Domenica dopo l’ottava del Natale
La sapienza che abbiamo cercato di comprendere, in diverse forme, nel tempo di avvento, è la protagonista di questa domenica che si colloca a metà strada tra l’ottava del Natale e la rivelazione dell’Epifania.
Siracide
Sir 24, 1-12
Lettura del libro del Siracide
La sapienza fa il proprio elogio, in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria. Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria: «Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo e come nube ho ricoperto la terra. Io ho posto la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di nubi. Ho percorso da sola il giro del cielo, ho passeggiato nelle profondità degli abissi. Sulle onde del mare e su tutta la terra, su ogni popolo e nazione ho preso dominio. Fra tutti questi ho cercato un luogo di riposo, qualcuno nel cui territorio potessi risiedere. Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse: “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele”. Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creato, per tutta l’eternità non verrò meno. Nella tenda santa davanti a lui ho officiato e così mi sono stabilita in Sion. Nella città che egli ama mi ha fatto abitare e in Gerusalemme è il mio potere. Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore è la mia eredità».
Romani
Rm 8, 3b-9a
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, Dio, mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e a motivo del peccato, ha condannato il peccato nella carne, perché la giustizia della Legge fosse compiuta in noi, che camminiamo non secondo la carne ma secondo lo Spirito. Quelli infatti che vivono secondo la carne, tendono verso ciò che è carnale; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, tendono verso ciò che è spirituale. Ora, la carne tende alla morte, mentre lo Spirito tende alla vita e alla pace. Ciò a cui tende la carne è contrario a Dio, perché non si sottomette alla legge di Dio, e neanche lo potrebbe. Quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi.
Vangelo
Lc 4, 14-22
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca.
Vangelo
Siracide
Non ci lasciamo sfuggire il riferimento al libro del Siracide che è il testo del primo testamento che il nostro Arcivescovo ci ha chiesto di conoscere e di studiare particolarmente in questo anno pastorale. Il sapiente antico intendeva tessere una lode per la sapienza di Israele, scelto tra tutti i popoli della terra, per avere una sapienza del tutto particolare. Il Siracide, Gesù Ben Sirah, è un uomo che ha viaggiato, un uomo che è entrato in contatto con diverse forme di sapienza, è un uomo che ha studiato e che si è lasciato attrarre da diverse forme di sapere. Al termine del suo studio, al termine di questa sua ricognizione delle diverse forme di sapienza presenti nel mondo, egli rimane fermo nel suo essere ammirato dalla sapienza di Israele che è superiore alle altre. Non per l’ingegno degli uomini, non per lo studio, che pure riconosce, fatto da molti sapienti. Piuttosto ritiene che la sapienza di Israele è superiore alle altre a motivo della fede. Dio, che ha deciso di “abitare” in Israele, rende sapiente il popolo che si è scelto, permette che qualche raggio della sua sapienza si riveli al mondo anche grazie all’esperienza, alla storia, all’azione del “suo” popolo.
Queste stesse parole che il sapiente antico ha scritto prima della venuta di Cristo, vengono rilette in modo del tutto particolare dopo il mistero dell’Incarnazione del Signore. Il prendere parte alle vicende del suo popolo diventa, allora, ancora più forte e ancora più vero. Nel mistero dell’incarnazione brilla, infatti, tutto il desiderio di Dio di essere in mezzo agli uomini non solo con qualche manifestazione della sua sapienza, ma con la sua stessa persona. Per questo noi possiamo dire che Gesù è la “sapienza increata che si incarna”. La sapienza di Dio, quella sapienza che ha presieduto all’opera della creazione e che ha guidato, da sempre, la storia della salvezza, si incarna nel Figlio di Dio venuto a manifestare il suo amore e la condiscendenza di Dio per tutti gli uomini, proprio in Cristo. Chi vuole conoscere la sapienza incarnata di Gesù deve rivolgersi non solo al suo essere presente in mezzo agli uomini, ma anche a tutto ciò che lo ha preceduto, ovvero a quella manifestazione della sapienza che ha preparato il mistero della sua venuta. Gesù è, quindi, il compimento di ogni sapienza antica, è l’incarnazione della sapienza di Dio che parla agli uomini.
Vangelo
Prova ulteriore di questa presenza della sapienza in Gesù è la sua prima manifestazione pubblica. Nella sinagoga, il luogo abituale della preghiera, ecco che Gesù partecipa, con sapienza, alla preghiera del suo popolo nel giorno del Signore. In questa forma di sapienza, eccone, poi, una nuova. La sapienza di Gesù si esprime nella citazione del profeta Isaia: “lo Spirito del Signore è sopra di me…”, citazione con la quale Gesù introduce tutti a comprendere lo scopo della sua venuta: “portare il lieto annuncio ai poveri, liberare i prigionieri, rimettere in libertà gli oppressi, proclamare l’anno di grazia del Signore”. Tutto il ministero di Gesù è, quindi, rivelazione della sua sapienza. Sapienza che nasce da Dio stesso e che porta a Dio coloro che la praticano. Gesù afferma poi: “oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi”,, ricordando così che la sua venuta è incarnazione della sapienza antica, presenza della stessa sapienza di Dio che viene a salvare il suo popolo. È con questi segni che Gesù inizia quel prendersi cura degli altri di cui abbiamo parlato anche nell’ottava del Natale.
Romani
La sapienza di Dio che si incarna in Gesù e che si realizza nel prendersi cura dell’uomo, trova, però, la sua più alta attestazione nella seconda lettura, San Paolo che, scrivendo ai Romani, ricordava in cosa consiste l’opera di sapienza realizzata da Cristo. Egli è venuto perché gli uomini, attratti dalla sua rivelazione, sappiano compiere quelle “opere dello Spirito” che dicono tutta la sapienza dell’uomo che ha fede. Sono le opere di cui abbiamo già detto l’altro giorno e che traducono in pratica, sia con le azioni, sia con i pensieri, quel prendersi cura degli altri che diventa il costante riferimento di sapienza per tutti coloro che credono.
A queste si oppongono le “opere della carne”, cioè tutte quelle opere che invece di attestare il prendersi cura degli altri, attestano solo il prendersi cura di sé stessi, il pensare solo al proprio tornaconto e piacere, il chiudersi in un egoismo esagerato che sfocia, poi, nella ricerca di qualsiasi forma di piacere o, addirittura, di devianza. Le opere della carne diventano una contro testimonianza di sapienza proprio perché attestano solamente il proprio tornaconto, invece di essere affermazione dell’interesse per il bene di tutti, il bene dei singoli come, pure, il bene della collettività.
La sapienza di San Paolo attestava, poi, che la sapienza dello Spirito soccombe, si ritira, lascia spazio alla sapienza della carne perché non può coesistere con essa: o c’è l’una o c’è l’altra. Per questo l’apostolo diceva apertamente che chi cerca l’una non potrà mai avere l’altra e viceversa. Sono due forme di sapienza che si escludono vicendevolmente. Il credente è avvisato. Se egli cercherà l’una non potrà mai ottenere l’altra, viceversa se avrà ottenuto quella sapienza dello Spirito che consiste nell’imitazione del Signore, dovrà sempre essere attento a non perderla, scivolando nelle richieste della sapienza carnale che è sempre in agguato presso il cuore dell’uomo.
Provocazioni di sapienza:
- Che tipo di sapienza vogliamo avere?
- Cosa facciamo per raggiungere quella sapienza spirituale che dovrebbe essere ciò a cui ambiamo?
- In che modo la sapienza carnale continua a manifestarsi in me e a distrarmi da quell’approdo alla sapienza spirituale che mi viene proposta?
Credo che, in questa domenica in mezzo alle feste natalizie, mentre guardiamo al compimento di esse con la solennità dell’Epifania, tutti siamo invitati a domandarci queste cose e, soprattutto, a saper fermarci ancora per guardare al bambino Gesù che, ancora riluce nel presepio. Lo scopo del Natale è questo: farci comprendere che si può vivere alla luce della sapienza di questo bambino o si può andare altrove, ma gli effetti non sono i medesimi. Guardare il bambino Gesù significa, poi, impegnarsi ogni giorno perché la sapienza carnale dell’egoismo non abbia la meglio e perché la sapienza spirituale del prendersi cura degli altri nel nome di Dio abbia il sopravvento.
In questo anno dedicato alla sapienza, cerchiamo di riscoprire il valore di questi richiami, per non vivere senza quella sapienza di Dio che è il cuore, il centro, il fulcro della vita. Chiediamo al Signore la forza e la grazia di essere sempre attenti alla sua parola per vivere con fede e di fede. Questo è il dono più bello per chi vuole terminare di festeggiare il Natale con spirito di umiltà e desiderio di crescere in sapienza.