Settimana della 11 domenica dopo Pentecoste – Giovedì
Re
2Re 22, 1-2; 23, 1-3. 21-23
Lettura del secondo libro dei Re
In quei giorni. Quando divenne re, Giosia aveva otto anni; regnò trentun anni a Gerusalemme. Sua madre, di Boskat, si chiamava Iedidà, figlia di Adaià. Fece ciò che è retto agli occhi del Signore, seguendo in tutto la via di Davide, suo padre, senza deviare né a destra né a sinistra. Il re mandò a radunare presso di sé tutti gli anziani di Giuda e di Gerusalemme. Il re salì al tempio del Signore; erano con lui tutti gli uomini di Giuda, tutti gli abitanti di Gerusalemme, i sacerdoti, i profeti e tutto il popolo, dal più piccolo al più grande. Lesse alla loro presenza tutte le parole del libro dell’alleanza, trovato nel tempio del Signore. Il re, in piedi presso la colonna, concluse l’alleanza davanti al Signore, per seguire il Signore e osservare i suoi comandi, le istruzioni e le leggi con tutto il cuore e con tutta l’anima, per attuare le parole dell’alleanza scritte in quel libro. Tutto il popolo aderì all’alleanza. Il re ordinò a tutto il popolo: «Celebrate la Pasqua in onore del Signore, vostro Dio, come è scritto nel libro di questa alleanza». Difatti una Pasqua simile a questa non era mai stata celebrata dal tempo dei giudici che governarono Israele, ossia per tutto il periodo dei re d’Israele e dei re di Giuda. Soltanto nell’anno diciottesimo del re Giosia questa Pasqua fu celebrata in onore del Signore, a Gerusalemme.
Anche oggi, mentre continuiamo la nostra preparazione alla festa dell’Assunta, mi sembra che il tono della riflessione possa essere dato dal libro dei Re. Dopo gli eventi drammatici della deportazione e della distruzione della città di Gerusalemme e del suo tempio, ecco, finalmente, una nuova possibilità di celebrare la Pasqua secondo le prescrizioni di Mosè. È Giosia il re che si fa interprete di questa possibilità e che si incarica di far celebrare la festa secondo i riti, le prescrizioni, le norme che Mosè aveva dato per tutto il popolo di Israele. Ciò per cui ammiriamo Giosia è proprio questa sua fedeltà alla legge dei padri. Dopo anni di sofferta lontananza da Gerusalemme, ecco che Giosia intende riavvicinare il cuore di tutto il popolo di Israele a Dio. È questo il senso della sua fedeltà. Non è un vuoto formalismo, non è solamente un’attenzione al passato, ma è l’espressione più vera, più alta, più pura di un cuore che intende lodare Dio con quell’attenzione dell’anima che è necessaria a chi vuole piacere a Dio. Fedeltà ai padri ma in un rinnovato stile di fede. Attenzione alle norme per esprimere ciò che si ha nel cuore. Ecco cosa è nel profondo del cuore di Giosia.
Vangelo
Lc 12, 13-21
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Uno della folla disse al Signore Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
Questo è esattamente ciò che manca nel protagonista della breve parabola che il Signore Gesù ha voluto raccontare per stigmatizzare l’atteggiamento di coloro che si interessano solo delle cose che portano beneficio alla propria persona. Non solo del denaro, anche se questo è, ovviamente, al primo posto. Gesù intende parlare di tutte le cose che diventano un ostacolo per il cuore dell’uomo nella ricerca di Dio. L’uomo ricco che diventa sempre più ricco è l’immagine a cui Gesù si rifaceva per dire che quando uno pensa solo alle cose che gli interessano, non c’è più tempo né per Dio né per gli altri. Ecco perché quest’uomo viene ritratto nel momento stesso in cui gli viene richiesta l’anima. Cosa rimarrà di tutto il suo affannarsi per le cose da accumulare? Cosa rimarrà di tutta la fatica per le cose che ha cercato di possedere? Niente! Non rimarrà niente! Anzi, quest’uomo perderà l’anima. L’anima viene conservata solo dove c’è un cuore che si interessa alle cose di Dio, solo dove c’è un cuore capace di vivere con attenzione il proprio rapporto di fede con Dio Padre. Questo è ciò a cui bisogna guardare, sempre!
Per noi
- Persevero nel vivere con attenzione le espressioni di fede che anche io vivo?
- Quale richiamo alle cose, quale “accumulo” riguarda la mia vita così tanto da diventare un impedimento per le cose della vita?
Credo che oggi, guardando anche la Vergine Maria alla quale esprimiamo sempre l’omaggio della nostra fede e del nostro affetto, dovremmo proprio interrogarci su queste cose. Se siamo perseveranti solo nel cercare di ottenere le cose che vogliamo, se siamo perseveranti solo nella ricerca di cose da possedere, quale ricerca di Dio esprimeremo? Quale attenzione al suo mistero potremo fare nostra? Nessuna. Questa liturgia della Parola ci ricorda, anche in mezzo all’estate, che il nostro compito è quello di esprimere con serietà e con verità la nostra fede, dando attenzione anche a tutte quelle “tradizioni” che hanno permesso a molte generazioni di esprimere ciò che avevano nel cuore. Avvicinandosi la festa della Assunzione della Beata Vergine Maria, cerchiamo di riflettere e di interrogarci sul modo che anche noi possiamo avere per esprimere la nostra fede mariana e la nostra devozione alla Vergine Santa. Sarà anche questa perseveranza di fede a sostenere il nostro pellegrinaggio interiore e la vita della nostra anima.