Cristo re dell’Universo
Introduzione
Regnare con Cristo Re. È il programma di vita che ci viene proposto oggi.
- Sentiamo ancora nostre queste parole?
- Davvero corrispondono alla spiritualità dei cristiani?
Credo che sia, come sempre, il percorso biblico ad illuminarci e a guidarci per una più profonda riflessione.
La Parola di Dio
LETTURA Is 49, 1-7
Lettura del profeta Isaia
Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio». Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele – poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza – e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra». Così dice il Signore, il redentore d’Israele, il suo Santo, a colui che è disprezzato, rifiutato dalle nazioni, schiavo dei potenti: «I re vedranno e si alzeranno in piedi, i prìncipi si prostreranno, a causa del Signore che è fedele, del Santo d’Israele che ti ha scelto».
SALMO Sal 21 (22)
Dal legno della croce regna il Signore.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
perché egli non ha disprezzato
né disdegnato l’afflizione del povero,
il proprio volto non gli ha nascosto
ma ha ascoltato il suo grido di aiuto. R
Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra;
davanti a te si prostreranno
tutte le famiglie dei popoli.
Perché del Signore è il regno:
è lui che domina sui popoli! R
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
annunceranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
«Ecco l’opera del Signore!». R
EPISTOLA Fil 2, 5-11
Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi
Fratelli, abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.
VANGELO Lc 23, 36-43
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Anche i soldati deridevano il Signore Gesù, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Isaia
Anche ad un primo ascolto, tutti percepiamo immediatamente il grande dolore che viene da tutte e tre le scritture. In primis il profeta Isaia, del quale abbiamo riletto uno di quei famosi testi, il carme del servo, che accompagnano le riflessioni quaresimale e, ancor più, della settimana santa. Il profeta, in mezzo a una società che produce poveri, che non si fa carico dei deboli, che è più propensa a emarginare che a integrare; in un tempo nel quale il potere politico latita o, peggio, è a servizio dei propri scopi e cura soltanto il benessere di alcuni, sogna un “servo”, uno che, a nome di Dio, si fa carico delle sofferenze di tutti, del dolore di tutti e porta un modo nuovo di vivere l’attenzione, l’integrazione, il benessere spirituale. Il profeta chiama quest’uomo “servo di Dio” e prevede per lui una sorte terribile: egli rimarrà come schiacciato dal dolore di tutti, dal peso del peccato di tutti. Egli rimarrà per lungo tempo sotto il peso di tutte queste realtà, ma è Dio che lo risolleverà, è Dio che gli concederà vittoria su ogni forma di peccato, dolore, pensa. È questo misterioso servo del Signore che, portando il peccato di tutti, donerà all’uomo una nuova visione di ogni cosa. Il brano, lo si capisce davvero bene, ci porta immediatamente a pensare alla Pasqua del Signore, al giorno del suo dolore e della sua morte.
Vangelo
È questo il cuore della pagina del Vangelo che abbiamo ascoltato oggi. Ancora una volta siamo invitati a metterci di fronte alla scena della morte del Signore per capire davvero che la regalità di Cristo, il suo potere, si mostrano proprio lì, dove nessuno pretenderebbe di vedere gesti di questo genere. Quel Cristo che aveva accompagnato la vicenda di alcuni uomini, quel Cristo che aveva ascoltato alcuni, sanato altri, rimesso in vita altri ancora, ora mostra il suo amore per tutta l’umanità e il suo interessarsi a tutta l’umanità proprio dalla Croce. Accade così che egli prenda su di sé la parola del profeta. È qui, sulla Croce, che Cristo prende su di sé il peccato di tutti e tutti porta alla salvezza. È qui che Cristo accoglie su di sé il dolore di ogni uomo, e dà un senso anche a questo mistero della vita. È sulla Croce che Cristo “regna”, cioè “trionfa”. Il suo trionfo è la vittoria su qualsiasi peccato e la comunione perfetta con tutti gli uomini. Così egli non solo compie l’azione di salvezza che il Padre, da sempre, ha pensato per l’uomo, ma insegna anche agli uomini cosa vuol dire avere parte alal sua vita, al suo regno, alla sua gloria. L’uomo si trasforma ad immagine di Dio quando accetta la medesima logica, la logica dell’abbassamento, la logica della comunione, la logica della condivisione, la logica del sopportare le sofferenze che la vita riserva, illuminandole con la speranza che viene da Dio Padre. Speranza che ha anche un fine: l’ingresso nella vita eterna, quella vita eterna che Cristo promette a tutti, un’ultima volta, proprio dalla sua croce. Il “buon
ladrone” che accompagna Cristo in Paradiso, ne è il segno più evidente e più eloquente. Un uomo che ha sofferto e ha vissuto la propria morte insieme con il Signore Gesù, essendosi aperto alla speranza che viene dalla sua Parola, sperimenta immediatamente la loro efficacia, entrando con Cristo stesso nella vita eterna. Dal “regnare con Cristo” della Croce egli passa immediatamente al regno eterno e alla comunione eterna.
Filippesi
San Paolo traduce in espressioni ancora più chiare questo concetto spirituale espresso dal Vangelo, insegnando che al cuore della vicenda umana di Cristo c’è il suo abbassamento, egli propone a tutti i credenti di “avere gli stessi sentimenti di Cristo”, cioè di non avere paura a vivere il proprio abbassamento. .ogni abbassamento scelto aiuta ad assomigliare a Cristo e fa crescere in chi lo vive non solo la virtù dell’umiltà ma anche quella della speranza. Chi si abbassa con Cristo, secondo l’insegnamento del Vangelo, si mette nella condizione spirituale di essere con Lui anche esaltato. Così che il credente che vive la stessa partecipazione di Cristo alle realtà della vita, si candida alla vita eterna. Chi patisce con Cristo le cose dell’esistenza, vive con Cristo una vita di paradiso. Chi con Cristo serve l’uomo, con Cristo regna già ora, nel tempo presente, ma si incammina anche a regnare nella vita eterna, accanto a Colui che ha seguito e servito.
Per noi e per il nostro cammino spirituale
Siamo di fronte ad una proposta spirituale molto ricca e molto bella. Anche a noi è chiesto di avere i medesimi sentimenti del Signore nei confronti di tutta l’umanità. Quali sono stati i sentimenti di Cristo? Effettivamente è difficile elencarli tutti, dal momento che ogni pagina di Vangelo è intrisa dei sentimenti di Cristo. A titolo di esemplificazione potremmo citarne alcuni:
- La compassione. Cristo si immedesima sempre nelle situazioni concrete delle persone che ha davanti e, spesso, come il Vangelo stesso dice, si impressiona per un’umanità che sembra essere come un gregge di pecore senza pastore.
- La vicinanza. Spesso Cristo si china sui bisogni degli uomini e sulle ferite degli uomini con incredibile umanità e anche con indicibile pietà. Cristo non si accontenta mai di parlare in generale, ma prende sempre la parte di coloro che sono più fragili, sovvenendoli e sostenendoli in tutti i modi.
- L’accoglienza. Cristo accosta diverse categorie di uomini e di donne, facendo sperimentare a ciascuno un senso di accoglienza nuovo, unico, incredibile. Un’accoglienza che diventa comprensione, sostegno, comunione. Comunione che sorprende sempre coloro che la sperimentano, tanto che, in tutti, si accende il desiderio che anche altri uomini possano sperimentarla.
- L’interessamento. Cristo si interessa sempre della reale situazione di coloro che incontra. Specie nei casi di malattia, Cristo ha mostrato la sua interiore partecipazione facendo domande che hanno mostrato tutto il suo vivo interesse per l’umanità che ha incontrato.
- La speranza. Cristo fa anche questo: accende, specie in tutti coloro che versano in qualche seria difficoltà della vita, una speranza nuova: la speranza della vita eterna, la speranza della comunione con il Padre che dura per tutta l’eternità. La speranza nasce dai suoi gesti e dalle sue parole. La speranza nasce dalla vicinanza concreta che Cristo fa sperimentare con indicibile premura.
Potremmo elencare anche molti altri tratti che ci aiutano a pensare alle modalità concrete con cui Cristo ha vissuto o, come dice una felice espressione, è passato beneficando e salvando tutti. Ciò che più conta non è, però, fare memoria di come Cristo ha vissuto, ma ricordarci che a questo siamo chiamati anche noi e a prendere sul serio la sua proposta. Così anche a noi è chiesto di mostrare un vivo interessamento per il povero, una condivisone non superficiale della sua condizione, una compassione non solo apparente per le sue difficoltà, un atteggiamento capace di generare speranza anche in coloro che la vita ha ferito in modo così forte da non avere più alcuna capacità di speranza. “Regnare con Cristo” è forse un’espressione che non utilizziamo più, eppure la spiritualità della partecipazione al “munus” regale di Cristo deriva proprio dal Battesimo.
Oggi celebriamo la festa della Caritas. La Caritas è quella parte di comunità che ha il compito non solo di amministrare opere di carità – ne troviamo un dettaglio sul notiziario di oggi – ma più propriamente quello di essere segno profetico che sa richiamare la coscienza delle persone. Così che, oggi, tutti potremmo chiederci, anche sostenuti dalla Caritas: cosa faccio io per regnare con Cristo? Come vivo io il mio Battesimo, così che anche io possa regnare con Cristo?
Vorrei che anche questa applicazione delle Sacre Scritture a noi sia sostenuta dal fatto che stiamo incamminandoci verso un anno giubilare. Se è vero che il giubileo ha una spiritualità particolare, è altrettanto vero che questo anno così diverso dagli altri, deve avere anche una partecipazione non scontata e non ordinaria a qualche opera di carità. Così tutti noi siamo invitati a diventare partecipi anche del progetto di famiglie solidali che, con più forza, viene riproposto. Proprio nella logica della condivisione, della vicinanza concreta, del desiderio di comunione, proponiamo che una famiglia sensibile decida una cifra, anche piccola, ma da devolvere mensilmente alla Caritas per sostenere altre famiglie in difficoltà. Potrebbe essere davvero già quella pratica di carità giubilare che ci avvicina all’indulgenza dell’anno santo.
Impariamo anche noi ad avere gli stessi sentimenti di Cristo per regnare ora con lui nella carità e, un giorno, nell’eternità.