Domenica 19 aprile

Domenica dell’ottava di Pasqua “in albis depositis”

Il tempo delle incertezze.

Mi pare proprio che il nostro tempo attuale sia un tempo di incertezze. Potrebbe essere questa anche una forma di paura. Penso ad alcune incertezze in particolare:

  • Quella legata a questi giorni, per cui non sappiamo bene verso quale fase ci stiamo dirigendo, come si evolverà la situazione legata al diffondersi del virus, ai contagi, alle cure che, nel mondo, si stanno sperimentando;
  • Quella legata alla salute: sebbene ci siano meno contagi non è detto che, poi, non capiti anche a noi o a uno dei nostri cari. Le immagini e i racconti che vediamo o che ascoltiamo ci parlano anche di questo;
  • C’è un’incertezza legata al lavoro, per cui sono in molti a domandarsi: ma riapriremo? Quando? Avranno ancora bisogno di me? E sono in molti, anche tra noi, a domandarsi cosa accadrà alla loro vita, in un clima di crescente incertezza.
  • C’è un’incertezza che coinvolge i più giovani. Penso agli studenti adolescenti, agli universitari, ai giovani che avevano in programma il matrimonio in questi prossimi mesi e che stanno rifacendo tutti i loro propositi di vita…
  • C’è un’incertezza che coinvolge i più piccoli, dimostrata in diverso modo ai loro genitori, con cui, in questi mesi, hanno passato la maggior parte del tempo e di cui qualcuno comincia a parlarmi.

Ci sono molte altre incertezze, che sarebbe difficile racchiudere in un elenco. Penso che ciascuno abbia un po’ una sua incertezza al momento.

Non siamo radunati ma siamo comunque qui a raccogliere dalla Parola di Dio e dalla comunione spirituale con il Sacramento a cui ciascuno di noi è invitato ad unirsi, spunti di riflessione e forza, per fugare ogni incertezza della vita. Come al solito interroghiamo la Parola di Dio per chiederci cosa ci dice a questo proposito.

Vangelo

Gv 20, 19-31
✠ Lettura del vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Atti

At 4, 8-24a
Lettura degli Atti degli Apostoli

In quei giorni. Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati». Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e rendendosi conto che erano persone semplici e senza istruzione, rimanevano stupiti e li riconoscevano come quelli che erano stati con Gesù. Vedendo poi in piedi, vicino a loro, l’uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa replicare. Li fecero uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo: «Che cosa dobbiamo fare a questi uomini? Un segno evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo. Ma perché non si divulghi maggiormente tra il popolo, proibiamo loro con minacce di parlare ancora ad alcuno in quel nome». Li richiamarono e ordinarono loro di non parlare in alcun modo né di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni replicarono: «Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato». Quelli allora, dopo averli ulteriormente minacciati, non trovando in che modo poterli punire, li lasciarono andare a causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio per l’accaduto. L’uomo infatti nel quale era avvenuto questo miracolo della guarigione aveva più di quarant’anni. Rimessi in libertà, Pietro e Giovanni andarono dai loro fratelli e riferirono quanto avevano detto loro i capi dei sacerdoti e gli anziani. Quando udirono questo, tutti insieme innalzarono la loro voce a Dio.

Colossesi

Col 2, 8-15
Lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi

Fratelli, fate attenzione che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo. È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni Potenza. In lui voi siete stati anche circoncisi non mediante una circoncisione fatta da mano d’uomo con la spogliazione del corpo di carne, ma con la circoncisione di Cristo: con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce. Avendo privato della loro forza i Principati e le Potenze, ne ha fatto pubblico spettacolo, trionfando su di loro in Cristo.

L’incertezza della salute

La prima lettura si apriva proprio così, con un uomo in una fase difficile della sua vita, legata alla sua condizione: l’essere paralitico. Pietro ha ridonato la salute a quest’uomo nel nome del Signore risorto, ma ciò non toglie nulla a quell’incertezza di vita che ha coinvolto tutti i suoi giorni precedenti.

L’incertezza della fede

Sempre nella prima lettura è attestata l’incertezza della fede. È rappresentata dai sommi sacerdoti e dal Sinedrio stesso che, come già abbiamo visto nei giorni della passione, non sanno cosa pensare di Gesù, del suo operato e, ora, dell’operato dei suoi discepoli che, proprio nel suo nome, stanno compiendo miracoli che fanno discutere l’intera comunità di Gerusalemme.

L’incertezza del pensare

San Paolo ci parlava di una incertezza nel pensare e nel modo di interpretare la vita. Ci sono molte filosofie, cioè molti modi di interpretare la vita e l’esistenza, che San Paolo non esitava a definire “vuoti”, vani, capaci però di raggirare l’uomo e di portarlo lontano da quel modo di pensare e di vedere le cose che, invece, deve essere tipico del discepolo del Signore, dell’apostolo di Cristo che ha nel cuore l’ardente amore della risurrezione.

L’incertezza degli apostoli

Nel Vangelo si parlava dell’incertezza degli apostoli, che sono chiusi nel cenacolo. Chiusi per dire tutta la loro paura. Quella, cioè, di essere in qualche modo presi dai giudei, o forse dai romani, quella di fare la stessa fine del Signore: la Croce spaventa ancora molto e tutta la sofferenza vista e conservata nel cuore, non è certo passata per l’annuncio della tomba vuota che le donne, fin da quel mattino, il mattino di Pasqua, fanno risuonare proprio nel cenacolo chiuso.

L’incertezza di San Tommaso

Sempre nel Vangelo era data grande evidenza all’incertezza di San Tommaso che, avendo provato molta amarezza e molta sofferenza per ciò che è accaduto al Signore, da uomo pieno di fede e di Spirito Santo, non ha paura a mostrare, a confessare tutta la sua difficoltà a credere a quell’annuncio. “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi, e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”. È l’attestazione del clima di incertezza nel quale Tommaso è coinvolto. Incertezza che viene da un cuore che ha molto amato e che, ora, rimane ancora perplesso di fronte ad un annuncio di fede che sta incominciando a risuonare. Così facendo Tommaso proclama anche tutta la sua incertezza di vita. Cosa fare adesso? Stare qui, per sempre, nel cenacolo a porte chiuse? Tornare in Galilea? Ricominciare con che cosa, con il lavoro di prima? Sono moltissime le domande di Tommaso mentre attesta la sua momentanea incertezza.

Uscire dalle incertezze

Tutte e tre le scritture ci dicono che l’uomo di fede è però in grado di uscire dalle proprie incertezze. In diverso modo e con diversi percorsi.

  1. l’importanza di una comunità

La prima indicazione è quella dell’importanza di una comunità. Essa è attestata in tutte e tre le scritture. A cominciare dal Vangelo e dalla precisazione del momento della giornata in cui ci troviamo: la sera. La sera è il momento delle domande, è il momento in cui un velo di tristezza scende sul cuore, e lo sanno bene tutte le persone che soffrono qualche forma di solitudine. Ma la sera è anche il momento dell’intimità, il momento in cui ci si ritrova in famiglia, il momento in cui si vivono e si condividono gli affetti. Nel cenacolo sono poi presenti tutti gli apostoli, le donne, quella piccola comunità che è cresciuta intorno al Signore Gesù e che ora è ancora radunata nel suo nome, mentre riflette sull’evento della risurrezione. È in questa comunità che Tommaso esprime i suoi dubbi, le sue incertezze, le sue difficoltà. Non meno, però, che nella prima lettura, dove si vedeva bene l’unità della prima comunità cristiana attorno a Pietro, o nella seconda lettura, dove Paolo ci parlava di una comunità di credenti che plasma un modo di pensare nuovo.

  1. L’importanza della fede

Parimenti tutte e tre le scritture ci parlano dell’importanza della fede per uscire da quel clima di incertezza che avvolge l’uomo e anche il credente. La fede in Cristo risorto, nel cui corpo Tommaso è invitato a inserire il proprio dito e la propria mano, ma anche l’esperienza del Risorto che si fa in una comunità cristiana, come sia San Paolo che San Pietro lasciavano ben intendere nelle loro scritture. C’è un’esperienza del Risorto che è mediata dalla Parola e dall’Eucarestia che rimangono i due pilastri della vita cristiana e che devono essere il punto di riferimento imprescindibile per ogni autentica esperienza di fede che voglia togliere da qualsiasi orizzonte di paura e di incertezza.

  1. L’importanza della pace

Soprattutto nel Vangelo, ma anche nelle esperienze di Pietro e di Paolo, emerge come sia determinante, per uscire da qualsiasi contesto di incertezza, un radicarsi progressivo in un orizzonte di pace. La “pace” che augura il Signore, non è l’assenza di difficoltà e di noie, piuttosto l’essere riconciliati con le cose che capitano nella vita; l’accettazione del dolore e della sofferenza non come rassegnazione ma come via da percorrere seguendo Cristo; il mantenere uno sguardo aperto sul futuro, uno sguardo pieno di speranza, quella che accende nel cuore la presenza di Cristo risorto; una costante ricerca di armonia nell’ambiente in cui si vive. Scriveva il cardinale Martini: “certo, pace non significa che non ci siano più tentazioni, conflitti, persecuzioni e angosce, ma che queste onde si infrangono sugli scogli della pace di Cristo: la Chiesa sta nella sua pace, il cuore del battezzato sta nella sua pace, anche quando si infrangono contro di lui le onde della paura, dell’angoscia della persecuzione, della frustrazione, del dolore, della tensione più amara. Sta nella pace chi vive ne segno del risorto e chi diventa una cosa sola con Lui”.

  1. Un possibile itinerario

Le scritture di oggi ci suggeriscono un possibile itinerario per uscire dalle nostre incertezze.

Anzitutto siamo chiamati a comprendere: in questi giorni ci fa bene provare anche qualche esperienza di scacco che metta in moto la nostra intelligenza, che stuzzichi il pensare. Così come vediamo che molti fanno. Comprendere la situazione generale nella quale ci troviamo, ma anche la nostra situazione personale, con tutte le variabili che essa comprende, è già uno dono dello Spirito.

Di conseguenza siamo chiamati ad invocare il dono della intelligenza. Il dono dell’intelletto, secondo il settenario dei doni dello Spirito che invochiamo in questo tempo pasquale, è quel dono che ci permette di “mettere insieme i pezzi”, di “scrutare all’interno delle situazioni” per comprendere dove il Signore vuole portare sia la mia vita personale, sia il mondo intero.

Soprattutto, poi, abbiamo bisogno di amare. Amare significa entrare nel modo di vedere del Signore stesso, nel suo modo di intendere la vita, la storia, il tempo. Amare significa avere quello sguardo di forza, di speranza che è tipico del credente che si lascia guidare da Cristo in ogni realtà della vita.

È così che si può uscire da qualsiasi incertezza e paura.

“Plagas, sicut Thomas, non intueor; Deum tamen meum te confiteor. Fac me tibi semper magis credere, In te spem habere, te diligere”.

Così San Tommaso D’Aquino cantava nell’”Adoro te Devote”. Anche noi non possiamo fare fisicamente l’esperienza di San Tommaso Apostolo. Non possiamo fisicamente mettere il dito nelle piaghe del Signore. Possiamo però vivere un autentico itinerario di fede, che ci permette di credere sempre più, di avere sempre più speranza, di amare sempre di più il Signore.

È così che si esce da ogni incertezza. Ne sono certo.

2020-04-18T11:56:44+02:00