Feria prenatalizia 1
La spiritualità delle ferie prenatalizie
Le ferie prenatalizie, o “ferie dell’accolto”, hanno una spiritualità particolare, con le tre differenti storie che ci presenteranno ogni giorno: la storia di Rut, la storia di Ester e i Vangeli dell’infanzia. Abbiamo già commentato negli anni scorsi queste tre storie singolarmente. Quest’anno vorrei riprenderle un po’ in sintesi per trovare atteggiamenti di preghiera che ci possono essere utili in questi ultimi giorni in attesa del Natale e in preparazione alla festa. Sorretti da queste Scritture vedremo diverse forme di preghiera:
feria prenatalizia 1: la preghiera dell’afflizione;
feria prenatalizia 2: la preghiera dei poveri;
feria prenatalizia 3: la preghiera quando tutto va bene;
feria prenatalizia 4: la preghiera di benedizione a Dio che sostiene gli oppressi;
feria prenatalizia 5: la preghiera di lode: il Benedictus;
feria prenatalizia 6: la preghiera di ringraziamento;
vigilia di Natale: la preghiera di chi attende.
Sette atteggiamenti di preghiera che potranno esserci utili, giorno per giorno, per ultimare questa preparazione al Natale.
La Parola di Dio per questo giorno
RUT 1, 1-14
Inizia la lettura del libro di Rut
Al tempo dei giudici, ci fu nel paese una carestia e un uomo con la moglie e i suoi due figli emigrò da Betlemme di Giuda nei campi di Moab. Quest’uomo si chiamava Elimèlec, sua moglie Noemi e i suoi due figli Maclon e Chilion; erano Efratei, di Betlemme di Giuda. Giunti nei campi di Moab, vi si stabilirono. Poi Elimèlec, marito di Noemi, morì ed essa rimase con i suoi due figli. Questi sposarono donne moabite: una si chiamava Orpa e l’altra Rut. Abitarono in quel luogo per dieci anni. Poi morirono anche Maclon e Chilion, e la donna rimase senza i suoi due figli e senza il marito. Allora intraprese il cammino di ritorno dai campi di Moab con le sue nuore, perché nei campi di Moab aveva sentito dire che il Signore aveva visitato il suo popolo, dandogli pane. Partì dunque con le due nuore da quel luogo ove risiedeva e si misero in cammino per tornare nel paese di Giuda. Noemi disse alle due nuore: «Andate, tornate ciascuna a casa di vostra madre; il Signore usi bontà con voi, come voi avete fatto con quelli che sono morti e con me! Il Signore conceda a ciascuna di voi di trovare tranquillità in casa di un marito». E le baciò. Ma quelle scoppiarono a piangere e le dissero: «No, torneremo con te al tuo popolo». Noemi insistette: «Tornate indietro, figlie mie! Perché dovreste venire con me? Ho forse ancora in grembo figli che potrebbero diventare vostri mariti? Tornate indietro, figlie mie, andate! Io sono troppo vecchia per risposarmi. Se anche pensassi di avere una speranza, prendessi marito questa notte e generassi pure dei figli, vorreste voi aspettare che crescano e rinuncereste per questo a maritarvi? No, figlie mie; io sono molto più amareggiata di voi, poiché la mano del Signore è rivolta contro di me». Di nuovo esse scoppiarono a piangere. Orpa si accomiatò con un bacio da sua suocera, Rut invece non si staccò da lei.
SALMO Sal 9
Renderò grazie al Signore con tutto il cuore.
Gioirò ed esulterò in te,
canterò inni al tuo nome, o Altissimo.
Il Signore sarà un rifugio per l’oppresso,
un rifugio nei momenti di angoscia. R
Confidino in te
quanti conoscono il tuo nome,
perché tu non abbandoni chi ti cerca, Signore. R
Cantate inni al Signore,
che abita in Sion,
narrate le sue imprese tra i popoli. R
ESTER 1, 1a-1r. 1-5. 10a. 11-12; 2, 1-2. 15-18
Inizia la lettura del libro di Ester
Nel secondo anno di regno del grande re Artaserse, il giorno primo di Nisan, Mardocheo, figlio di Giàiro, figlio di Simei, figlio di Kis, della tribù di Beniamino, ebbe in sogno una visione. Egli era un Giudeo che abitava nella città di Susa, un uomo ragguardevole, che prestava servizio alla corte del re e proveniva dal gruppo degli esuli che Nabucodònosor, re di Babilonia, aveva deportato da Gerusalemme con Ieconia, re della Giudea. Questo fu il suo sogno: ecco, grida e tumulto, tuoni e terremoto, sconvolgimenti sulla terra. Ed ecco: due enormi draghi avanzarono, tutti e due pronti alla lotta, e risuonò potente il loro grido. Al loro grido ogni nazione si preparò alla guerra, per combattere contro il popolo dei giusti. «Ecco, un giorno di tenebre e di caligine! Tribolazione e angustia, afflizione e grandi sconvolgimenti sulla terra!» Tutta la nazione dei giusti rimase sconvolta: essi, temendo la propria rovina, si prepararono a morire e levarono a Dio il loro grido. Ma dal loro grido, come da una piccola fonte, sorse un grande fiume con acque abbondanti. Apparvero la luce e il sole: gli umili furono esaltati e divorarono i superbi. Mardocheo allora si svegliò: aveva visto questo sogno e quello che Dio aveva deciso di fare; in cuor suo continuava a ripensarvi fino a notte, cercando di comprenderlo in ogni suo particolare. Mardocheo alloggiava alla corte con Gabatà e Tarra, i due eunuchi del re che custodivano la corte. Intese i loro ragionamenti, indagò sui loro disegni e venne a sapere che quelli si preparavano a mettere le mani sul re Artaserse. Allora ne avvertì il re. Il re sottopose i due eunuchi a un interrogatorio: essi confessarono e furono tolti di mezzo. Poi il re fece scrivere questi fatti nelle cronache e anche Mardocheo li mise per iscritto. Il re costituì Mardocheo funzionario della corte e gli fece regali in compenso di queste cose. Ma vi era anche Amàn, figlio di Amadàta, il Bugeo, che era molto stimato presso il re e cercò il modo di fare del male a Mardocheo e al suo popolo, per questa faccenda che riguardava i due eunuchi del re. Dopo queste cose, [al tempo di Artaserse – quell’Artaserse che regnava dall’India sopra centoventisette province –, proprio in quel tempo il re Artaserse, che regnava nella città di Susa, l’anno terzo del suo regno fece un banchetto per gli amici e per quelli delle altre nazionalità, per i nobili dei Persiani e dei Medi e per i prefetti delle province. Dopo aver mostrato loro le ricchezze del suo regno e il fasto attraente della sua ricchezza per centottanta giorni, quando si compirono i giorni delle nozze, il re fece un banchetto per i rappresentanti delle nazioni che si trovavano nella città, per sei giorni, nella sala della reggia. Il settimo giorno il re, euforico per il vino, ordinò di far venire davanti a lui la regina per intronizzarla, ponendole sul capo il diadema, e per mostrare ai prìncipi e alle nazioni la sua bellezza: era infatti molto bella. Ma la regina Vasti rifiutò di andare con gli eunuchi. Il re ne fu addolorato e irritato. Dopo questi fatti, l’ira del re si placò ed egli non si ricordò più di Vasti, avendo presente quello che lei aveva detto e come egli l’aveva ormai condannata. Dissero allora i servi del re: «Si cerchino per il re fanciulle incorrotte e belle». Quando per Ester, figlia di Aminadàb, fratello del padre di Mardocheo, si compì il tempo di entrare dal re, ella nulla tralasciò di quello che le aveva ordinato l’eunuco, il custode delle donne; Ester infatti trovava grazia presso tutti quelli che la vedevano.] Ester entrò dal re Artaserse nel dodicesimo mese, chiamato Adar, l’anno settimo del suo regno. Il re si innamorò di Ester: ella trovò grazia più di tutte le fanciulle e perciò egli pose su di lei la corona regale. Poi il re fece un banchetto per tutti i suoi amici e i potenti per sette giorni, volendo solennizzare così le nozze di Ester; condonò pure i debiti a tutti quelli che erano sotto il suo dominio.
VANGELO Lc 1, 1-17
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccaria, della classe di Abia, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni. Avvenne che, mentre Zaccaria svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l’offerta dell’incenso. Fuori, tutta l’assemblea del popolo stava pregando nell’ora dell’incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore. Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto».
L’afflizione di Noemi
Noemi, così come ci viene presentata in questo inizio della storia, è la preghiera di una donna afflitta. Ha i suoi motivi: ha lasciato la sua casa, la sua patria, Betlemme, per andare con il marito in cerca di una fortuna che non ha trovato. È una madre che ha avuto due figli, ha sognato il loro futuro, ha gioito per i loro matrimoni, ma, nel giro di poco tempo, ha perso non solo il marito ma anche i due figli, senza avere avuto nipoti. La sua afflizione è quella di una donna che è rimasta sola. Noemi sa bene che alle nuore sarà possibile riprendersi la vita in mano, risposarsi, guardare ancora al futuro. Per lei no! Ci sarà solo afflizione. L’afflizione di una che è andata via dalla propria città in cerca di fortuna e torna “vuota”, “amareggiata”; l’afflizione di una donna che torna sola, l’afflizione di una donna che torna per suscitare compassione in qualche parente che l’aiuti in attesa della morte.
Una donna afflitta che prega così: “Il Signore usi bontà con voi, come con quelli che sono morti e con me! Il Signore conceda a ciascuna di trovare tranquillità in casa di un marito!”. Noemi, anche se dice: “la mano del Signore è contro di me”, è una donna che sa che Dio usa benevolenza con coloro che ama. Noemi sa che Dio accompagna la vicenda dei giorni, sa che come le è stato vicino nei giorni della gioventù, nei giorni del sogno, nei giorni della progettazione della vita, le è vicino anche in questi giorni, i giorni del lutto, del dolore, della sofferenza, della solitudine. Ella sa che queste realtà della vita accompagnano i giorni dell’uomo, riconosce che quello che le è capitato avviene comunque sotto la volontà di Dio, professa la sua fede nella presenza di Dio che accompagna i suoi giorni, nonostante tutto. La preghiera di Noemi è una preghiera bellissima, forte, appassionata, la preghiera di una donna che si rimette nelle mani di Dio per quanto riguarda il suo futuro, la preghiera di una donna che sa anche avere un’intenzione per gli altri, per le nuore che l’accompagnano. Una preghiera che parafrasa le parole del Padre nostro: “sia fatta la tua volontà”.
Vangelo
Il Vangelo ci presenta un’altra preghiera nell’afflizione. È quella di Zaccaria. Un uomo di fede, un sacerdote! Un uomo che ha pregato mille volte per avere un figlio, insieme alla moglie Elisabetta, ma senza ottenerlo. La sua è una preghiera costante, una preghiera comunque dotata di una sua fortezza. Una preghiera però stanca, tanto che quando Zaccaria vede l’Angelo e lo sente parlare, non ha nessun fremito, se non quello del dubbio. Zaccaria dubita di ciò che l’angelo dice pensando alle sue potenzialità fisiche, a quelle di sua moglie, ormai avanti negli anni. Sa bene che una maternità, alla loro età, è impossibile, forse anche pericolosa! La sua preghiera è la preghiera di un afflitto che ha perso la speranza. Invece di esultare di gioia, invece di constatare che la sua perseveranza nella preghiera è stata premiata, Zaccaria, in cuor suo, dubita. “Si turbò e fu preso da timore”, diceva il testo. Un uomo di fede può anche essere preso dal timore e rimanere turbato. È fatta anche di queste cose la preghiera degli afflitti.
Pregare quando si è afflitti
A molti di noi capitano o sono capitate le stesse cose. Ci sono molte coppie che, pur desiderandone, non hanno avuto figli. Ci sono molte coppie che, pur attendendo, non hanno avuto risposta. Ci sono tante vedove e vedovi che, magari anche anzitempo, hanno dovuto affrontare la vita da soli, senza colui o colei che avevano scelto come uomo o donna per la vita. Ci sono anche molti genitori che piangono per la morte di un figlio, di una figlia, per malattia, per disgrazia, per cause naturali o per cause accidentali. Poi ci sono tutta una serie di afflizioni che riguardano la vita di tutti noi: chi perde un amore e chi perde un lavoro. Chi entra nel tunnel di una malattia seria, grave, penosa. Chi incontra il dramma della povertà. Chi vede restringersi il circolo delle relazioni e delle amicizie e rimane solo. Chi fatica per mille altre cose della vita. Come si prega nell’afflizione?
Con costanza, come Zaccaria. Con forza e con passione, come Noemi. Magari anche esprimendosi con forza davanti a Dio, con quella forza dei figli che sanno anche di poter dire al Padre le ragioni della loro afflizione, le difficoltà del loro cammino, le storture, le brutture del loro percorso di vita. Nell’afflizione, però, si prega. Non si abbandona Dio. Le afflizioni momentanee, come le chiama San Paolo nelle sue lettere, non sono condizione sufficiente per allontanarsi da Dio, per non pregare, per lasciarsi andare, per non credere più. Nell’afflizione ci è chiesto di essere ancora con più forza vicino a Dio.
Ricordiamoci che, nell’afflizione, ci è richiesta ancora maggior costanza nella preghiera che non in altri momenti.
Chiediamo questa grazia al Signore, per non abbandonare mai la sua presenza e non allontanarci mai dalla sua grazia.