Martedì 05 ottobre

Settimana della 5 domenica dopo il martirio – Martedì 

La seconda giornata di preghiera per la Madonna del rosario.

La seconda giornata di preghiera di questa festa della Madonna del Rosario vuole essere dedicata alle coppie conviventi, alle coppie di fatto, alle famiglie che nascono semplicemente perché si sta insieme l’uno accanto all’altro. È una questione molto presente, tanto che l’enciclica “Amoris Laetitia”, della quale stiamo celebrando il quinto anniversario, chiede esplicitamente di sapersi relazionare in nome dell’accoglienza ma anche in nome della verità.

Scrive il Papa: “294. «La scelta del matrimonio civile o, in diversi casi, della semplice convivenza, molto spesso non è motivata da pregiudizi o resistenze nei confronti dell’unione sacramentale, ma da situazioni culturali o contingenti». In queste situazioni potranno essere valorizzati quei segni di amore che in qualche modo riflettono l’amore di Dio. Sappiamo che «è in continua crescita il numero di coloro che, dopo aver vissuto insieme per lungo tempo, chiedono la celebrazione del matrimonio in chiesa. La semplice convivenza è spesso scelta a causa della mentalità generale contraria alle istituzioni e agli impegni definitivi, ma anche per l’attesa di una sicurezza esistenziale (lavoro e salario fisso). In altri Paesi, infine, le unioni di fatto sono molto numerose, non solo per il rigetto dei valori della famiglia e del matrimonio, ma soprattutto per il fatto che sposarsi è percepito come un lusso, per le condizioni sociali, così che la miseria materiale spinge a vivere unioni di fatto». Comunque, «tutte queste situazioni vanno affrontate in maniera costruttiva, cercando di trasformarle in opportunità di cammino verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla luce del Vangelo. Si tratta di accoglierle e accompagnarle con pazienza e delicatezza». È quello che ha fatto Gesù con la samaritana (cfr Gv 4,1-26): rivolse una parola al suo desiderio di amore vero, per liberarla da tutto ciò che oscurava la sua vita e guidarla alla gioia piena del Vangelo”.

Giuda

Gd 1, 17-25
Lettura della lettera di san Giuda apostolo

Carissimi, ricordatevi delle cose che furono predette dagli apostoli del Signore nostro Gesù Cristo. Essi vi dicevano: «Alla fine dei tempi vi saranno impostori, che si comporteranno secondo le loro empie passioni». Tali sono quelli che provocano divisioni, gente che vive di istinti, ma non ha lo Spirito. Voi invece, carissimi, costruite voi stessi sopra la vostra santissima fede, pregate nello Spirito Santo, conservatevi nell’amore di Dio, attendendo la misericordia del Signore nostro Gesù Cristo per la vita eterna. Siate misericordiosi verso quelli che sono indecisi e salvateli strappandoli dal fuoco; di altri infine abbiate compassione con timore, stando lontani perfino dai vestiti, contaminati dal loro corpo. A colui che può preservarvi da ogni caduta e farvi comparire davanti alla sua gloria senza difetti e colmi di gioia, all’unico Dio, nostro salvatore, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, gloria, maestà, forza e potenza prima di ogni tempo, ora e per sempre. Amen.

In quest’ottica credo che sia assolutamente determinante rileggere la prima lettura di questa Messa, la lettera di Giuda. C’è un passaggio molto bello ed anche molto forte che ci può aiutare ad illuminare la nostra situazione e la nostra riflessione. L’Apostolo diceva: “alla fine dei tempi vi saranno impostori, che si comporteranno secondo le loro empie passioni. Tali sono quelli che provocano divisioni, gente che vive di istinti ma non ha lo Spirito”. San Giuda si riferisce al modo con cui il Vangelo viene recepito nella sua società e nel suo mondo. Vede costantemente attorno a sé gente che non si lascia conquistare dalla novità di vita cristiana e soffre per tutti coloro che rimangono ai margini, impermeabili al Vangelo. L’Apostolo assegna però un compito a coloro che, invece, hanno accolto la predicazione del Vangelo e sono cristiani ferventi: “siate misericordiosi verso quelli che sono indecisi e salvateli strappandoli dal fuoco; di altri abbiate compassione con timore, stando lontano perfino dai vestiti contaminati dal corpo”. Il compito del cristiano verso coloro che resistono al messaggio e alla novità del Vangelo deve essere quello dell’accoglienza e della vicinanza, della comprensione. Il cristiano testimonia così la vicinanza di Dio e la sua benevolenza verso tutti. L’apostolo però ricordava che di altri si può avere solo compassione, perché si vogliono mantenere lontani dal Vangelo. Con un’immagine molto efficace, rispetto a costoro l’apostolo diceva di tenersi lontano perfino dai vestiti che sono contaminati dai corpi! Un’affermazione di grande effetto che dice che un cristiano, dove non vede spazio per un richiamo, per una benevola vicinanza di misericordia, abbandona il campo. Non già perché sdegnato o perché si ritiene superiore, ma per preservare la sua fede, per non esporsi a qualche pericolo inutile. Misericordia, comprensione, ma anche chiarezza. Ecco i temi fondamentali della prima Scrittura.

Vangelo

Lc 20, 20-26
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo. Gli scribi e i capi dei sacerdoti si misero a spiare il Signore Gesù e mandarono informatori, che si fingessero persone giuste, per coglierlo in fallo nel parlare e poi consegnarlo all’autorità e al potere del governatore. Costoro lo interrogarono: «Maestro, sappiamo che parli e insegni con rettitudine e non guardi in faccia a nessuno, ma insegni qual è la via di Dio secondo verità. È lecito, o no, che noi paghiamo la tassa a Cesare?». Rendendosi conto della loro malizia, disse: «Mostratemi un denaro: di chi porta l’immagine e l’iscrizione?». Risposero: «Di Cesare». Ed egli disse: «Rendete dunque quello che è di Cesare a Cesare e quello che è di Dio a Dio». Così non riuscirono a coglierlo in fallo nelle sue parole di fronte al popolo e, meravigliati della sua risposta, tacquero.

A questi temi fanno eco quelli della pagina del Vangelo. Con questo breve episodio, l’evangelista ricorda come il costante richiamo di Gesù è stato quello per la salvezza dell’anima. Nella famosa frase “date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio!”, è iscritta una grande sapienza e una grande verità. Poiché da Dio abbiamo l’esistenza, l’anima, l’invito ad entrare nella vita eterna, dobbiamo far tornare a Dio la nostra anima, certi che si entrerà nella vita eterna solo per la misericordia di Dio. Chi dimentica questa verità, chi non si sente chiamato alla vita eterna, chi dispera di entrarvi, non si lascia conquistare da quel Dio che cerca la riconciliazione con ogni uomo. Il monito di Gesù è per coloro che vivono la propria vita senza mai pensare alla vita della propria anima…

Per noi

Quest’oggi vorrei che utilizzassimo la luce che viene da questa parola di Dio per illuminare la nostra situazione. Il problema non è tanto quello di proporre il confronto tra il matrimonio cristiano e le altre forme nelle quali si vive l’amore tra un uomo e una donna, ma comprendere che la questione sottesa è il pensiero della vita della propria anima, il pensiero della vita eterna. Non è il caso di dividersi, come diceva San Giuda, sui diversi modi di interpretare l’amore umano e la famiglia, ma occorre accettare il richiamo più forte e più intenso alla cura della propria anima. Se ci mettiamo in questa prospettiva, se ci mettiamo cioè, per così dire, dalla parte di Dio, scopriremo che la questione fondamentale non è quella legata a noi stessi, al nostro modo di vivere o di interpretare l’amore. Al centro di tutto deve esserci la domanda sulla vita eterna, su cosa facciamo per raggiungerla, su come anche l’amore tra un uomo e una donna può diventare via di santificazione in vista della vita eterna. Sempre l’apostolo ci ha invitato a capire che, nel nostro mondo, si stanno confrontando diverse voci. Molte di esse mirano a minare l’istituto del matrimonio, l’istituzione della famiglia. Noi con queste teorie, con questa gente non dobbiamo avere nulla a che spartire. Piuttosto a noi è chiesto di far brillare la grazia di Dio, è chiesto di proporre a chi convive, a chi non ha ancora reso stabile la propria vocazione, l’ideale del matrimonio cristiano per sperimentare quel “di più” che il Sacramento concede all’amore umano. Il Sacramento del matrimonio rende possibile questo. All’amore tra un uomo e una donna, al quale evidentemente sono posti dei limiti umani, è promessa la vicinanza di Cristo che, con il suo amore totale, fedele, inesauribile, permette anche all’amore limitato di due sposi di dilatarsi per diventare simile al Suo amore. Questo è il compito della Chiesa, questo è il compito di chi vive la dimensione matrimoniale non come dimensione personale, ma come apertura alla testimonianza e al dialogo con tutti. L’enciclica “Amoris laetitia” ci dice bene che il cuore della vita dell’uomo è proprio questo: amare. Ma senza una direzione, senza una illuminazione, si rischia di vivere di emozioni e si trascina l’orizzonte della vita di coppia solo in quello dell’appagamento personale. Si spiega così la fluidità del nostro tempo. Quando non c’è alcun fondamento per la fedeltà, quando l’unico criterio è quello emozionale, si capisce che, quando le emozioni finiscono, si può cambiare partner. Questo è l’esito al quale giungono le persone che non si consegnano all’amore di Dio. Riprendiamo il nostro compito, cerchiamo di essere attenti a questa direzione e lasciamo che sia l’amore di Dio ad accogliere l’amore umano di un uomo e di una donna per trasformarlo. A Maria, regina del Rosario, affidiamo tutte le coppie di fatto, tutte le coppie di conviventi, chiedendo a lei di toccare il cuore di ciascuno e di essere madre misericordiosa anche per coloro che ancora devono lasciarsi illuminare dalla grazia di Cristo.

2021-10-05T08:20:07+02:00