Settimana in albis – Lunedì
Il nostro Arcivescovo ci suggerisce, per questo tempo di Pasqua iniziato ieri, di saper vedere nelle scritture, “tutto ciò che si riferisce a Lui”.
Atti
At 3, 17-24
Lettura degli Atti degli Apostoli
In quei giorni. Pietro disse al popolo: «Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire. Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del Signore ed egli mandi colui che vi aveva destinato come Cristo, cioè Gesù. Bisogna che il cielo lo accolga fino ai tempi della ricostituzione di tutte le cose, delle quali Dio ha parlato per bocca dei suoi santi profeti fin dall’antichità. Mosè infatti disse: “Il Signore vostro Dio farà sorgere per voi, dai vostri fratelli, un profeta come me; voi lo ascolterete in tutto quello che egli vi dirà. E avverrà: chiunque non ascolterà quel profeta, sarà estirpato di mezzo al popolo”. E tutti i profeti, a cominciare da Samuele e da quanti parlarono in seguito, annunciarono anch’essi questi giorni».
Corinzi
1Cor 5, 7-8
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità.
Vangelo
Lc 24, 1-12
✠ Lettura del vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il primo giorno della settimana, al mattino presto le donne si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: “Bisogna che il Figlio dell’uomo sia con segnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno”». Ed esse si ricordarono delle sue parole e, tornate dal sepolcro, annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo. Anche le altre, che erano con loro, raccontavano queste cose agli apostoli. Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano ad esse. Pietro tuttavia si alzò, corse al sepolcro e, chinatosi, vide soltanto i teli. E tornò indietro, pieno di stupore per l’accaduto.
Un atteggiamento da avere.
Forse rimaniamo un po’ colpiti nel leggere queste scritture, perché vi è in esse un continuo rimando alla passione del Signore.
Prendiamo la prima lettura. Pietro, parlando con franchezza e con molta verità, ricorda che: “il Cristo doveva soffrire”. Anzi, precisa che: “Dio ha così compiuto tutto ciò che aveva preannunziato per bocca dei profeti”. Può sembrarci perfino strano che, il giorno dopo la S. Pasqua, mentre risuona l’alleluja pasquale, di fatto le scritture ci rimandino ancora ad un tema perfettamente quaresimale.
Oppure nella seconda lettura leggiamo: “Cristo nostra Pasqua è stato immolato!”. Ancora un riferimento al venerdì santo, ancora un riferimento alla passione, alla morte, all’immolazione volontaria che abbiamo commentato nei giorni scorsi.
Ancora nel Vangelo leggiamo le parole dell’Angelo: “bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno”. Anche la parole dell’Angelo alle donne che sono venute al sepolcro per compiere un ulteriore rito di sepoltura e di morte, sembrano riportarle indietro nel tempo proprio mentre sono lì davanti all’attestato della risurrezione: il sepolcro vuoto.
Ecco il primo atteggiamento da avere in questi giorni di Pasqua: non possiamo e non dobbiamo dimenticare i giorni da cui veniamo, la sofferenza contemplata sul volto di Cristo, il dolore sovraumano provato sulla Croce. Pasqua non cancella la storia precedente! Pasqua indica la prospettiva dalla quale rileggere la passione del Signore e, in essa, la malattia e il dolore dell’uomo, come qualsiasi sua altra sofferenza. Pasqua dice la dimensione nella quale collocare la riflessione sulle cose della vita, compresa la sofferenza, il dolore, il non senso che scopriamo in numerosi giorni della nostra esistenza.
Il giorno del lunedì in Albis ci chiede di avere un atteggiamento spirituale indispensabile, necessario alla giornata di oggi: il desiderio di sostare ancora con il Signore per continuare a contemplare le sue sofferenze alla luce della sua gloriosa risurrezione. Pasqua non cancella immediatamente, con un banale colpo di spugna tutto ciò che c’è stato prima. Pasqua rende vero ciò che l’ha preceduta. Pasqua di Risurrezione significa non già cancellare il passato ma comprendere il suo senso profondo.
È questa la spiritualità di questo giorno “in Albis”, di questo giorno in cui, continuando a fare memoria della Pasqua di Cristo e del Battesimo ricevuto, possiamo ritornare a comprendere il senso delle difficoltà della vita.
Per noi
Credo proprio che da questa riscoperta di un atteggiamento spirituale possibile, derivi, per noi tutti, il senso di questo giorno: noi siamo chiamati a non cancellare le cose della nostra storia, del nostro passato, nemmeno quelle che più ci bruciano, più ci feriscono, più ci danno noia e ci addolorano. Noi siamo chiamati a dare senso al dolore, alla sofferenza, alle cose di cui non sappiamo scoprire il significato guardando al Signore che, risorgendo, non dimentica, non cancella la sua sofferenza, ma rende pieno il senso di quel dolore e delle atrocità subite. Noi siamo chiamati a vivere così la nostra esistenza, pienamente consapevoli che solo il Signore dà senso ai nostri giorni, alle cose che capitano, alle cose che perfino ci sfuggono e delle quali non capiamo il senso. Molti di noi, oggi, avranno le stesse sofferenze e le stesse preoccupazioni dell’altro ieri. Non sono passate magicamente con la Pasqua! Non è questo, infatti, il senso della celebrazione. Piuttosto dovremmo dire questo: noi, come le donne al sepolcro, “torniamo indietro”, cioè continuiamo la nostra vita con una consapevolezza che deve sempre più radicarsi in noi: Cristo è vivo, Cristo è presente nella mia vita, a Cristo posso affidare le mie gioie e i miei dolori. Se Cristo è risorto, allora Cristo è con me. Lui che comanda ai discepoli di “tornare in Galilea”, cioè di tornare alle cose della vita comune, della vita quotidiana, raccomanda anche a me di averlo con sé nelle cose dell’esistenza, nelle cose di tutti i giorni, nelle cose che capitano in bene e in male. Se avremo questa consapevolezza, noi vivremo in modo diverso la Pasqua, perché comprenderemo che non è una celebrazione accanto ad altre celebrazioni, non è un rito accanto ad altri riti, ma è la celebrazione della presenza di Cristo in mezzo a noi.
In secondo luogo, da questo necessario atteggiamento spirituale, deriva che noi siamo invitati a rileggere la nostra storia proprio a partire dalla risurrezione di Cristo. Le donne, i discepoli, coloro che hanno ricevuto l’annuncio della Pasqua, fanno questo: rileggono la loro storia, rileggono la loro esperienza spirituale, proprio a partire dalla consapevolezza che Cristo è risorto, che Cristo è presente in mezzo a loro, per sempre. Quest’anno credo che tutti noi possiamo rileggere in modo diverso la nostra storia, anche alla luce della quaresima così profondamente diversa dal solito e così segnata dalla mancanza di raduni, celebrazioni, ma anche di rapporti per la nostra vita civile e sociale. Siamo chiamati a capire che anche queste realtà che mettono a dura prova la nostra esistenza hanno un senso. Siamo chiamati a vedere come la vicinanza di Dio sostiene i nostri giorni e ci chiama a conversione. Cercare di continuare a comprendere il mistero di dolore e di sofferenza che continua a riproporsi al mondo, significa anche questo: imparare a rileggere la storia di Cristo a partire dalla storia che viviamo in questo mondo.
A Cristo risorto, a Cristo che ha promesso di essere sempre con noi tutti i giorni, affidiamo la nostra speranza, affidiamo il nostro desiderio di riprenderci dalla difficilissima situazione di quest’anno, il nostro desiderio di risorgere, senza cancellare ciò che è stato, quasi fosse solo un brutto ricordo, una storia che non ci deve riguardare più. Rileggiamo questa nostra situazione, comprendiamo la fragilità dell’uomo. Quella fragilità che anche Cristo ha sperimentato sulla Croce e comprendiamo che solo se riusciremo a fare questo, non solo in questa occasione, ma sempre, riusciremo a sperimentare quella gioia che è la gioia di Pasqua. La gioia che non cancella ciò che è stato e il dolore dell’uomo, ma che dà senso e compimento anche a ciò che non riusciamo a comprendere e capire.