3 Domenica, di Abramo
Per introdurci
Essere chiesa che custodisce la preghiera ed essere chiesa che custodisce l’amore. Per un recupero delle prime due settimane di quaresima, prima di iniziare la nostra riflessione, potremmo chiederci:
- Come sta andando il nostro cammino quaresimale?
- Con quale impegno stiamo vigilando sulla nostra conversione e sulla nostra conversione ecclesiale?
Possiamo così introdurci al terzo impegno quaresimale. Riassumendo le tre scritture potrei dire così: essere chiesa di popolo.
- In che senso siamo chiamati ad essere chiesa di popolo?
- Come possiamo essere chiesa di popolo?
La Parola di Dio
LETTURA Es 32, 7-13b
Lettura del libro dell’Esodo
In quei giorni. Il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”». Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione». Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: “Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra”? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo”».
SALMO Sal 105 (106)
Salvaci, Signore, nostro Dio.
Abbiamo peccato con i nostri padri,
delitti e malvagità abbiamo commesso.
I nostri padri, in Egitto,
non compresero le tue meraviglie,
non si ricordarono della grandezza del tuo amore. R
Molte volte li aveva liberati,
eppure si ostinarono nei loro progetti.
Ma egli vide la loro angustia,
quando udì il loro grido. R
Si ricordò della sua alleanza con loro
e si mosse a compassione,
per il suo grande amore.
Li affidò alla misericordia
di quelli che li avevano deportati. R
EPISTOLA 1Ts 2, 20 – 3, 8
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi
Fratelli, siete voi la nostra gloria e la nostra gioia! Per questo, non potendo più resistere, abbiamo deciso di restare soli ad Atene e abbiamo inviato Timòteo, nostro fratello e collaboratore di Dio nel vangelo di Cristo, per confermarvi ed esortarvi nella vostra fede, perché nessuno si lasci turbare in queste prove. Voi stessi, infatti, sapete che questa è la nostra sorte; infatti, quando eravamo tra voi, dicevamo già che avremmo subìto delle prove, come in realtà è accaduto e voi ben sapete. Per questo, non potendo più resistere, mandai a prendere notizie della vostra fede, temendo che il tentatore vi avesse messi alla prova e che la nostra fatica non fosse servita a nulla. Ma, ora che Timòteo è tornato, ci ha portato buone notizie della vostra fede, della vostra carità e del ricordo sempre vivo che conservate di noi, desiderosi di vederci, come noi lo siamo di vedere voi. E perciò, fratelli, in mezzo a tutte le nostre necessità e tribolazioni, ci sentiamo consolati a vostro riguardo, a motivo della vostra fede. Ora, sì, ci sentiamo rivivere, se rimanete saldi nel Signore.
VANGELO Gv 8, 31-59
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Il Signore Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio». Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.
Vangelo
Il primo contesto di riferimento, come sempre in queste settimane di quaresima, ci viene dato dal Vangelo; abbiamo ascoltato questa forte diatriba tra Gesù e i suoi oppositori. È proprio nell’atteggiamento di questi oppositori che noi troviamo una consapevolezza di per sé molto buona. Tutti, all’unanimità, ripetono più volte nel corso del dialogo con il Signore: “noi siamo figli di Abramo!”. È una consapevolezza molto forte, una consapevolezza che, per ogni pio ebreo, nasce proprio dal sentirsi figlio del grande patriarca. Al di là della religiosità, al di là della coerenza tra la fede e le opere, ogni ebreo si sente figlio di Abramo. Appartenenza che, tuttavia, rischia di diventare poi ostentato orgoglio. Esattamente come è nel caso del vangelo. Invece di imitare il patriarca, invece di iniziare un serio cammino di fede, ecco che gli oppositori del Signore si sentono già sicuri della salvezza solo per il fatto di essere ebrei. Ed è proprio su questo tema che il Signore rilancia costantemente il dialogo.
“La verità vi farà liberi” è certamente il cuore della proposta del Signore: cosa ha reso libero Abramo? Cosa ha reso bello il suo itinerario di fede? Il seguire la Parola di Dio che lo ha guidato in un’esperienza di vita certamente unica. Abramo è diventato libero quando ha iniziato quel cammino di sequela che lo ha portato dove mai avrebbe pensato, realizzando ciò che mai un uomo avrebbe potuto realizzare solo con le proprie forze. A una vita libera, ad una vita di continua capacità di mettersi in discussione, gli oppositori del Signore preferiscono una vita fatta di certezze da sapere a memoria, di precetti da ripetere gloriandosi di quello che si conosce, senza lasciare minimamente che la vita sia messa in discussione. È chiaro che nel dialogo tra gli oppositori del Signore e Gesù emerge la differenza tra due diverse impostazioni di fede: quella di chi vuole verità da sapere e da citare, poco importa dove poi vada la vita, e quella di chi, invece, cammina con umiltà alla continua ricerca del Signore, con più incertezze che certezze, aggrappandosi a dei punti saldi ma senza farli diventare occasione di orgoglio, con il solo desiderio di continuare a piacere a Dio e a rendere la propria esistenza una sequela del Signore. “Se rimanete nella mia parola, sarete davvero miei discepoli…”, diceva il Signore Gesù, ricordando che l’unica vera cosa essenziale è il rimanere sempre discepoli, ovvero saper suscitare dentro di sé il desiderio di rimanere alla scuola del Signore, rinnovando continuamente il proprio cammino. È il percorso dei 12, ma non quello degli oppositori che si chiudono a qualsiasi possibile rivelazione. Scrive papa Benedetto in proposito:
In effetti, la verità è un anelito dell’essere umano, e cercarla suppone sempre un esercizio di autentica libertà. Molti, tuttavia, preferiscono le scorciatoie e cercano di evitare questo compito. Alcuni, come Ponzio Pilato, ironizzano sulla possibilità di poter conoscere la verità (cfr Gv 18,38), proclamando l’incapacità dell’uomo di raggiungerla o negando che esista una verità per tutti. Questo atteggiamento, come nel caso dello scetticismo e del relativismo, produce un cambiamento nel cuore, rendendo freddi, vacillanti, distanti dagli altri e rinchiusi in se stessi. Persone che si lavano le mani come il governatore romano e lasciano correre il fiume della storia senza compromettersi.
D’altra parte, ci sono altri che interpretano male questa ricerca della verità, portandoli all’irrazionalità e al fanatismo, per cui si rinchiudono nella «loro verità» e cercano di imporla agli altri. Sono come quei legalisti accecati che, vedendo Gesù colpito e sanguinante, gridano infuriati: «Crocifiggilo!» (cfr Gv 19,6). In realtà, chi agisce irrazionalmente non può arrivare ad essere discepolo di Gesù. Fede e ragione sono necessarie e complementari nella ricerca della verità. Dio ha creato l’uomo con un’innata vocazione alla verità e per questo lo ha dotato di ragione. Certamente non è l’irrazionalità, ma l’ansia della verità quello che promuove la fede cristiana. Ogni essere umano deve scrutare la verità ed optare per essa quando la trova, anche a rischio di affrontare sacrifici.
Inoltre, la verità sull’uomo è un presupposto ineludibile per raggiungere la libertà, perché in essa scopriamo i fondamenti di un’etica con la quale tutti possono confrontarsi e che contiene formulazioni chiare e precise sulla vita e la morte, i doveri ed i diritti, il matrimonio, la famiglia e la società, in definitiva, sulla dignità inviolabile dell’essere umano. Questo patrimonio etico è quello che può avvicinare tutte le culture, i popoli e le religioni, le autorità e i cittadini, e i cittadini tra loro, e i credenti in Cristo con coloro che non credono in Lui.
Da qui la lezione per noi: essere chiesa di popolo significa evitare il fanatismo, come anche l’irrazionalità e capire che la libertà diventa tale ed esprime al meglio tutte le sue possibilità quando cerca umilmente il mistero di Dio.
Lettura
Possiamo anche capire così l’Epistola. L’episodio del vitello d’oro è un episodio di idolatria. Proprio mentre Mosè è sul monte per ricevere le tavole della legge che sono quell’indicazione fondamentale della libertà perché il cuore dell’uomo non si perda tra le cose, il popolo, insieme ad Aronne, preferisce vivere una scorciatoia, preferisce avere un idolo al quale votarsi pur di non fare la fatica della ricerca, pur di non sostenere il cammino di una libertà rischiosa che potrebbe anche condurre chissà dove. È per questo che, come se fossero un sol uomo, tutto Israele sceglie l’idolo. Lettura altamente simbolica che ci ricorda che è così sempre e per tutti: è sempre più facile seguire qualche idolo ma non impegnarsi per una costante ricerca di Dio che metta sempre in discussione sé stessi e il proprio modo di vivere.
Epistola
Così come possiamo anche comprendere San Paolo che, nell’epistola, ci invitava a prendere coscienza della bellezza dell’essere chiesa. Chiesa, cioè popolo che con le sue fatiche e le sue lotte, con il suo peccato e con le sue cadute, continua, però, a cercare di tenere vivi i valori del Vangelo, con un impegno che richiede, appunto, tutta la libertà. È per questo che San Paolo invita a “rimanere saldi nel Signore”, che è la sintesi di ogni cammino di fede, ma invita anche a sperimentare la gioia dell’essere insieme, del ritrovarsi gli uni gli altri per compiere quel cammino comune che deve condurre tutti al Signore. Questa, infatti, è la meta della vita di ciascuno.
Per noi e per il nostro cammino
Scrive ancora papa Benedetto: “Il Cristianesimo, ponendo in risalto i valori che sostengono l’etica, non impone, ma propone l’invito di Cristo a conoscere la verità che rende liberi. Il credente è chiamato a rivolgerlo ai suoi contemporanei, come lo fece il Signore, anche davanti all’oscuro presagio del rifiuto e della Croce. L’incontro personale con Colui che è la verità in persona ci spinge a condividere questo tesoro con gli altri, specialmente con la testimonianza”.
Cosa significa, allora, “essere chiesa di popolo”?
- In questo quindicesimo anno di vita della comunità pastorale, penso, anzitutto, che siamo invitati a riscoprire la bellezza dell’essere comunità. Non c’è solo il mio cammino, non c’è solo la mia visione spirituale, non ci sono solo i miei bisogni, non ci sono solo io di fronte a Dio. Io faccio parte di una comunità che ha un suo cammino, che cerca di rispondere alle domande e ai bisogni di tutti, che cerca di fare quello che si può, per mantenersi sempre alla sequela del Signore.
- In secondo luogo, direi che prendere coscienza della bellezza dell’essere comunità deve essere un incentivo a coltivare il proprio cammino che è, poi, un invito a riscoprire le ragioni del credere. Più che mai oggi, nel contesto nel quale siamo inseriti, non solo le idee trasmesse a dire la bellezza e la verità di un cammino di fede, ma la relazione tra i credenti che rende possibile l’accesso a questi contenuti. Riscoprire quanto è bene essere chiesa di popolo significa saper coltivare relazioni belle, vere, significative, giuste all’interno di una comunità dove ciascuno è anche invitato a dare il proprio contributo per essere sempre attenti a quello che accade.
- Essere chiesa di popolo significa anche capire che noi tutti siamo chiamati a vivere un cammino di liberazione interiore rispetto al peccato. C’è un cammino personale, che è quello che possiamo vivere noi come singoli fedeli, ma c’è anche un cammino vero e proprio di comunità che noi dobbiamo compiere insieme agli altri per capire che cosa stiamo facendo insieme e che tutti, allo stesso modo, siamo peccatori. È quello a cui ci sollecita papa Francesco, ogni volta che ci ricorda che il nostro compito, in questo secolo, è quello di far nascere processi che, poi, diventeranno seme fecondo. Non è la nostra epoca di grandi raduni, di grandi manifestazioni, di verità proclamate in modo asettico.
- Essere chiesa di popolo significa, infine, gioire per la presenza degli altri, saper valorizzare la propria presenza in mezzo a quel popolo numeroso che il Signore sempre si sceglie e che, sempre, guida. È per questo motivo che noi tutti siamo chiamati a vivere relazioni più forti e più vere.
Lasciamo che questa terza settimana di quaresima, che è quella che ci porta alla metà del cammino quaresimale, sia anche la settimana nella quale vivere qualche espressione di vita comune di fede. Prendiamo consapevolezza del fatto che noi non ci salviamo da soli, ma dentro un popolo che, come noi, lotta, prega, spera, cerca di vivere al meglio quella libertà che ci è stata data e che sempre deve essere punto di riferimento per la nostra vita. Insieme a quella Verità che il Signore, continuamente, rivela.