Domenica 16 gennaio

2° domenica dopo l’Epifania

Per introdurci

Vorrei rileggere con voi, in queste domeniche che ci porteranno alla festa della Santa Famiglia che celebreremo l’ultima domenica del mese, le pagine del Vangelo che la Chiesa ci dona, tutte molto note, cercando di trarre qualche spunto di riflessione per la famiglia. Lo spunto mi viene soprattutto dal Vangelo di oggi, quello delle nozze di Cana, che vede unita la famiglia di Gesù nel suo primo miracolo. Famiglia di Gesù unita in un duplice senso: è presente Maria, la Madre. Giuseppe deve essere già morto, come si ritiene. Sono presenti i discepoli, quella “famiglia”, se così vogliamo definirla, che Gesù ha formato. È in questo contesto duplicemente familiare che Gesù inizia la sua attività ministeriale e inizia la “serie” dei suoi miracoli.

Ester

Est 5, 1-1c. 2-5
Lettura del libro di Ester

Il terzo giorno, quando ebbe finito di pregare, Ester si tolse gli abiti servili e si rivestì di quelli sontuosi. Fattasi splendida, invocò quel Dio che su tutti veglia e tutti salva, e prese con sé due ancelle. Su di una si appoggiava con apparente mollezza, mentre l’altra la seguiva sollevando il manto di lei. Era rosea nel fiore della sua bellezza: il suo viso era lieto, come ispirato a benevolenza, ma il suo cuore era oppresso dalla paura. Attraversate tutte le porte, si fermò davanti al re. Egli stava seduto sul suo trono regale e rivestiva i suoi ornamenti ufficiali: era tutto splendente di oro e di pietre preziose e aveva un aspetto che incuteva paura. Alzato lo scettro d’oro, lo posò sul collo di lei, la baciò e le disse: «Parlami!». Gli disse: «Ti ho visto, signore, come un angelo di Dio e il mio cuore è rimasto sconvolto per timore della tua gloria: tu sei ammirevole, signore, e il tuo volto è pieno d’incanto». Mentre parlava, cadde svenuta; il re si turbò e tutti i suoi servi cercavano di rincuorarla. Allora il re le disse: «Che cosa vuoi, Ester, e qual è la tua richiesta? Fosse pure metà del mio regno, sarà tua». Ester rispose: «Oggi è un giorno speciale per me: se così piace al re, venga egli con Amàn al banchetto che oggi io darò». Disse il re: «Fate venire presto Amàn, per compiere quello che Ester ha detto». E ambedue vennero al banchetto di cui aveva parlato Ester.

Efesini

Ef 1, 3-14
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini

Fratelli, benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra. In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo. In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria.

Vangelo

Gv 2, 1-11
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela ». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Esserci

Anzitutto il Vangelo ci dice con semplice chiarezza: “c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli”. Sembrerebbero particolari redazionali dell’evangelista, una sorta di introduzione per passare, poi, all’opera in sé. Sicuramente possiamo anche interpretare in questo senso storico, eppure credo che l’evangelista Giovanni, sempre attento ai particolari e alla loro interpretazione teologica, ci stia segnalando l’importanza di quella presenza. L’importanza della presenza sia dei discepoli, che assistono al miracolo del Signore, sia quella della Madre che, in qualche modo, interviene nella scena e chiede un’opera di attenzione per quegli sposi a suo figlio. Così Giovanni ci dice che Dio è sempre presente nella scena di vita degli uomini.

Rispettare i tempi

Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora?”. Così prosegue la scena del Vangelo, con questa risposta del Signore alla Madre che chiede un interessamento per quella coppia che sta celebrando il proprio matrimonio. Non propriamente una risposta sgarbata, anche se sembra tale, ma un richiamo al rispetto dei tempi di ciascuno. Gesù richiama questa verità per sé: non è ancora l’ora della sua manifestazione, ma anche per gli altri: ciascuno ha la sua vita, fatta anche di attese, di tempi lunghi, di ritardi, a volte. Anche la vita di quegli sposi è così: ha i suoi tempi, i suoi momenti lunghi, le sue attese. Perfino Dio, il Dio che si è fatto uomo, il Dio che si è incarnato, rispetta questa legge dei tempi e delle attese.

Il discernimento

Fatto questo che non colloca Maria fuori gioco. Gesù non rimanda al posto una madre importuna, anzi, accoglie quell’invito al discernimento che Maria stessa pronuncia. “qualsiasi cosa vi dica, fatela!”. Un duplice invito: anzitutto quello di cercare, di riconoscere cosa c’è bisogno di fare. Il secondo invito, quello di mettersi all’opera, il fare non per il gusto del fare in sé, ma quel fare che viene illuminato dal discernimento. È così che Maria prepara sé stessa a capire cosa Gesù farà ma è anche così che Maria chiede a tutti i presenti, e soprattutto ai servitori, di disporsi ad accogliere l’opera che Gesù farà. Con il suo affetto di Madre e con la sua intuizione spirituale, ella è certa che qualcosa accadrà.

Nella normalità

“Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione dei Giudei”. Ancora un particolare redazionale sulla scena. Cosa c’è di più normale che trovare anfore di pietra, in un luogo dove non c’è acqua corrente, se occorre lavarsi? Anfore di pietra, pesanti, ma del resto il loro uso non era nobile, anzi, rimandava a qualcosa di normale, di quotidiano, di semplice. È proprio a partire da queste anfore che nasce il miracolo. È proprio da quest’acqua per un uso comune che Gesù trae spunto per il suo intervento. È dalla normalità della vita, ci dice Giovanni, che nascono cose miracolose. È dal lavoro quotidiano, con le sue fatiche, come lo è spostare 6 anfore di pietra con 80/120 litri di acqua, che possono nascere cose grandi.

Le sorprese di Dio non finiscono mai

Così irrompe sulla scena un miracolo. Un miracolo, il primo che apre l’interrogativo a tante domande: proprio in una famiglia e per una famiglia il Signore doveva fare il suo primo miracolo? Proprio una scena privata doveva scegliere? Perché non qualcosa di più appariscente e aperto al pubblico? Era proprio necessario fare questo miracolo dell’acqua che diventa vino? Non è una cosa superflua? E poi che fine hanno fatto gli sposi di Cana, dal momento che non compare più la loro presenza in tutto il Vangelo? o forse anche altri interrogativi che ci portiamo dentro. Eppure è proprio così: il miracolo, il primo miracolo del Signore avviene per una famiglia, sollecitato da una famiglia, alla presenza della propria famiglia, ed è un miracolo che sa di cose quotidiane.

Per noi

Credo che questa narrazione non sia solo tale, una narrazione, appunto, ma sia molto di più, ci dica come si sta in famiglia e credo che ci sia davvero da riflettere. Con queste indicazioni:

ESSERCI. In famiglia siamo chiamati ad essere presenti. Occorre essere lì, se vogliamo goderci le cose belle della famiglia, sopportando anche i pesi che ne derivano, certo, come è per tutti, ma occorre esserci. Noi siamo davvero presenti nelle nostre famiglie? Ho in mente famiglie dove i componenti sono presenti gli uni accanto agli altri, ma, appunto, come coabitanti, non come membri di una famiglia che prendono parte gli uni alle vicende degli altri. Per estraniarsi non occorre nemmeno andarsene: basta uno dei mondi virtuali che possiamo sempre accendere per estraniarci, per non essere più presenti, per non ascoltare, per essere altrove. La famiglia cristiana, invece, decide di essere sempre presente! Con pazienza, ascolto, partecipazione.

RISPETTARE I TEMPI. Rispettando i tempi di ciascuno, occorre dire. Quante volte ciascuno ha i suoi tempi e vorrebbe che tutti andassero alla stessa velocità. Quante volte gli altri, il figlio, la moglie, il marito, i genitori, hanno tempi diversi dai nostri! Quanta fatica ad accettarlo! Ma è così! Ciascuno deve arrivare alla meta ma con il suo metodo, con i suoi tempi. Non è possibile fare altrimenti, ed è vera sapienza il saper rispettare i tempi di tutti. Così che le cose sappiano non di forzatura, non di obbligo, ma di progressiva presa di coscienza, di progressiva partecipazione. Anche se l’attesa, talvolta, può non finire mai e anche quando non si vedranno i risultati della propria attesa. La famiglia cristiana sa rispettare i tempi di ciascuno.

Discernimento e vita. Qualche volta noi non sappiamo bene cosa fare, come fare. Come Maria, che non sapeva cosa avrebbe fatto Gesù e come lo avrebbe fatto. Anch’ella si è disposta al discernimento. Accade oggi che la parola “discernimento” sia una delle parole più usate. Ma poi facciamo davvero discernimento? Cosa vuol dire discernere cristianamente? Significa mettersi a riflettere, a pensare su cosa sia meglio non solo dal punto di vista umano, ma anche, o forse soprattutto, domandandoci cosa Dio chiede a noi, nelle diverse situazioni di vita che dobbiamo sostenere e affrontare. Se è vero che nulla capita a caso nella vita di ciascun uomo, allora è vero che in ogni situazione occorre discernere, cioè chiedersi cosa Dio ci stia dicendo, cosa ci stia comunicando e cosa ci sia anche richiesto. Il discernimento nasce solo dove la fede e la preghiera sono intensi. La famiglia cristiana vive sempre un discernimento autentico.

Nella normalità. Il Vangelo ci dice che una famiglia cresce, sceglie, vive, lotta, soffre, prega, spera, nella normalità di ogni giorno e non nelle situazioni straordinarie. Mi pare che oggi si tenda a sottolineare maggiormente l’importanza dei momenti straordinari rispetto a quelli ordinari. Forse è complice il nostro tempo e la situazione che stiamo vivendo. Il vangelo, con forte realismo ci ricorda che è nella ferialità, è nella normalità delle situazioni che nascono le cose grandi della vita. La famiglia cristiana valorizza i momenti ordinari dell’esistenza e trova in essi il senso della propria vita.

Infine, mi pare proprio che a ciascuna delle nostre famiglie, venga detto che le soprese di Dio non finiscono mai e che c’è sempre qualcosa di bello, di grande che si cela nei contesti semplici delle nostre vite. Soprattutto credo che il vangelo di oggi ci stia dicendo che tutti siamo chiamati a scoprire come la gioia del Vangelo può riaccendere il gusto per la vita e per le cose semplici. Credo che, se in molte famiglie, tutto questo è assente, è per via di una perdita della fede. Dove manca la fede, dove manca la grazia del Vangelo, tutto diventa peso, routine, perdita della gioia. Solo un recupero della fede, solo una sensibilità evangelica forte potrà riportarci a vivere bene ciò che il Signore chiede a ciascuno di noi.

Chiedo quindi ad ogni famiglia di imparare da questo Vangelo un vero e proprio metodo di vita. Solo così potremo e riusciremo a dare prova della nostra identità di famiglie cristiane e, quindi diverse, esemplari. Non per orgoglio, ma consapevoli di cosa ci è chiesto da Dio, dalla Chiesa, dal mondo stesso.

2022-01-16T20:52:07+01:00