Giovedì 12 novembre

Ultima settimana dell’anno – Giovedì

Apocalisse

Ap 22, 1-5
Lettura del libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

In quel giorno. Colui che parlava mi mostrò un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall’altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all’anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni. E non vi sarà più maledizione. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello: i suoi servi lo adoreranno; vedranno il suo volto e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà. E regneranno nei secoli dei secoli.

San Giosafat, Vescovo e martire, è certamente molto meno conosciuto di San Martino, eppure la sua storia è affascinante. È la storia di un uomo sapiente che ha saputo rendere così accessibile la speranza della fede cristiana che, molti, passavano da altre confessioni religiose a quella cristiana. Fu così che egli venne soprannominato: “il rapitore delle anime”.

Apocalisse.

Certo, se Giosafat fece questo e meritò questo titolo è perché aveva in cuore quella contemplazione che ci ha ispirato il libro dell’Apocalisse: la visione della città eterna. Diceva San Giovanni che la città eterna è tutta realizzata attorno ad un fiume che permette di avere 12 raccolti all’anno. Ovviamente, come in tutte le visioni dell’Apocalisse, si tratta di un simbolo. Un simbolo di vita. Giovanni se ne serve per dire che nella vita eterna, nella Gerusalemme celeste, c’è solo vita. Poichè Cristo è tutto in tutti, poiché la grazia di Dio è come un fiume che non si esaurisce mai, la vita eterna è tutta un continuo fiorire. Non c’è spazio altro che per la vita. Ogni cosa che, nel tempo, si è opposta alla vita, nella vita eterna non c’è. C’è solo il fiume della grazia che feconda ogni cosa e che rende possibile la vita perfetta. Quella vita che non conosce dolore, sofferenza, morte… tutto è un inno alla vita.

Una seconda immagine è quella della luce. La vita eterna è luce. La luce di Dio sarà tutto in tutti. Ecco perché non ci sarà bisogno di altro. Ecco perché non ci sarà alcun bisogno di ricorrere a quelle cose che, adesso, riscuotono la nostra attenzione. Dio sarà già tutto in tutti, non ci sarà desiderio di altro né spazio per altro.

Una terza immagine è quella del trono dell’Agnello che governa su tutti e che da tutti è contemplato. È un’altra immagine per dire che, nella vita eterna, c’è spazio solo per Dio. Non ci sono più le rovine dell’uomo perché non c’è più spazio per altro che non sia Dio. Poiché Dio è la fonte di ogni bene, ecco perché nella vita eterna non c’è altro che bene. Il bene da cercare nella vita terrena diventa bene eternamente posseduto nella vita eterna.

Fu questa la visione di fede di San Giosafat, fu questa la visione di gloria alla quale San Giosafat tenne sempre grande fedeltà. Per questo fu predicatore sapiente. Per questo è il rapitore delle anime. Conquistò alla medesima visione di gloria le anime degli uomini che lo ascoltarono.

Vangelo

Mt 25, 14-30
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

Giosafat arrivò alla vita eterna perché seppe trafficare bene i suoi talenti, mettendo tutto sé stesso e applicandosi totalmente al bene e alla salvezza delle anime. Come insegna il Vangelo. Il permanere con Cristo, l’entrare nella comunione con il re che ha affidato a tutti i suoi servi i suoi talenti, è subordinato a far fruttare i talenti stessi che si sono ricevuti. Non c’è altro modo, per entrare nella vita eterna, se non quello di essere attenti e assidui nel cercare di mettere sempre a frutto tutto ciò con cui siamo stati benedetti. Fu questa un’ulteriore capacità di San Giosafat e un aspetto principale della sua regola ci vita. Egli seppe sempre mettere a frutto tutto ciò con cui era stato benedetto perché sapeva che solo facendo fruttare i propri talenti sarebbe entrato nella comunione perfetta con Dio, così anche insegnò ad altri, sottratti alla pigrizia e alla paura proprio dalle sue parole.

Per noi

  • La visione della città celeste sa attirare i nostri sguardi e i nostri cuori?
  • Siamo così certi della meta da poter dirigere con fiducia il nostro cammino lì dove è il nostro cuore?

Mentre sta per terminare questa settimana, cerchiamo di vivere con attenzione il tempo che ci viene donato, perché è tempo utile per mettere a frutto tutti quei talenti che la nostra vita possiede e che sono stati donati a noi da Cristo, termine della nostra esistenza, origine di tutto il bene che c’è in noi.

2020-11-06T12:33:02+01:00