4 di Avvento
Per introdurci
Le sorprese di Dio non finiscono mai! La sorpresa di Dio parte sempre da una benedizione. Benedizione che nasce dalla presenza del Signore, ma che, poi, si estende ed abbraccia altro ed altri.
- Cosa è per noi una benedizione? In che senso siamo invitati a far partire una nuova settimana di avvento dalla benedizione?
Scopriamolo attraverso le scritture di questa domenica.
Isaia
Is 4, 2-5
Lettura del profeta Isaia
In quel tempo. Isaia disse: «In quel giorno, il germoglio del Signore crescerà in onore e gloria e il frutto della terra sarà a magnificenza e ornamento per i superstiti d’Israele. Chi sarà rimasto in Sion e chi sarà superstite in Gerusalemme sarà chiamato santo: quanti saranno iscritti per restare in vita in Gerusalemme. Quando il Signore avrà lavato le brutture delle figlie di Sion e avrà pulito Gerusalemme dal sangue che vi è stato versato, con il soffio del giudizio e con il soffio dello sterminio, allora creerà il Signore su ogni punto del monte Sion e su tutti i luoghi delle sue assemblee una nube di fumo durante il giorno e un bagliore di fuoco fiammeggiante durante la notte, perché la gloria del Signore sarà sopra ogni cosa come protezione».
Ebrei
Eb 2, 5-15
Lettera agli Ebrei
Fratelli, non certo a degli angeli Dio ha sottomesso il mondo futuro, del quale parliamo. Anzi, in un passo della Scrittura qualcuno ha dichiarato: «Che cos’è l’uomo perché di lui ti ricordi o il figlio dell’uomo perché te ne curi? Di poco l’hai fatto inferiore agli angeli, di gloria e di onore l’hai coronato e hai messo ogni cosa sotto i suoi piedi». Avendo sottomesso a lui tutte le cose, nulla ha lasciato che non gli fosse sottomesso. Al momento presente però non vediamo ancora che ogni cosa sia a lui sottomessa. Tuttavia quel Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti. Conveniva infatti che Dio – per il quale e mediante il quale esistono tutte le cose, lui che conduce molti figli alla gloria – rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla salvezza. Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli, dicendo: «Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, in mezzo all’assemblea canterò le tue lodi»; e ancora: «Io metterò la mia fiducia in lui»; e inoltre: «Eccomi, io e i figli che Dio mi ha dato». Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita.
Vangelo
Lc 19, 28-38
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”». Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno». Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!».
Un ingresso benedicente
La pagina dell’ingresso messianico di Gesù a Gerusalemme è molto nota. Sappiamo bene che il ricordo di questo gesto chiude la quaresima, facendoci iniziare i riti della settimana santa. In questa occasione di avvento, noi rileggiamo questa pagina per ricordarci dell’ultimo avvento del Signore, la sua venuta alla fine dei tempi, del quale ogni avvento vuole essere simbolo.
In quell’occasione la presenza del Signore fu vera benedizione per tutte le genti di Gerusalemme. Il grido spontaneo “benedetto colui che viene nel nome del Signore”, ben sottolinea questo concetto. La benedizione di Gesù sulla città viene riconosciuta da tutti. La sua presenza è già segno di benedizione, il che spiega il perché di quell’accoglienza festante e rumorosa.
Benedizione che si compirà qualche giorno dopo, nella morte sul Calvario, vera espiazione del peccato degli uomini e nella Pasqua, nuova presenza di Dio in mezzo agli uomini.
Il natale anticipa questi significati: la presenza di Cristo nella sua nascita è già segno della condivisione che Dio viene ad attuare con il mondo ed è già benedizione aperta a tutte le genti. Ecco, dunque, perché leggiamo questa pagina e quale significato assume nel panorama generale del nostro avvento ambrosiano.
Il bagliore di giorno e il fuoco nella notte
Già Isaia aveva intuito questa verità ed aveva cercato di dire che la presenza del Signore sarebbe diventata benedizione per tutti i popoli. Isaia utilizza le due immagini classiche dell’Esodo, per dire che la presenza di Dio è fonte di benedizione. La luce di fuoco che riluce nella notte è un richiamo molto evidente alla colonna di fuoco che guidava il cammino di Mosè e del popolo santo attraverso il deserto. Così come lo splendore del giorno cerca di farci ripensare a quella “nube della gloria” che, sempre al tempo di Mosè, guidava i passi del popolo di Israele mentre attraversava il deserto. Questo splendore della gloria appare in Sion, ovvero in Gerusalemme. Anche il profeta, dunque, ci aiuta a capire che solo la benedizione di Dio diventa promettente per la vita dei credenti. Solo la benedizione di Dio diventa principio di rinnovamento di vita. Solo la benedizione di Dio diventa garanzia di un cammino che sempre si sa rinnovare e che guida gli uomini all’incontro con Dio.
Ricevere la benedizione per diventare benedizione
Il testo sicuramente più significativo, in questa domenica, diventa la pagina dell’Epistola, la lettera agli ebrei. In questo testo sono elencate diverse forme di benedizione con le quali Dio continua a rinnovare il cammino dell’uomo.
Citando il salmo 8, l’autore di questo testo, vuole ricordare a ciascuno di noi che l’uomo, ogni uomo, è già benedizione di Dio. La vita di ciascuno è benedizione per quella dell’altro. Lo è stata la vita del Signore che, come figlio di Dio che si incarna – ecco il richiamo al Natale del Signore – diventa per noi fonte di benedizione perenne.
Un secondo riferimento alla benedizione ci viene offerto dalla sintesi del mistero della vita di Cristo. Egli non solo è principio di benedizione per coloro che credono, non solo è stato benedizione con la sua presenza, ma continua ad esserlo con la sua presenza attuale nel mondo. Questa benedizione è in vista di quella definitiva e finale, quando Dio “ricapitolerà”, cioè renderà palese e visibile, il rapporto di ogni cosa con Cristo. Sarà solo nel giudizio finale che sarà svelato pienamente come ogni cosa era in relazione alla vita in Cristo. Ecco perché ogni giorno la benedizione del Signore accompagna la vita del mondo: tutto è in vista di quella manifestazione finale che avverrà quando Dio metterà fine al mondo.
Una terza benedizione è quella che deriva dalla fraternità. Fraternità in Cristo, come abbiamo appena detto. Ma anche fraternità tra gli uomini. Se tutti deriviamo da Dio, è logico pensare che la fraternità che si insatura tra noi diventi fonte di benedizione. Anzi, da una fraternità che si sa rinnovare in Cristo deriva una benedizione per la vita che non ha pari. La comunione realizzata tra gli uomini in suo nome, diventa occasione di rinnovamento generale dell’esistenza.
La quarta fonte di benedizione deriva da “un’assemblea che canta le lodi di Dio”. Dovremmo dire noi: la benedizione viene dalla Chiesa quando è riunita per celebrare il nome del Signore, che è esattamente ciò che stiamo facendo in questo istante. La preghiera comune che si innalza da coloro che si riconoscono fratelli è fonte di benedizione per il tempo che ci viene donato, anzi è la forma massima di benedizione alla quale possiamo ambire.
Infine l’autore sacro ricorda a noi una quinta benedizione che comprende tutte le altre e che è quella di cui ci ha già parlato il vangelo, ovvero quella speciale benedizione che viene a noi dalla passione, morte e risurrezione del Signore. È la luce della risurrezione di Cristo, che viene dopo i giorni della passione e al termine dei giorni della sua incarnazione, che rende vera ed esalta ogni altra forma di benedizione.
Cinque forme di benedizione o di intendere l’unica benedizione di Dio che rendono piena la vita dell’uomo.
Per noi
Tocca dunque noi cercare di vivere adesso queste 5 forme di benedizione:
- Noi siamo benedizione per noi stessi, la nostra vita è una benedizione. Forse non lo pensiamo sempre, forse non lo pensiamo spesso. Anzi, credo che, talvolta non ci sia capitato di pensare alla nostra vita altro che come una maledizione. La scrittura di oggi, nel suo insieme, ci dice che la nostra vita avrà il coraggio di rinnovarsi quando noi incominceremo a capire che la nostra vita, nella sua totalità e nella sua singolarità, è benedizione, per noi e per gli altri.
- Una seconda benedizione che noi dobbiamo sempre cercare, che è più ovvia ma non scontata, è quella che ci insegna che la benedizione è quella che viene da Cristo e dalla sua Pasqua, ovvero dalla preghiera, come abbiamo esplicitamente detto commentando la lettera agli Ebrei e, soprattutto, quella della celebrazione eucaristica. Questa celebrazione che, come ogni altro momento di preghiera si concluderà con la benedizione liturgica, non vuole assolutamente essere un atto formale, ma vuole chiedere a Dio che il suo accompagnamento possa continuare oltre il tempo e la forma della celebrazione e diventi una costante per la vita. Il senso di ogni benedizione è questo: chiedere a Dio che l’esperienza fatta nel momento della celebrazione, non termini con il terminare del rito, ma possa continuare sempre, così che ogni uomo possa sempre ritenersi sorretto e protetto da Dio. Come ci ha detto poi la lettura, noi dovremmo sempre cercare la benedizione di Dio, non solo genericamente, ma soprattutto nel Sacramento dell’ Eucarestia ed è questo il motivo per cui rilancio con forza e decisione, a metà dell’avvento, il proposito di venire a Messa qualche volta in più nella settimana, senza limitarci al rito domenicale e festivo.
- La benedizione viene anche dalla fraternità, intesa sia come fraternità di fede, che è quella che noi tutti sperimentiamo almeno in questa celebrazione, ma che trova poi specificità in tutti i gruppi, movimenti, associazioni cattoliche che, ciascuna secondo il crisma proprio, aiutano il cammino di fede di chi vuole conoscere il Signore. C’è dunque una benedizione che viene data alle nostre vite quando noi scopriamo un fratello che è accanto a noi nel cammino di fede, quando viviamo un’esperienza nella quale capiamo di non essere soli, quando noi scopriamo la verità di un cammino che ci appartiene.
- Questa dimensione di fraternità, poi, si dilata e intende comprendere non solo quelli con cui facciamo un’esperienza di fede, ma ogni altro uomo, ogni altra donna, secondo quello stile di fratellanza universale che, senza confondere ruoli e presenze, sa dilatarsi per comprendere tutti.
Aggiungo poi una speciale benedizione che ci viene dalla beata Vergine Maria, che celebreremo nella sua Immacolata Concezione proprio il prossimo mercoledì. Guardare al mistero di Maria è sempre fonte di benedizione. Chiedere a Lei, Madre che dal cielo vigila su di noi, di mediare la benedizione del Signore è la preghiera più bella che possiamo fare e dobbiamo essere certi che la benedizione che chiediamo sicuramente raggiungerà la nostra anima e porterà frutto nel cammino spirituale che vogliamo compiere singolarmente.
Per gli sposi e la famiglia
Anche in questa settimana vogliamo rileggere una frase di Amoris Letitia, dove leggiamo al numero 89: “Tutto quanto è stato detto non è sufficiente ad esprimere il vangelo del matrimonio e della famiglia se non ci soffermiamo in modo specifico a parlare dell’amore. Perché non potremo incoraggiare un cammino di fedeltà e di reciproca donazione se non stimoliamo la crescita, il consolidamento e l’approfondimento dell’amore coniugale e familiare. In effetti, la grazia del sacramento del matrimonio è destinata prima di tutto «a perfezionare l’amore dei coniugi».[104] Anche in questo caso rimane valido che, anche «se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe» (1 Cor 13,2-3)”. C’è dunque uan benedizione per chi vive il vangelo del matrimonio e della famiglia. Benedizione che già vivete in moltissimi, che diventa luce e forza nella chiesa. Chi vive il sacramento come la grazia accorda, è già come quello splendore del giorno o quel fuoco nella notte di cui ci ha parlato il profeta. Ringraziamo per questa testimonianza e chiediamo al Signore che l’angelo del matrimonio possa sempre più essere fonte di benedizione per tutti coloro che la ricercano e per il mondo intero.