Sabato 18 aprile

Settimana in albis – Sabato in albis depositis

Già il titolo di questo giorno è evocativo: “sabato in Albis depositis”. Ci si riferisce, cioè, al fatto che i neobattezzati della notte di Pasqua, che, per tutta la settimana, avevano partecipato alle funzioni sacre con la veste bianca ricevuta al Battesimo, ora deponevano questo simbolo per ritornare, con la forza dei sacramenti celebrati, alla vita quotidiana. Qualcosa del genere dovrebbe accadere anche a noi. Noi non siamo neobattezzati, ma la forza della celebrazione pasquale dovrebbe essere proprio in tutti noi che abbiamo cercato di vivere con fede anche questo momento di fede, centrale nell’anno liturgico e per la nostra fede.

Atti

At 3, 12b-16
Lettura degli Atti degli Apostoli

In quei giorni. Pietro disse al popolo: «Uomini d’Israele, perché vi meravigliate di questo e perché continuate a fissarci come se per nostro potere o per la nostra religiosità avessimo fatto camminare quest’uomo? Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni. E per la fede riposta in lui, il nome di Gesù ha dato vigore a quest’uomo che voi vedete e conoscete; la fede che viene da lui ha dato a quest’uomo la perfetta guarigione alla presenza di tutti voi».

Anche questa nuova pagina degli Atti degli Apostoli ci permette di concludere quell’esercizio di fede che l’Arcivescovo ci ha chiesto di fare. Anche oggi, infatti, possiamo vedere come la predicazione di San Pietro sia tutta volta a fare in modo che la gente possa percepire come quel Gesù che è stato condannato a morte, quel Gesù che è stato scambiato con un assassino – il riferimento è, evidentemente, allo scambio con Barabba – risorgendo ha infranto le porte della morte e si presenta come il Signore della vita. Proprio per questo Egli può dare la vita a tutti, risanare la vita di chi è malato, permettere agli apostoli di operare quei miracoli che sono il segno della sua presenza in mezzo agli uomini e segno del suo amore per gli uomini, in particolare i malati, i bisognosi, gli ultimi. Tutto questo avviene per dare gloria a Dio Padre, a quel Padre premuroso, onnipotente, buono che, fin dall’inizio della storia della salvezza si mostra essere colui che tutto può e colui che conduce a compimento la storia dell’uomo, traendo a sé tutti i suoi figli.

Lettera a Timoteo

1Tm 2, 1-7
Prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo

Carissimo, raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo – dico la verità, non mentisco –, maestro dei pagani nella fede e nella verità.

Anche San Paolo, in questo piccolo brano della lettera a Timoteo, ci spiegava che “Cristo è il mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù che ha dato se stesso in riscatto per tutti”. La sublimità della conoscenza di fede di San Paolo permette all’Apostolo di rileggere tutto il mistero di salvezza che si attua in Cristo Gesù. Per questo San Paolo comprende che l’uomo Cristo Gesù, donando sé stesso, presenta tutta l’umanità a Dio e apre ai benefici di Dio tutta intera l’umanità. È il suo corpo donato e il suo sangue sparso che donano agli uomini quella salvezza che nessuno avrebbe potuto meritare con la sua condotta. Questa è la Verità di fede che Paolo predica e alla quale crede ogni battezzato. Questa medesima professione di fede è quella che viene proposta a tutti, perché ciascuno si salvi nel nome del Signore.

Vangelo

Gv 21, 1-14
✠ Lettura del vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Il Signore Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.

Il Vangelo ci riporta in Galilea, dove tutto era iniziato. Nell’ordinarietà della vita, nel compimento del mestiere di sempre, il discepolo trova la forza di comprendere ciò che è stata la Pasqua.

Dopo una nuova esperienza di fatica senza ricompensa, dopo una nuova esperienza di delusione, una notte trascorsa senza prendere pesce, i discepoli, nuovamente, incontrano il Signore, senza riconoscerlo, ancora una volta. Gesù ama spesso nascondersi nella banalità dei giorni, nella ferialità delle esperienze, nella quotidianità dei lavori.

Ed è nella normalità della loro esperienza, una pesca, che Egli mostra nuovamente sé stesso. Una pesca miracolosa, che avviene quando ormai sarebbe ora di rientrare, quando, ormai, si dovrebbe ammettere la sconfitta contro la natura. È lì che il Signore interviene, è lì che il Signore dona nuova forza e nuovamente manifesta la sua misericordia.

Perché tutti possano capire ecco un fuoco con del pesce sopra. Un simbolo. Il simbolo di tutte le altre volte in cui Gesù aveva avuto a che fare con i pani e i pesci. Il simbolo, per eccellenza, della Santa Eucarestia. Come a dire che quell’esperienza unica che poterono fare i discepoli, non certo per merito ma per grazia, sarebbe poi stata possibile anche ai credenti di ogni tempo e di ogni luogo, sperimentando la forza segreta che viene dall’eucarestia.

Per noi

È questa l’esperienza che viene proposta anche a noi. Veniamo da una quaresima che ci ha fatto sperimentare la mancanza dell’Eucarestia, la solitudine della vita quando non c’è la consolazione della presenza del Sacramento. Spero che questa esperienza di prolungato digiuno serva a noi per comprendere la forza, la bellezza, la potenza, l’indispensabilità, la centralità di questo sacramento nella vita di ciascuno di noi.

Se vogliamo attingere a quella verità di fede di cui ci parlava San Paolo, abbiamo proprio bisogno della forza di questo sacramento.

Se vogliamo fare quell’esperienza di fortezza che ebbe a fare San Pietro e che ebbe a predicare il principe degli apostoli, anche noi abbiamo continuo bisogno di cibarci della Santa Eucarestia. Non una volta ogni tanto! Ma il più possibile. Accanto al “pane quotidiano” che sostiene il nostro corpo, scriveva il nostro patrono Sant’Ambrogio, abbiamo bisogno di questo “pane sostanziale” che guida il cammino di fede ma anche che sostiene il nostro pellegrinare nella storia.

Questa settimana in Albis che finisce, renda anche noi consapevoli dell’importanza di questo gesto nelle nostre vite e ci guidi a vivere con fede la domenica che celebriamo domani, la domenica al termine dell’ottava e, secondo la scansione voluta da San Giovanni Paolo II, domenica della misericordia divina.

Rifugiamoci nella misericordia di Dio per comprendere la bellezza, la forza, l’indispensabilità di questo sacramento.

2020-04-12T22:02:48+02:00