Mercoledì 20 aprile

Settimana in albis – mercoledì 

La paura di rimanere

Penso che tutti, nella vita, abbiamo avuto paura di rimanere in un posto. Vuoi un posto fisico, un luogo che non ci piace, o che evoca in noi ricordi sgradevoli, o che, in qualche modo, ci turbano. Magari, però, abbiamo avuto paura a rimanere in un ruolo, viste le decisioni da prendere o le responsabilità che comporta. Magari non siamo fuggiti, ma abbiamo provato tutto quel senso di peso che le situazioni portano con sé. Come i discepoli di Emmaus.

La Parola di Dio per questo giorno

LETTURA At 5, 12-21a
Lettura degli Atti degli Apostoli

In quei giorni. Molti segni e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone; nessuno degli altri osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava. Sempre più, però, venivano aggiunti credenti al Signore, una moltitudine di uomini e di donne, tanto che portavano gli ammalati persino nelle piazze, ponendoli su lettucci e barelle, perché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro. Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti impuri, e tutti venivano guariti. Si levò allora il sommo sacerdote con tutti quelli della sua parte, cioè la setta dei sadducei, pieni di gelosia, e, presi gli apostoli, li gettarono nella prigione pubblica. Ma, durante la notte, un angelo del Signore aprì le porte del carcere, li condusse fuori e disse: «Andate e proclamate al popolo, nel tempio, tutte queste parole di vita». Udito questo, entrarono nel tempio sul far del giorno e si misero a insegnare.

SALMO Sal 33 (34)

Liberaci, Signore, da ogni paura.
Oppure: Alleluia, alleluia, alleluia.

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino. R

Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato. R

L’angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono, e li libera.
Gustate e vedete com’è buono il Signore;
beato l’uomo che in lui si rifugia. R

EPISTOLA Rm 6, 3-11
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione. Lo sappiamo: l’uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso con lui, affinché fosse reso inefficace questo corpo di peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è liberato dal peccato. Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Infatti egli morì, e morì per il peccato una volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.

VANGELO Lc 24, 13-35
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca

In quello stesso giorno due discepoli del Signore Gesù erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Le loro paure

Si dice chiaramente che i due discepoli di Emmaus avevano paura. Paura di rimanere a Gerusalemme, anzitutto. Troppo pericoloso, troppo compromesso il loro nome. Che dire poi di Cleopa, che era parente di Gesù? Tutti, sapendo di quella sua parentela, lo avrebbero associato al predicatore della Galilea. Poteva essere pericoloso farsi vedere a Gerusalemme, meglio andarsene. Ecco una prima paura. Però c’è anche un’altra paura nel cuore dei discepoli di Emmaus, quella di avere perso tutto. Pensiamo a chi ha lasciato tutto, a chi ha lasciato anche la sua città natale, come Cleopa, appunto, e ha messo tutto nelle mani di Gesù. Ritrovarsi, ora, con niente in mano non dev’essere stato facile. Ecco perché Cleopa e l’altro discepolo temono, hanno paura. Non possono vivere, alla loro età, questa esperienza di avere perso tutto ciò su cui avevano puntato. Credo poi che, in qualche modo, essi devono avere avuto paura anche della loro solitudine. Erano stati aiutati ad essere comunità, a stare nel gruppo dei dodici, ad avere Gesù con loro e le donne che vivevano quell’esperienza unica proprio con loro… Ora dove stavano fuggendo da soli? Che fare solo loro due? Ecco perché se ne vanno con il volto triste, come diceva l’Evangelista.

La risoluzione della paura

La soluzione rispetto alle loro paure non viene da una loro idea, non viene da qualcuno che ricorda qualche massima di saggezza. Piuttosto la risoluzione di ogni paura interiore viene da quel misterioso viandante che affianca le loro vite e permette loro di ricordare alla luce della fede quello che avevano vissuto. Questo loro ricordare le Scritture è, però, solo il primo passo per riprendere fiato e per tornare sui loro passi. Al ricordo delle Scritture il misterioso viandante aggiunge anche la presenza dell’Eucarestia, quel pane del cammino che permette loro di ritornare sui propri passi. L’Eucarestia, fonte di comunione nell’amore con Gesù e con coloro che lo seguono, diventa pane del cammino che permette a questi due uomini di tornare in quella comunione che, sola, può garantire la forza di un vero cammino di fede.

Nella settimana in Albis, come si vede, ci è continuamente ricordata la forza di una vita comunitaria che diventa sostegno di ogni passo di fede.

Per noi e per uscire dalla paura

A tutti noi che abbiamo provato il desiderio di fuggire da qualche situazione, a tutti coloro che hanno provato o che provano ora il senso di peso per le responsabilità, a tutti coloro che fanno fatica a vivere bene il senso di “presenza” che occorre avere nelle situazioni complesse dalle quali non si può fuggire, il Vangelo di oggi ricorda che solo nel costante richiamo alla Parola di Dio e solo in una vita comunitaria forte, autentica, gioiosa, si trova la forza per uscire dalla paura di abitare alcuni luoghi, di sostenere alcune situazioni, di vivere alcune responsabilità che, al contrario, spesso ci fanno paura o non ci lasciano tranquilli. Questo giorno in onore del Signore risorto ci sta dicendo che noi possiamo affrontare qualsiasi situazione della vita se facciamo memoria della sua Pasqua e se rimaniamo uniti a quella comunità di credenti che celebra il sacramento dell’Eucarestia come fonte della propria salvezza. È solo questa la fonte della gioia anche quando tutto sembra perduto. Lontano da questa fonte, al contrario, c’è solo tristezza, delusione, disperazione.

Esercizio pasquale

Anche oggi, quindi, vi propongo un esercizio pasquale: cerchiamo anche noi nella Parola di Dio e nella partecipazione alla vita comunitaria, la fonte della gioia che, spesso, ci manca.  Tutti, anche se in diversa misura e su strade diverse, siamo alla ricerca della gioia. Potremmo anche dire che c’è un diritto alla felicità. Però c’è modo e modo di cercarla. L’unico vero modo possibile per vivere bene questa ricerca è quello che ci spinge sulla via della fede, l’unico canale che, facendoci incontrare con il Signore Gesù, dona a noi quella felicità che ci aiuta a camminare nella direzione della felicità duratura. Inviterei tutti a cogliere il suggerimento a vivere la fede come incontro con una comunità che, riunita attorno all’Eucarestia, cerca qui il cuore della sua vita e trae da qui la sua gioia e la sua forza. A noi tutti serve più che mai questo “canale di grazia” lontano dal quale non c’è che la tristezza.

2022-04-14T08:18:10+02:00