di ciò che ci attende, ovvero della vita eterna, sarà data solo nel momento in cui potremo esserne partecipi. Per ora noi possiamo solamente credere e, appunto, sperare. Noi speriamo di vivere questa trasformazione in Cristo e grazie all’amore di Cristo. Ed è in questo amore che noi ora già viviamo. Amore che si riversa su di noi ogni volta che noi preghiamo, ogni volta che noi ci cibiamo del suo corpo e del suo sangue e ogni volta che ci facciamo piccoli ed umili ed accettiamo di rimettere le nostre mancanze nelle sue mani, ritornando ad essere quello che dobbiamo essere: figli amati perché perdonati. È così che noi tutti diventiamo, man mano, figli simili al Figlio di Dio. La sua Parola, quando lavora in noi, ha propriamente questo scopo, quello di farci essere figli nel Figlio. Questo è ciò a cui noi tutti miriamo, quello che tutti noi dobbiamo essere.
La Parola di Dio: chi ha questa speranza purifica se stesso.
Un secondo passaggio logico è quello che ci viene appunto proposto da San Giovanni. Se questa è la meta finale a cui tendere, se questa è la meta di arrivo per la nostra vita, allora ci deve accompagnare il principio della purificazione. Purificazione che deve diventare in noi sempre più precisa e sempre più profonda. Il principio di purificazione dell’anima è, via via che si approfondisce la vita spirituale, sempre più fine. Così, mentre il primo passo di purificazione è quello di una grossolana “sgrezzatura”, i passaggi successivi sono via via più fini. Purificare sé stessi in vista della speranza è l’ultimo passaggio, quello, se vogliamo, più fine, quello per la vita cristiana più matura e profonda. Forse è anche per questo che noi non ci confessiamo mai, o poco, facendo riferimento alle virtù e meno che meno alla virtù della speranza.
I peccati contro la speranza
Quali sono i principali peccati contro la speranza? Credo che chi ha un minimo di reminiscenza da catechismo, ricorderà l’elenco dei famosi peccati contro lo Spirito Santo. L’elenco completo dice:
- Disperazione della salvezza
- Presunzione di salvarsi senza merito
- Impugnare la verità conosciuta
- Invidia della grazia altrui
- Ostinazione nei peccati
- Impenitenza finale.
Questo piccolo elenco serve proprio per dire quali sono i principali peccati contro la speranza, di cui il fondamentale è il primo: disperazione della salvezza. In che cosa consiste questo peccato? È, appunto, la mancanza di speranza nella vita eterna. È quel peccato che il demonio accende nell’anima di un uomo e che lo porta a dire: sono troppo peccatore, ne ho combinate troppe, se è anche vero che Dio perdona, Dio non può perdonare me, io sono stato troppo lontano dalla grazia di Dio e, quindi, sono un caso senza speranza, non posso avere accesso alla salvezza. Chi pensa in questo modo, rende vana la Croce di Cristo, perché il mistero pasquale del Signore insegna con forza che la salvezza c’è, c’è per tutti, non esiste peccato che non sia già stato perdonato sulla Croce dal Signore. Pensare di essere in una situazione di tale lontananza da essere insanabile, consiste nel rendere vana la Croce di Cristo. Questo è ciò che non deve accadere, questo è ciò che rende triste l’uomo. Triste, cioè senza speranza. Quando si impara a non sperare più nella vita eterna si commette questo peccato grave, che offende lo Spirito Santo e che, se radicato, se ostinato, rende davvero impossibile alla grazia di Dio di operare in noi. Dunque la mancanza di speranza nella vita eterna che c’è, è per tutti, è una realtà che è dono di Dio per ciascuno, è il primo peccato contro la speranza.
Come anche il secondo ci riporta ad una realtà che possiamo vivere e che si configura come peccato contro la speranza: presunzione di salvarsi senza merito. La presunzione è un peccato contro la speranza. È, se vogliamo, l’atteggiamento opposto a quello precedente, l’atteggiamento di chi dice: se vuole il Signore mi salva comunque, dunque io posso fare quello che voglio, tanto è destino! La salvezza eterna è destino! È un pensiero che offende lo Spirito Santo e mortifica la speranza che deve essere in noi, quella speranza che trasforma il nostro modo di essere, come ci ha detto San Giovanni, e ci rende figli attenti alla dimensione spirituale della vita e aperti alla speranza. Certo non possiamo pensare che le nostre opere buone siano un continuo accrescimento di doni che ci procurano la salvezza eterna. La salvezza eterna rimane dono di Dio, non è qualcosa che noi compriamo con i nostri meriti. Tuttavia le nostre opere meritorie non sono indifferenti nei confronti della salvezza, perché Dio tiene conto dei nostri meriti, delle nostre opere meritorie, e ci guida anche attraverso di esse alla salvezza eterna.
Il terzo vero e proprio peccato contro la speranza è l’ultimo del piccolo elenco di sei realtà che il Catechismo riporta. Noi siamo lontani dalla speranza quando rimaniamo nell’atteggiamento di impenitenza. Guardate che è molto più diffuso di quello che noi crediamo. Nel nostro contesto culturale, che ha portato a cancellare l’idea del peccato e ad esorcizzare in vario modo l’idea della morte, accade sempre più frequentemente che non sia data nessuna possibilità di esistenza al concetto di “preparazione alla morte”, il famoso “apparecchio” della coscienza alla morte. Così che non ci sia spazio quasi mai per una confessione generale della vita che, almeno all’ultimo, metta nelle mani di Dio tutto quello che è scappato, tutto quello di cui si ha memoria e che è decisamente contro la grazia di Dio e tutto ciò che il Signore ha voluto rivelare. Così si perde anche quell’ultima possibilità di redenzione che, invece, per molti secoli era stata insegnata e che moltissimi cristiani hanno praticato, compiendo un po’ come il buon ladrone, quell’ultimo e più importante “furto” della vita, quello della salvezza eterna. Morire in stato di peccato dovrebbe essere ciò che non deve capitare a noi. Ma, dal momento che, come dice il Vangelo e anche la nostra esperienza, nessuno conosce né il giorno né l’ora, conviene “stare pronti”, o, come si diceva un tempo, quando si conoscevano almeno i passi fondamentali del Vangelo in latino: “estote parati!”. Dunque anche noi dovremmo capire che un peccato contro la speranza è sminuire continuamente il valore della penitenza, della riconciliazione, della confessione. Confessarsi spesso è non solo un ottimo modo per imparare a vivere questo sacramento, che non deve certo essere la cenerentola dei sacramenti, ma anche un ottimo modo per lasciare che la speranza operata da Dio lavori in ciascuno di noi. Più noi ci sentiamo perdonati, più facciamo tesoro della benedizione di Dio che è la sua misericordia, più noi tutti possiamo crescere nella speranza della redenzione eterna e della vita eterna.
Anche gli altri peccati contenuti in questo breve riassunto, sono, di per sé, peccati contro la speranza. Quando si invidia la grazia di Dio, quando si rimane ostinati nel peccato, quando si impugna la verità conosciuta, cioè ci si oppone alla rivelazione di grazia che il Signore ha predisposto per noi, si vivono peccati contro la speranza. Però, come sintesi, possiamo dire che la presunzione e l’invidia sono i due grandi peccati contro la speranza. Presunzione ed invidia presi in senso generale e non solo nell’accezione che abbiamo cercato di spiegare. Quindi qualsiasi atto di invidia è peccato contro la speranza, qualsiasi presunzione è peccato contro la speranza. Ovviamente minore è la gravità della specie, minore è anche il peccato. Eppure, tutti i peccati compresi in queste due fattispecie, sono peccati contro la speranza.
Leggiamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica:
1817 La speranza è la virtù teologale per la quale desideriamo il regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull’aiuto della grazia dello Spirito Santo. « Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso » (Eb 10,23). Lo Spirito è stato « effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, Salvatore nostro, perché, giustificati dalla sua grazia, diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna » (Tt 3,6-7).
1818 La virtù della speranza risponde all’aspirazione alla felicità, che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo; essa assume le attese che ispirano le attività degli uomini; le purifica per ordinarle al regno dei cieli; salvaguarda dallo scoraggiamento; sostiene in tutti i momenti di abbandono; dilata il cuore nell’attesa della beatitudine eterna. Lo slancio della speranza preserva dall’egoismo e conduce alla gioia della carità.
1821 Noi possiamo, dunque, sperare la gloria del cielo promessa da Dio a coloro che lo amano91 e fanno la sua volontà.92 In ogni circostanza ognuno deve sperare, con la grazia di Dio, di perseverare sino alla fine93 e ottenere la gioia del cielo, quale eterna ricompensa di Dio per le buone opere compiute con la grazia di Cristo. Nella speranza la Chiesa prega che « tutti gli uomini siano salvati » (1 Tm 2,4).
In sintesi
Anche queste note del Catechismo della Chiesa Cattolica ci aiutano a capire cosa si oppone alla speranza. Ci si mette in un atteggiamento di mancanza di speranza e, spesso, anche di vero peccato contro la speranza, quando non si desidera la vita eterna. Credo che su questo punto si possano riprendere le meditazioni che abbiamo fatto nei primi giorni. Per un cristiano non sperare nella vita eterna, non mettersi nella condizione di guardare alla vita eterna come dono e come meta a cui tendere, sia già occasione per vivere un peccato contro la speranza.
Occorrerebbe anche riflettere un momento sul concetto di felicità. Cosa rende felice la nostra vita? Credo che, se facessimo questa domanda in senso generale, ciascun uomo, anche ciascuno di noi, potrebbe rispondere con un elenco di “cose” che sembrano dare la felicità. L’elenco potrebbe essere sterminato, dal momento che sono molti i modi di intendere la felicità. Come cristiani dovremmo chiederci cosa ci dice il Vangelo a questo proposito. Penso che, anche ad un conoscitore superficiale del Vangelo, possa venire immediatamente in mente la pagina delle Beatitudini. È questa la prima e più grande pagina della predicazione del Signore alla quale dovremmo attingere. Per imparare a ricordare che la felicità non è questione di “cose” ma corrisponde ad avere in noi quell’atteggiamento che il Signore ha predisposto per tutti e di cui ha parlato proprio nella predicazione delle Beatitudini. Predicazione così centrale nel Vangelo tanto da essere una delle predicazioni che il Signore ha ripetuto diverse volte. Abbiamo letto che lo slancio della beatitudine, della felicità, della speranza, preserva dall’egoismo e dilata la carità. Il che significa che ogni atto di egoismo e ogni mancanza di carità sono modi per mortificare quella chiamata alla speranza che è dentro ciascuno di noi. Forse abbiamo confessato in molti modi il nostro egoismo e forse siamo tornati spesso, nelle nostre confessioni, su qualche mancanza di carità. Certamente ce ne siamo accorti, ma forse non ci siamo accorti che questi peccati mortificano la speranza alla quale siamo chiamati. Ecco perché un esame di coscienza sulle mancanze di carità e sull’egoismo che è in noi, potrebbe essere anche utile o propedeutico alla confessione circa la mancanza di speranza che è in noi.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci ha anche detto che un altro peccato contro la speranza è la mancanza di perseveranza. Anche di questo io credo che tutti abbiamo fatto qualche esperienza. La vita cristiana non è mai un procedere uniforme verso la meta, ma è sempre un andare un po’ a tratti. Ci sono momenti in cui tendiamo alla vita di fede con tutte le nostre forze e momenti in cui ci stanchiamo di farlo. Momenti in cui sentiamo vivo fervore e momenti in cui, al contrario, non sentiamo nulla. Così viviamo momenti di attaccamento alle realtà della fede e momenti di vivo scollamento rispetto ad esse. Il Catechismo ci ricorda che la mancanza di perseveranza è anch’essa un atto contro la speranza. Iniziando un anno speciale, come è l’anno giubilare, credo che tutti siamo invitati anche a mettere bene a fuoco la nostra perseveranza nel cammino di fede, come anche nel cammino ecclesiale di cui siamo partecipi.
Per un esame di coscienza
- Dispero della salvezza?
- Presumo di salvarmi senza merito?
- Invidio la grazia altrui?
- Rimango ostinato in qualche fattispecie di peccato?
- Guardo alla vita eterna come orizzonte nel quale collocare questa mia vita? Desidero salvarmi e desidero il Paradiso, la gloria di Dio, la condivisione della sorte dei santi?
- In che cosa consiste per me la felicità? Faccio riferimento alla pagina delle Beatitudini?
- Quale atto di egoismo e quale mancanza di carità si sono opposti a rendere forte la speranza che dovrebbe animare la mia coscienza?
- Vivo la perseveranza come un dono? Cosa faccio per essere perseverante nel mio cammino di fede?
- Quale ostacolo maggiore incontro sulla via della perseveranza?
Conclusione
Vorrei che concludessimo questa serata penitenziale con una preghiera di Santa Teresa di Lisieux:
« Spera, anima mia, spera. Tu non conosci il giorno né l’ora. Veglia premurosamente, tutto passa in un soffio, sebbene la tua impazienza possa rendere incerto ciò che è certo, e lungo un tempo molto breve. Pensa che quanto più lotterai, tanto più proverai l’amore che hai per il tuo Dio e tanto più un giorno godrai con il tuo Diletto, in una felicità ed in un’estasi che mai potranno aver fine ». (Santa Teresa di Gesù)
Mi piace moltissimo l’espressione: la tua impazienza rende incerto ciò che è certo e lungo ciò che è breve. Santa Teresa si riferiva a due cose: la durata della vita e la certezza di fede. La durata della vita è varia, ovviamente esistono vite molto lunghe e vite molto corte. Eppure, di fronte all’eternità di Dio, tutto è assai relativo e anche la vita più lunga dura quanto il breve respiro, il breve soffio. Questa consapevolezza dovrebbe essere anche in noi. La seconda verità credo sia ancora più forte. Il nostro tempo ci aiuta davvero a rendere incerto ciò che è certo. Certo dovrebbe essere tutto ciò che il Signore ha voluto rivelare nel suo Vangelo. Certo è tutto ciò che appartiene al mondo della fede. Certo è tutto ciò che è dentro la nostra anima, che noi coltiviamo poco e, per questo, giunge ad essere incerto ciò che è certo.
Ma mi pare che Santa Teresa ci dica anche un’altra verità grande. Questo tempo, il tempo di questa vita, è tempo della lotta. Possiamo riferirci ad una molteplicità di passi biblici che ci dicono esattamente questa verità: la vita cristiana è tutta una lotta, la vita cristiana è tutta un doversi mettere in gioco in vario modo e in forme molto diverse, in campi differenti l’uno dall’altro. Mi piacerebbe molto se tutti noi avessimo percepito questa verità e se tutti noi ritenessimo davvero che la vita cristiana è davvero una lotta che tutti dobbiamo fare. Una lotta che dobbiamo sostenere fino alla fine, perché la vita cristiana è tutta un combattimento. Mi piacerebbe molto se questo piccolo corso di esercizi, modesto quanto si vuole, potesse averci dato spunti di meditazione per entrare già fin d’ora in questo anno giubilare e in questo percorso che ci deve portare verso una sempre più attenta e sempre più forte amicizia con il Signore. Mi piacerebbe se questo piccolo corso di esercizi ci proiettasse già verso la porta santa, verso l’incontro con la misericordia di Dio, verso l’abbraccio eterno con il Padre di ogni grazia e di ogni bene. Ho quindi in me la viva speranza che questo incontro con la presenza di Dio e con la sua parola multiforme e ricca come sempre, possa servire a ciascuno di noi a vivere questa virtù che spesso trascuriamo.
Alla Madonna del Santo Rosario chiediamo quest’anno di intercedere per noi e di donarci questa virtù. Lei, che è la Madre della speranza cristiana, non mancherà di estendere ai suoi figli, a tutti i suoi figli, quei doni di grazia che il Figlio suo ha predisposto per noi.