Venerdì 13 novembre

Ultima settimana dell’anno – Venerdì

Apocalisse

Ap 22, 6-13
Lettura del libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

In quel giorno. Colui che parlava mi disse: «Queste parole sono certe e vere. Il Signore, il Dio che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi le cose che devono accadere tra breve. Ecco, io vengo presto. Beato chi custodisce le parole profetiche di questo libro». Sono io, Giovanni, che ho visto e udito queste cose. E quando le ebbi udite e viste, mi prostrai in adorazione ai piedi dell’angelo che me le mostrava. Ma egli mi disse: «Guàrdati bene dal farlo! Io sono servo, con te e con i tuoi fratelli, i profeti, e con coloro che custodiscono le parole di questo libro. È Dio che devi adorare». E aggiunse: «Non mettere sotto sigillo le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino. Il malvagio continui pure a essere malvagio e l’impuro a essere impuro e il giusto continui a praticare la giustizia e il santo si santifichi ancora. Ecco, io vengo presto e ho con me il mio salario per rendere a ciascuno secondo le sue opere. Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine».

Come sappiamo il venerdì è l’ultimo giorno nel quale leggiamo le scritture che ci vengono proposte settimanalmente dalla Chiesa Ambrosiana. Il sabato ha un altro ordine di scritture, tipico del giorno della vigilia. Oggi l’Apocalisse, che abbiamo letto in questa ultima sezione del tempo liturgico, ci sta dicendo che se vogliamo giungere alla vita eterna, abbiamo necessariamente bisogno di avere uno sguardo limpido sul mistero di Dio e una sapienza che viene dal saper conservare le parole che Dio rivela agli uomini. È questo il senso dell’invito che San Giovanni riceve a non “mettere sotto sigillo le parole di questa rivelazione”. Come dire: queste parole sono per tutti.

Ecco, dunque, il primo atteggiamento di sapienza che ci viene proposto in questa fine dell’anno liturgico: custodire quella Parola di Dio che rende vera, bella, sapiente la nostra vita. Questa sapienza è già anche un segnale per il tempo di avvento. In avvento siamo chiamati a fare tesoro di quella parola che diventa come una luce che splende nelle tenebre e che chiama alla salvezza. Ecco il senso di questo invito alla sapienza che ci viene proposto nell’ultima settimana dell’anno.

Vangelo

Mt 25, 31-46
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Insieme alla sapienza della carità. Abbiamo letto questo Vangelo anche l’altro giorno, nella festa di San Martino. La sapienza di questa pagina non è tanto quella di invitarci ad operare senza sapere bene il senso di ciò che facciamo, quanto, piuttosto, quella di farci comprendere che dentro il bene che gli uomini sanno fare, per quanto piccolo o minuscolo sia, c’è già la presenza di Dio. Matteo ci dice che la sapienza di Dio è questa: risiedere nelle cose piccole, come possono essere tutte quelle opere di misericordia che sono citate in questo Vangelo. Un uomo non crede che dare da mangiare o da bere o vestire un povero sia divino. È cosa troppo modesta, è cosa troppo piccola. Eppure, la sapienza di Dio consiste proprio in questo. Dio si cela nelle cose piccole, anzi in quelle minime. Ecco perché gli atti minimi della vita dell’uomo, quelli più abituali, ricorrenti, normali, possono diventare un luogo dove si rivela la presenza di Dio e dove l’uomo costruisce quel cammino di santità che viene proposto a tutti.

La sapienza di Dio sta proprio in questo: Dio costruisce cammini di santità dove gli uomini vedono cose normali. Dove per gli uomini ci sono azioni semplici, modeste, legate alla ripetitività e anche alla monotonia dei giorni, Dio vede cose divine e lì costruisce cammini di autentica santità.

Per noi

Credo che questo sia proprio il modo più bello per entrare nel tempo di Avvento. Sapere che Dio che torna a visitare l’umanità è il Dio che si prende cura delle cose minime della vita dell’uomo, sapere che il nostro Dio è colui che costruisce cammini di santità lì dove l’uomo vede solo cose normali e banali della storia, diventa occasione per dire che Dio è davvero colui che cammina con l’uomo e che lo attira a sé. Il tempo dell’anno liturgico che si chiude, diventa davvero un’occasione singolare per sentirci chiamati a quella santità di vita che è proposta a tutti dal Signore che, di nuovo e continuamente, torna a visitare l’umanità.

Si chiuda questo anno liturgico ma non cessi il nostro desiderio di conoscere il Signore e di vivere in comunione con Lui, autore di ogni santità di vita.

2020-11-06T12:36:26+01:00