Ultima domenica dopo l’Epifania
Per introdurci
- Come siamo venuti a Messa questa mattina?
- Con quale preghiera nel cuore?
La Parola di Dio
LETTURA Is 54, 5-10
Lettura del profeta Isaia
In quei giorni. Isaia disse: «Tuo sposo è il tuo creatore, Signore degli eserciti è il suo nome; tuo redentore è il Santo d’Israele, è chiamato Dio di tutta la terra. Come una donna abbandonata e con l’animo afflitto, ti ha richiamata il Signore. Viene forse ripudiata la donna sposata in gioventù? – dice il tuo Dio –. Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti raccoglierò con immenso amore. In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto; ma con affetto perenne ho avuto pietà di te, dice il tuo redentore, il Signore. Ora è per me come ai giorni di Noè, quando giurai che non avrei più riversato le acque di Noè sulla terra; così ora giuro di non più adirarmi con te e di non più minacciarti. Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto, né vacillerebbe la mia alleanza di pace, dice il Signore che ti usa misericordia».
SALMO Sal 129 (130)
L’anima mia spera nella tua parola.
Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia supplica. R
Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore. R
Io spero, Signore.
Spera l’anima mia, attendo la sua parola.
Israele attenda il Signore,
perché con il Signore è la misericordia
e grande è con lui la redenzione. R
EPISTOLA Rm 14, 9-13
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, per questo Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi. Ma tu, perché giudichi il tuo fratello? E tu, perché disprezzi il tuo fratello? Tutti infatti ci presenteremo al tribunale di Dio, perché sta scritto: «Io vivo, dice il Signore: ogni ginocchio si piegherà davanti a me e ogni lingua renderà gloria a Dio». Quindi ciascuno di noi renderà conto di se stesso a Dio. D’ora in poi non giudichiamoci più gli uni gli altri; piuttosto fate in modo di non essere causa di inciampo o di scandalo per il fratello.
VANGELO Lc 18, 9-14
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
Vangelo
La provocazione è diretta, forte, perché la Parola di Dio colpisce diritto al cuore oggi. Il ricordo è quello di questi due uomini. Entrambi vengono al tempio, entrambi per pregare, ma c’è una forte differenza tra i due. Il fariseo viene al tempio per pregare e per dire al Signore il bene che sa già fare: egli è un uomo di fede, prega, digiuna due volte alla settimana, paga le decime di ogni cosa, non si dimentica di osservare nessun precetto della legge. È un uomo giusto che viene a manifestare la sua giustizia, viene a presentare il suo cammino, viene a fare in modo che tutto sia perfettamente corrispondente al suo pensiero e alla sua volontà. Quest’uomo gode della sua fede e, per questo, giudica il pubblicano, un peccatore che non si capisce bene cosa faccia lì nel tempio, secondo il suo giudizio. Questa è la preghiera del fariseo che, come vediamo, sa rimettere nelle mani di Dio il bene che c’è nella sua vita, ma vive di giudizio, vive senza misericordia. Se pure il suo punto di partenza è buono, scade, poi, nel giudicare chi vede, chi incontra con giudizio che diremmo, per lo meno, superficiale.
Il pubblicano, invece, viene al tempio ben consapevole di ciò che è: un uomo che ama poco Dio, un uomo che non ha grandi opere da presentare e nemmeno grandi preghiere. Il pubblicano sa solo di essere un povero peccatore e rimette il suo peccato nelle mani di Dio, animato dal pensiero della misericordia di Dio che rimane per sempre. Quest’uomo non giudica nessuno, non pensa agli altri. Solo non si ritiene degno nemmeno di stare troppo vicino all’altare del Signore, per questo si mantiene a distanza, lasciando che altri più degni occupino i posti più importanti.
Il giudizio del Signore è chiaro. Ovviamente il perdono di Dio c’è per tutti, ma per accorgersi dei suoi effetti, occorre essere come il pubblicano, ovvero capaci di rimettere nelle mani di Dio il proprio peccato, la propria colpa, il proprio essere mancanti e occorre avere anche la capacità di non giudicare nessuno. Ciò che avviene nel cuore degli uomini rimane un segreto, rimane un mistero che solo Dio conosce.
È proprio in questa tranquillità interiore che il Signore Gesù raggiunge quest’uomo per portarlo alla medesima meta della donna. La piccola parabola che Gesù racconta vuol far comprendere a Simone che è tutto come lui pensa. Quella donna è realmente una peccatrice, è realmente una che ha bisogno il perdono di Dio, perché molto lontana, con i suoi atti, dal Signore, eppure così vicina a Dio con il suo cuore, a differenza di lui, così vicino a Dio con i suoi atti e con le sue parole, persino con la sua generosità e con quell’invito a pranzo, eppure così lontano con il cuore, pronto al giudizio, pronto all’osservanza delle sole apparenze, pronto alla critica.
Così, in realtà, il Signore Gesù insegna che tutti e due hanno bisogno della medesima cosa: la misericordia di Dio, il suo perdono, la sua clemenza. Realtà che il Signore è disposto a dare ad entrambi in modi diversi: lasciando che la peccatrice lo tocchi e offra a lui il suo attestato di amore e lasciando che l’uomo lo inviti nella sua casa, secondo quanto può fare. I gesti proposti e l’ascolto offerto diventano il paradigma della manifestazione della misericordia di Dio, unico effetto per entrambe le vite così profondamente diverse. Il Signore, a tutti, insegna che si può stare davanti a Lui a diverso titolo, ma tutti resi simili da quel necessario bisogno di clemenza che ogni vita, di fronte a Dio, merita.
Isaia
Così capiamo anche la parola del profeta, che ci ha ricordato che l’amore di Dio rimane per sempre. Il profeta ci ha ricordato che non c’è mai esperienza dell’amore di Dio che rimanga isolata. Dio riflette il suo amore per tutti, sempre, senza condizioni, a volte ci possono essere momenti, tempi anche lunghi della vita, nei quali gli uomini, come singoli soggetti o come comunità, come popolo, si allontanano dal Signore. Ebbene, il suo amore non viene meno ed è sempre lì, pronto a riaccogliere ogni uomo che ritorna, senza nessuna esitazione. Il profeta applica ad Israele intero questa concezione. Se è vero che tutto il popolo si è allontanato da Dio, è altrettanto vero che Dio non fa altro che suscitare richiami, perché ciascuno possa essere sempre pronto a rientrare nell’alleanza con Lui e con la sua misericordia. Il messaggio del profeta, pur nella sua antichità, è perfettamente corrispondente a ciò che il Signore rivela nel vangelo: l’amore di Dio c’è e c’è per tutti, come il suo perdono. È questo il tema classico della quaresima nella quale entreremo settimana prossima. Questa liturgia è, in un certo senso, preparatoria a questo cammino di penitenza che ci attende. La domenica di oggi, infatti, vuole quasi prenderci per mano e condurci a quell’incontro con la misericordia di Dio che sarà il tempo di preparazione alla Santa Pasqua.
Epistola
Sorretti da queste due scritture, possiamo anche capire la lettera ai Romani. Paolo non solo è perfettamente convinto, ma è anche araldo dell’amore di Dio, è un annunciatore di quel mistero sempre intenso che è il suo perdono, il suo amore e la sua misericordia. Convinto di questo, l’Apostolo può annunciare a tutti l’incontro con Dio che avviene al termine della vita, che è incontro di misericordia e di remissione dei peccati della vita. Perché questo accada occorrono due cose: da un lato la fede, e, quindi, il sapere che la vita è un progressivo dirigersi all’incontro con Dio, dall’altro l’incapacità di giudizio verso gli altri. È questo che, spesso, rovina l’animo dell’uomo. È questo che, spesso, guasta la sua vita. Per questo occorre sempre guardarsi dal vizio del giudizio: poiché non si sa mai cosa avviene nel cuore degli altri, poiché tutti si è diretti verso il medesimo incontro di misericordia, occorre solo andare avanti animati dalla fiducia in Dio che, a suo tempo, compie ogni cosa.
Per noi e per il nostro cammino
Torno a noi e alla domanda con la quale ho aperto questa riflessione: come siamo qui questa mattina? A quale delle due preghiere proposte nel Vangelo assomiglia la nostra? Perché, vedete, anche noi potremmo essere qui per mettere nelle mani di Dio le nostre opere buone. Molti di noi potrebbero dire: siamo qui come ogni domenica, siamo qui dopo una settimana nella quale abbiamo cercato di fare qualcosa di buono. Siamo qui come uomini, come donne che, ancora, ci tengono. Tutte cose vere, tutte cose giuste. Ma se siamo qui solo per presentare i nostri risultati, come possiamo riconoscerci figli di Dio, bisognosi del suo perdono, del suo amore, della sua misericordia? Se ci riteniamo già giusti, che bisogno abbiamo della sua redenzione?
Il rischio di pensare così lo corriamo tutti! Perché è vero, grazie a Dio noi siamo più o meno sempre qui! Grazie a Dio la nostra vita non ha grandissime mancanze e peccati! Ma questo non ci esime dal ritenerci peccatori! Questo, anzi, deve solo farci capire la grazia che abbiamo ricevuto, avendo a cuore il nostro cammino di fede. A maggior ragione, immersi in un cammino di costante rapporto con Dio, tutti dovremmo capire che la nostra natura è quella di essere peccatori e, per questo, dovremmo cercare sempre più la sorgente della santità che è Dio. Ecco il monito di questa domenica: fai in modo che il tuo cammino già attento, già attivo, già strutturato non diventi occasione per farti sentire a posto. Perché è quando ti senti a posto che termina il cammino di fede! È quanto ti senti appagato anche da questo punto di vista che tutto si ferma. Ecco, allora, la grazia da chiedere. Pur in presenza di opere giuste, pur già in presenza di un cammino che ha i suoi lati positivi, le sue cose buone, non fermiamoci, non dimentichiamoci della nostra vera identità, non stanchiamoci di vivere un rapporto con Dio che metta sempre davanti a noi il primato della grazia. Non stanchiamoci di capire che siamo molto peccatori, in vari modi, non solo per le cose più appariscenti ma, spesso, per quello che si annida nel cuore. Non smettiamo di cercare quella sorgente inesauribile di perdono che è il mistero di Cristo, il mistero che accompagna la vita di ogni creatura, fino a quell’incontro vero, ultimo, definitivo, con la sua presenza e con il suo amore.
La Madonna di Lourdes
Questo è anche il giorno in cui facciamo memoria della Madonna di Lourdes e delle sue apparizioni, dei suoi messaggi. Tutti ricordiamo la bellissima immagine di Bernadetta che, nella sua piccolezza, nella sua semplicità, si sente peccatrice e indegna di avere quella visione che accompagnerà tutta la sua vita di fede. Lei si sente povera, piccola, umile, non ha cultura, non sa nemmeno leggere e scrivere. Eppure è destinata a vedere la Vergine e a portare il suo messaggio di amore tra i popoli nei secoli. Ecco perché noi tutti oggi la onoriamo. Ecco perché noi tutti, oggi, guardiamo a lei con sguardo confidente. Bernadetta ci parla della sua piccolezza resa grande dalla misericordia di Dio. E’ in questo giorno che preghiamo in modo del tutto speciale, per gli ammalati. Il papa ha chiesto, per questa giornata, di curare il malato curando le sue relazione, curando il mondo dei suoi affetti. Forse è la realtà più difficile da mettere in campo. Se si riesce a curare, sotto il profilo medico, il corpo di una persona, è molto più difficile curare le sue relazioni. Sappiamo di come i malati si isolino, tutti sappiamo bene di come molti vogliono, costruiscono la loro solitudine anche con rabbia e con espressioni mai utilizzate nella vita. È molto difficile entrare in questi momenti nel segreto delle coscienze e smuoverle. Ecco perché ha senso questa preghiera. Noi chiediamo a Dio di aiutarci in alcune cose che, da soli, non sappiamo fare. Rimettiamo nelle sue mani alcune cose che, da soli, non sapremmo come vivere o per le quali non sapremmo come provvedere. Chiediamo a Dio, per intercessione di Maria, questa grazia, perché sappiamo curare anche il mondo delle relazioni dei nostri malati.