Settimana della 8 domenica dopo Pentecoste – Domenica
Per introdurci
La grandezza del servizio può essere uno dei temi che si intravedono tra le scritture che abbiamo appena terminato di leggere.
- Crediamo alla grandezza del servizio?
- È poi vero che c’è gioia nel servire? Se questo, per molti, è stato un ideale di vita ed è tutt’ora un valore, pare, per esempio, che per i nostri giovani valga esattamente l’opposto, ovvero che ci sia più gioia nel farsi servire.
- Cos’ha, allora, il Vangelo da dire a ciascuno di noi?
Giudici
Gdc 2, 6-17
Lettura del libro dei Giudici
In quei giorni. Quando Giosuè ebbe congedato il popolo, gli Israeliti se ne andarono, ciascuno nella sua eredità, a prendere in possesso la terra. Il popolo servì il Signore durante tutta la vita di Giosuè e degli anziani che sopravvissero a Giosuè e che avevano visto tutte le grandi opere che il Signore aveva fatto in favore d’Israele. Poi Giosuè, figlio di Nun, servo del Signore, morì a centodieci anni e fu sepolto nel territorio della sua eredità, a Timnat-Cheres, sulle montagne di Èfraim, a settentrione del monte Gaas. Anche tutta quella generazione fu riunita ai suoi padri; dopo di essa ne sorse un’altra, che non aveva conosciuto il Signore, né l’opera che aveva compiuto in favore d’Israele. Gli Israeliti fecero ciò che è male agli occhi del Signore e servirono i Baal; abbandonarono il Signore, Dio dei loro padri, che li aveva fatti uscire dalla terra d’Egitto, e seguirono altri dèi tra quelli dei popoli circostanti: si prostrarono davanti a loro e provocarono il Signore, abbandonarono il Signore e servirono Baal e le Astarti. Allora si accese l’ira del Signore contro Israele e li mise in mano a predatori che li depredarono; li vendette ai nemici che stavano loro intorno, ed essi non potevano più tener testa ai nemici. In tutte le loro spedizioni la mano del Signore era per il male, contro di loro, come il Signore aveva detto, come il Signore aveva loro giurato: furono ridotti all’estremo. Allora il Signore fece sorgere dei giudici, che li salvavano dalle mani di quelli che li depredavano. Ma neppure ai loro giudici davano ascolto, anzi si prostituivano ad altri dèi e si prostravano davanti a loro. Abbandonarono ben presto la via seguita dai loro padri, i quali avevano obbedito ai comandi del Signore: essi non fecero così.
Tessalonicesi
1Ts 2, 1-2. 4-12
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi
Voi stessi, fratelli, sapete bene che la nostra venuta in mezzo a voi non è stata inutile. Ma, dopo avere sofferto e subìto oltraggi a Filippi, come sapete, abbiamo trovato nel nostro Dio il coraggio di annunciarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte. Come Dio ci ha trovato degni di affidarci il Vangelo così noi lo annunciamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori. Mai infatti abbiamo usato parole di adulazione, come sapete, né abbiamo avuto intenzioni di cupidigia: Dio ne è testimone. E neppure abbiamo cercato la gloria umana, né da voi né da altri, pur potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo. Invece siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari. Voi ricordate infatti, fratelli, il nostro duro lavoro e la nostra fatica: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi, vi abbiamo annunciato il vangelo di Dio. Voi siete testimoni, e lo è anche Dio, che il nostro comportamento verso di voi, che credete, è stato santo, giusto e irreprensibile. Sapete pure che, come fa un padre verso i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi, vi abbiamo incoraggiato e scongiurato di comportarvi in maniera degna di Dio, che vi chiama al suo regno e alla sua gloria.
Vangelo
Mc 10, 35-45
✠ Lettura del Vangelo secondo Marco
In quel tempo. Si avvicinarono al Signore Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato? ». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Giudici
Sono tre le idee di servizio, le tipologie di servitori che la liturgia ci comunica. La prima è quella legata alla storia della salvezza che noi stiamo rileggendo in queste domeniche dopo Pentecoste.
Giosuè è un condottiero forte, valoroso, che ha saputo mettere tutta la sua forza nel condurre Israele, che è stato di esempio, di guida per tutti. Un uomo forte che, con la forza, ha conquistato piccoli lembi di terra santa per il suo popolo. Un servitore appassionato di Dio, certamente, ma anche un uomo dotato di forza fisica non comune. Un uomo che ha resistito a tutto, che ha sopportato tutto, un uomo che ha vissuto grandi valori della fede e che li ha proposti ad altri. Un servizio indiscutibile a Israele ma anche alla storia della salvezza.
Eppure questo modo di servire non pare avere conquistato il popolo di Dio, che, pure, ha visto questi segni. Alla sua morte, abbiamo letto, ecco che il popolo di Dio si è arreso, ha calato la tensione spirituale, si è dedicato più alla ricerca di idoli che al desiderio di seguire e di servire il Dio unico e vero, il Dio dei padri, il Dio di Israele. È per questo, diceva la scrittura, che Dio ha mandato molti “giudici” in Israele. Dopo l’epoca dei padri fondatori, ecco un’altra epoca, quella dei giudici, ovvero di chi ha cercato di vigilare sulla retta interpretazione della Parola di Dio e, soprattutto, sulla retta accoglienza del mistero di Dio in essa rivelato. Uomini forti che hanno saputo riprendere l’insegnamento di Mosè e di Giosuè in tempi diversi della storia di Israele.
Un’idea di servizio, questa, che non conquista e non finisce di convincere. Ci sono personalità dotate di forza grande o anche non comune, che, però, finiscono per costruire un rapporto con Dio molto forte per quanto riguarda le loro persone, ma che non sanno trascinare il popolo di Dio nella medesima direzione e non sanno aiutare gli altri a raggiungere una profondità di vita che apre le porte alla comunione con Dio.
Vangelo
questa che nell’altra vita, un messia forte, uno al quale appoggiarsi, uno che sa giudicare gli altri e al quale loro devono riferire, come “dipendenti” di una comune organizzazione. Un’idea, espressa con l’immagine di sedere in trono a giudicare le genti, che non piace a Gesù. Gesù propone un’altra idea di servizio e lo fa non solo con le parole, ma anche con i gesti. Ultimo e più eclatante sarà quel gesto che scandalizzerà i discepoli, il gesto della lavanda dei piedi. Quel gesto ha un’origine molto antica: questa predicazione nella quale il Signore esprime la sua consapevolezza di volersi rendere servo degli altri. Lui che avrebbe diritto su ogni cosa, lui che potrebbe non aver bisogno di nessuno, si è reso bisognoso come un bambino, per imparare cosa significasse essere servo di tutti. Il gesto della lavanda dei piedi, il gesto della Croce, sono i gesti più qualificanti la vita di Gesù. Egli, davvero, si rende schiavo. Il suo sottoporsi agli altri intende dire proprio che questa deve essere la vita. La via di chi prega per essere come Gesù è la via di chi serve nel suo nome. Così il “posto” nella vita eterna, non è quello che deve occupare chi vuole sedere alla destra o alla sinistra di Gesù, come in una immane sala del trono, ma è solo quello del servizio. Chi agisce con amore gratuito, disinteressato, libero, è colui che siederà con Cristo, magari anche alla sua desta.
Tessalonicesi
La terza idea di servizio, il terzo modello di servitore è quello mostrato da San Paolo. Il suo servizio si qualifica, anzitutto, come un servizio alla Parola. Paolo è un predicatore, anzitutto. Questo servizio avviene nell’umiltà e nella piccolezza. Paolo non cerca né posti, né prestigio, né onore, ma cerca solo di portare il Vangelo della pace e della gioia a tutti. Il servizio alla Parola che Paolo vive è, anzitutto, il servizio di chi predica Cristo Crocifisso, nel quale annunciare che tutti sono chiamati alla gloria di Dio, a condizione che ciascuno percorra la medesima via di servizio che ha vissuto il Signore. La predicazione di Paolo è, poi, perché anche altri imparino a rendersi servitori del Vangelo, senza alcuna pretesa, ma nella gratuità. Paolo traduce così l’invito del Signore. In una comunità cristiana concreta, l’avere a cuore il vangelo di Cristo e il mirare alla vita eterna, si qualifica proprio e solo come un imparare a servire gli altri. Paolo è quasi dimentico della sua vita, delle legittime esigenze del suo corpo e del suo cuore. Si dispone solo ad annunciare il Vangelo lì dove il Signore lo vuole e questo gli basta. Il cuore del discepolo cerca solo questo e il cuore di chi è vero ascoltatore della Parola di Dio emerge solo nell’attuazione di servizi evangelici nel nome del Signore.
Per noi
Anche in questa nuova domenica estiva abbiamo numerose tracce di riflessione.
- Davvero la vita è fatta per servire?
Come dicevo, non tutti e non sempre siamo pronti a vivere nell’ottica del servizio e della donazione gratuita. Spesso, infatti, cerchiamo ben altro. Specie i più giovani hanno di mira il “farsi servire”; non credo che il pensiero del “posto” nella vita eterna sia più di tanto un pensiero che si trova nelle menti degli uomini e delle donne di oggi; è sempre più difficile pensare alla propria esistenza nei termini della donazione generosa e gratuita, ma è sempre più facile cercare altro, cercare ciò che soddisfa i propri sentimenti, le proprie attese, il proprio modo di essere, piuttosto che quello che è, nell’ottica della fede, una seria ricerca vocazionale.
Le scritture di oggi ci ricordano con forza, invece, che una vita è vissuta evangelicamente solo se sa diventare servizio. Attenzione, non se si hanno dei servizi. Non è questione di impegni, di volontariato che molti di noi praticano. La vita evangelicamente intesa chiede un cuore che sappia interpretare tutta la vita nell’ottica della donazione e del servizio. Così uno vive questa mentalità non solo quando fa qualcosa di generoso e di gratuito per gli altri, ma quando impara a fare sempre tutto nell’ottica del dono e della gratuità. Anzitutto penso alle relazioni, che anche noi abbiamo da restaurare dopo la pandemia. Poi penso alla donazione in famiglia, luogo privilegiato perché si possa coltivare il senso di una donazione gratuita e generosa. Poi penso al lavoro. Anche in questa prospettiva, se si toglie una misura di donazione, tutto sarà solo legge, burocrazia, calcolo. La mentalità evangelica è in grado di riferirsi a qualsiasi ambito e a qualsiasi momento della vita dell’uomo. Nessuna dimensione è esclusa dalla logica della donazione. Anche il sevizio ecclesiale rientra in questa logica di vicinanza premurosa, di donazione generosa, di assunzione personale dei diversi compiti che questo comporta.
Questa logica del servizio non sta in piedi se non con un continuo riferimento alla passione e morte del Signore. È la contemplazione del crocifisso che ispira questa logica ed è solo il continuo nutrirsi di eucarestia che rende possibile il continuo donarsi, oltre il peso del tempo, oltre le fatiche della vita, oltre quello che è la difficoltà costante che ciascun uomo, ciascuna donna sperimenta. Senza il continuo riferimento a Cristo tutto diventa, al massimo, donazione filantropica e non esercizio della carità cristiana. Senza eucarestia, tutto diventa sforzo e non conformazione a Cristo. Questo è l’ideale del servizio cristiano.
Questa progressiva crescita nell’ottica del servizio cristiano, non sta poi in pedi senza un po’ di quella forza alla quale ci ha richiamato la prima lettura. Il cristiano è un uomo che sa vivere anche questa virtù, che tra l’altro corrisponde a uno dei doni dello Spirito Santo, e si lascia sostenere, specie nei momenti più difficili, dalla forza dello Spirito di Dio.
Solo chi vive questi progressivi gradini scopre la bellezza di una vita che sa diventare donazione e servizio.
- Quale impostazione di vita occorre assumere?
Chi vive questa logica di fede, si domanda, allora, quale impostazione di vita assumere. Se il cristiano è chiamato a fare propria questa logica evangelica, è chiaro che ciascuno dovrà trovare una sua vita di attuazione di questa logica. C’è chi, come Giosuè, con la forza del suo carattere sarà riferimento e sostegno per altri. C’è chi si dedicherà più ad una donazione umile come quella degli apostoli. C’è chi porrà più attenzione nel rapporto interpersonale, come Paolo. La storia della chiesa e soprattutto le grandi figure dei santi, ci mostrano che la logica della donazione gratuita e generosa ha aperto sempre nuove vie, nuove strade di servizio. È la fantasia dello spirito che accende queste possibilità sempre nuove. Tutte, però, radunate in questa unica logica di donazione gratuita e generosa.
Chiediamo al Signore la grazia di trovare la nostra via, perché possiamo essere anche noi conquistati dalla logica della donazione gratuita e generosa.