Settimana della nona domenica dopo Pentecoste – Venerdì
Vangelo
Lc 11, 21-26
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde. Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo e, non trovandone, dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora. E l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima».
Dopo la lunga catechesi sulla preghiera e la festa della Trasfigurazione del Signore che ha segnato il cammino di questa settimana, troviamo questa predicazione del Signore sugli effetti che, invece, crea la mancanza di preghiera. Cosa succede quando si smette di pregare? Cosa succede quando si cessa di unirsi a Dio e non si è più capaci di essere in ricerca del suo volto? Gesù ha spiegato con grande chiarezza. Succede che qualche “demone” si prende lo spazio lasciato vuoto nell’anima. Dove non c’è la presenza del Signore, dove non c’è l’attenzione per le cose di Dio, c’è spazio per tutte le altre cose: la pigrizia, l’orgoglio, l’egoismo, il ripiegamento su se stessi…
Sono diversi i “demoni”, cioè quegli spiriti cattivi, che si impadroniscono dell’anima quando non c’è la presenza di Dio e dello Spirito Santo. Dovremmo molto temere queste parole del Signore. Non è, infatti, che uno debba essere “indemoniato” nel senso tecnico del termine per essere lontano da Dio. Basta che ci sia la lontananza da lui, basta che non ci sia nessun pensiero per il suo nome, basta che cessi quel desiderio di “santificarlo” per lasciare spazio a tutta quella serie di cose che rende meno bella la vita e che rende più complicato il cammino dell’esistenza.
Cronache
1Cr 29, 20-28
Lettura del primo libro delle Cronache
In quei giorni. Davide disse a tutta l’assemblea: «Benedite dunque il Signore, vostro Dio!». Tutta l’assemblea benedisse il Signore, Dio dei loro padri; si inginocchiarono e si prostrarono davanti al Signore e al re. Offrirono sacrifici al Signore e gli bruciarono olocausti il giorno dopo: mille giovenchi, mille arieti, mille agnelli con le loro libagioni, oltre a numerosi sacrifici per tutto Israele. Mangiarono e bevvero alla presenza del Signore in quel giorno con grande gioia. Di nuovo proclamarono re Salomone, figlio di Davide, e unsero per il Signore lui come capo e Sadoc come sacerdote. Salomone sedette sul trono del Signore come re al posto di Davide, suo padre; prosperò e tutto Israele gli fu sottomesso. Tutti i comandanti, i prodi e anche tutti i figli del re Davide si sottomisero al re Salomone. Il Signore rese grande Salomone agli occhi di tutto Israele e gli diede un regno così splendido, che nessun predecessore in Israele aveva mai avuto. Davide, figlio di Iesse, regnò su tutto Israele. La durata del suo regno su Israele fu di quarant’anni: a Ebron regnò sette anni e a Gerusalemme regnò trentatré anni. Morì in vecchiaia, sazio di anni, di ricchezza e di gloria. Al suo posto divenne re suo figlio Salomone.
La storia di Israele è l’esatta esemplificazione di quello che Gesù ha affermato. Davide è stato, al tempo stesso, una figura si grande uomo di fede ma anche di grande peccatore. Poiché aveva un grande senso della presenza di Dio, anche il suo peccato è stato perdonato. Poiché ha supplicato la presenza di Dio, gli sono stati rimessi i suoi molti peccati. Differente è la figura di Salomone. Un re sapiente, un re intelligente, eppure, come ci dimostra la sua storia, un re che non ha saputo seguire le orme del padre. Fidandosi della sua intelligenza, fidandosi della sua intuizione, ha riposto più fiducia negli uomini che in Dio e, per questo, il suo regno non è stato come quello del Padre. Proprio sotto il suo regno sono emerse tutte quelle spinte di divisione che, poi, hanno trovato sfondo dopo di lui e che hanno lacerato Israele. Soprattutto, dalla sua mancanza di fedeltà verso Dio, è nata la mancanza di fedeltà di tutto il popolo di Israele, quell’infedeltà che ha portato poi il popolo di Dio alla rovina.
Per noi
Le due scritture insieme ci insegnano quindi, che dove non c’è Dio c’è spazio per tutte le altre cose che non sono Dio e che rovinano l’uomo. Dove non c’è Dio c’è spazio per tutto ciò che è la rovina di un’anima. Dove non c’è Dio c’è il serio pericolo e il rischio di vivere una vita che va nella direzione opposta rispetto a quella che dovrebbe prendere.
Il rischio è anche per noi. Credo infatti che molti credenti preghino poco. Forse, in molti, è cessata quella fedeltà bella alla preghiera del mattino, alla preghiera della sera, alla visita in Chiesa che hanno educato generazioni di credenti e che hanno permesso a molti di sentire vicina la presenza di Dio. Forse tanti cristiani di oggi hanno come momento di preghiera solo la Messa domenicale o, al più, un qualche ricordo distratto durante la giornata, mentre magari si sta compiendo qualche altra opera. Gesù vuole ammonire ciascuno di noi: se manca la preghiera, ogni altro sforzo della vita rischia di essere solo affaticamento. Se manca la preghiera, si rischia di vedere tutte le cose andare un po’ in fumo. Se manca la preghiera manca quella centralità di Dio attorno alla quale far ruotare ogni cosa.
Occorrerebbe essere provvidenziale questa sosta estiva sulla preghiera anche per noi:
- Quando tralascio di pregare?
- Che mutamenti noto in me, quando tralascio l’azione della preghiera?
- Quale spirito cattivo si impadronisce anche di me quando lascio il Signore?