Ultima settimana dell’anno liturgico – venerdì – San Martino
Il tema del giorno
Forse abbiamo fatto di San Martino una sorta di eroe da fumetto. Forse lo abbiamo fin troppo rappresentato lì, sul suo cavallo, con la spada da soldato in mano, mentre divide il mantello con il povero. Forse abbiamo così tanto idealizzato la sua carità, pur vera e profonda, da aver perso il perché della sua santità. Domandiamoci allora: perché Martino è diventato santo?
Credo che la risposta più bella consista non tanto e non solo nel riprendere alcune cose della sua agiografia, ma nel rileggere insieme l’epistola, per imparare che Martino è divenuto Santo perché ha amato la vita.
La Parola di Dio per questo giorno
LETTURA
Lettura del libro del Siracide
Ecco il sommo sacerdote, che nella sua vita piacque al Signore. Fu trovato perfetto e giusto, al tempo dell’ira fu segno di riconciliazione. Nessuno fu trovato simile a lui nella gloria. Egli custodì la legge dell’Altissimo. Per questo Dio gli promise con giuramento di innalzare la sua discendenza. Dio fece posare sul suo capo la benedizione di tutti gli uomini e la sua alleanza; lo confermò nelle sue benedizioni. Lo glorificò davanti ai re. Sopra il turbante gli pose una corona d’oro. Stabilì con lui un’alleanza perenne e lo fece sacerdote per il popolo. Lo onorò con splendidi ornamenti e gli fece indossare una veste di gloria, esercitare il sacerdozio e benedire il popolo nel suo nome. Lo scelse fra tutti i viventi perché offrisse sacrifici al Signore, incenso e profumo come memoriale.
SALMO Sal 83 (84)
Salirò all’altare di Dio, gioia della mia giovinezza.
Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti!
L’anima mia anela
e desidera gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente. R
Anche il passero trova una casa
e la rondine il nido dove porre i suoi piccoli,
presso i tuoi altari, Signore degli eserciti,
mio re e mio Dio. R
Beato chi abita nella tua casa:
senza fine canta le tue lodi.
Guarda, o Dio, colui che è il nostro scudo,
guarda il volto del tuo consacrato. R
Sì, è meglio un giorno nei tuoi atri
che mille nella mia casa.
Signore degli eserciti,
beato l’uomo che in te confida. R
EPISTOLA 1Tm 3, 16 – 4, 8
Prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
Carissimo, grande è il mistero della vera religiosità: egli fu manifestato in carne umana e riconosciuto giusto nello Spirito, fu visto dagli angeli e annunciato fra le genti, fu creduto nel mondo ed elevato nella gloria. Lo Spirito dice apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti ingannatori e a dottrine diaboliche, a causa dell’ipocrisia di impostori, già bollati a fuoco nella loro coscienza: gente che vieta il matrimonio e impone di astenersi da alcuni cibi, che Dio ha creato perché i fedeli, e quanti conoscono la verità, li mangino rendendo grazie. Infatti ogni creazione di Dio è buona e nulla va rifiutato, se lo si prende con animo grato, perché esso viene reso santo dalla parola di Dio e dalla preghiera. Proponendo queste cose ai fratelli, sarai un buon ministro di Cristo Gesù, nutrito dalle parole della fede e della buona dottrina che hai seguito. Evita invece le favole profane, roba da vecchie donnicciole. Allénati nella vera fede, perché l’esercizio fisico è utile a poco, mentre la vera fede è utile a tutto, portando con sé la promessa della vita presente e di quella futura.
VANGELO Mt 25, 31-40
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”».
Uno sguardo di contemplazione
San Paolo iniziava questo brano della lettera a Timoteo con uno sguardo di profonda contemplazione. Egli riprendeva i tratti salienti della vita di Cristo, per insegnare che il Signore Gesù è venuto per condividere ogni cosa della vita degli uomini. Proprio per questo San Paolo ha capito che la santità ha il gusto della vita. Lo diceva poco più sotto. Verranno alcuni che vieteranno le cose belle della vita, mangiare, sposarsi, ovvero amare, pretenderanno comportamenti innaturali. Costoro, dice l’Apostolo, non solo non sanno niente della vita perché non la gustano, ma non sanno niente nemmeno della vita di fede, della santità, perché vietando le cose belle della vita, perdono anche quel riferimento all’incarnazione del Signore che è la cifra sintetica di ogni percorso di santità
San Martino
San Martino ha fatto questo: ha amato la vita. La vita di soldato, per cui non si è sottratto alle cose che richiedeva la vita dei soldati e ha cercato di scoprire a quale verità conducevano. Ha apprezzato la vita del monaco, fatta di silenzio, di solitudine riempita dal senso di Dio, di rinunce colmate dal desiderio ardente di vivere con il Signore. Ha apprezzato la vita da vescovo, nella quale si è particolarmente speso per sanare discordie, ricomporre liti, illuminare i dubbiosi. San Martino ha amato la vita. L’ha amata così tanto da vivere tutte quelle cose che potevano avere un sapore di eternità. La sua santità ci dice che Martino ha trovato questa vita eterna nella fede, ed ha camminato fino a voler trovare nella santità il gusto di tutte le cose.
Intenzioni di preghiera
- Preghiamo perché impariamo a gustare la vita. Pochi, pochissimi lo fanno. Molti “godono” di molte cose, ma non “gustano” la vita. Chiediamo questa sapienza, perché sappiamo illuminare di eternità le cose del tempo presente. Chiediamo questa grazia, perché possiamo donare sapore di eternità alle cose del tempo.
- Chiediamo a San Martino di illuminarci per scoprire che solo una vita di donazione e servizio ci permette di gustare le cose del tempo. San Martino ci insegna anche questo: solo una vita dove la donazione diviene una costante, solo una vita dove la donazione di sé diventa occasione per vivere bene il tempo, è una vita degna di essere vissuta. Chiediamo a San Martino di illuminarci con il suo spirito di donazione, perché anche noi impariamo a spenderci per gli altri nelle cose di questo tempo.
- Preghiamo per saper entrare nel tempo di Avvento con grinta e slancio. Domani sarà l’ultimo giorno del tempo dopo Pentecoste. Poi inizierà un nuovo Avvento. Chiediamo al Signore la forza, la grazia di vivere bene questo prossimo Avvento che ci attende, per gustare i richiami alla santità che il Signore metterà per noi in questo cammino.
- A San Martino si vivono anche tutte le scadenze del mondo agricolo. Chiediamo alla potente intercessione di San Martino di saper vivere bene anche il nostro rapporto con la natura. Non per un ecologismo senza fede, ma per quell’ecologismo che papa Francesco ci raccomanda, quell’ecologismo nel quale l’uomo è al centro di ogni attenzione, come la Scrittura ci insegna. Chiediamo questa particolarissima grazia, perché impariamo che solo nel rinnovato rapporto con la natura, potremo vivere bene i richiami che Dio ci dona.