Martedì 21 aprile

Settimana della seconda domenica di Pasqua – Martedì

Atti

At 3, 1-8
Lettura degli Atti degli Apostoli

Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera delle tre del pomeriggio. Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita; lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta Bella, per chiedere l’elemosina a coloro che entravano nel tempio. Costui, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, li pregava per avere un’elemosina. Allora, fissando lo sguardo su di lui, Pietro insieme a Giovanni disse: «Guarda verso di noi». Ed egli si volse a guardarli, sperando di ricevere da loro qualche cosa. Pietro gli disse: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!». Lo prese per la mano destra e lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e, balzato in piedi, si mise a camminare; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio.

La speranza dell’uomo è sempre limitata e rivolta a qualcosa di concreto. Lo dice molto bene il ricordo di quest’uomo, nell’episodio di guarigione che abbiamo letto. Il mendicante spera di ottenere qualcosa per la sua vita modesta. Era prassi, a quel tempo, che storpi, ciechi, muti, sordi… venissero portati dai parenti ai diversi ingressi del tempio per mendicare. Era l’unica fonte di sostentamento della loro vita. Mentre entra San Pietro insieme a Giovanni, quest’uomo spera di poter ricevere qualcosa, avendoli pregati per questo. È una scena molto nota anche a noi, dal momento che mendicanti di ogni genere e tipo sono presenti in ogni tempo e in ogni luogo.

Gli apostoli si lasciano interpellare da questo grido di ricerca, ma rispondono in maniera del tutto diversa da come quest’uomo avrebbe potuto pensare. “Non possiedo né oro né argento”, sono le prime parole dell’Apostolo, che, di per sé, sembrano negare quello che l’uomo chiede e, quindi, sembrano negare l’elemosina. “Ti do quello che ho: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina”. L’apostolo dona nuova speranza all’uomo. Quella speranza che inizia con il dono della guarigione, operata nel “nome di Gesù Cristo il Nazareno”. È molto forte l’unione tra la vita di Gesù, la sua umanità e l’applicare a lui tutto ciò che nella scrittura era stato detto di Lui e del suo mistero.

Gli atti insegnano che la speranza cristiana è sempre oltre la speranza umana. La speranza cristiana è quella che nasce in un incontro sempre personale con Cristo. Incontro che nasce dalla Parola testimoniata dall’esperienza ecclesiale.

Vangelo

Gv 1, 43-51
✠ Lettura del vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Il Signore Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: «Seguimi!». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo trovò Natanaele e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaele gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaele gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaele: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

Così possiamo rileggere anche il vangelo: una nuova chiamata, quella di Filippo. Gli apostoli che già hanno incontrato il Signore qualificano Gesù come “colui del quale hanno scritto Mosè nella legge e i profeti”. C’è già, quindi, nell’atteggiamento dei primi discepoli, quella capacità di riferire tutto ciò che riguarda la vita di Cristo alla scrittura. Quella medesima scrittura che Filippo conosceva bene. “Stare sotto l’albero di fico” era l’atteggiamento di preghiera del pio ebreo che cercava un luogo riparato e isolato nel quale poter leggere la scrittura. Filippo è già un uomo che conosce il mistero di Dio. In questo suo atteggiamento di personale ricerca viene raggiunto dalla presenza di altri discepoli del Signore che, con un’esperienza che potremmo già definire ecclesiale, lo invitano ad avere una conoscenza ancora più approfondita di quel mistero già cercato ed amato. L’incontro con Gesù rimanda, poi, Filippo alla scrittura. Quando Gesù dice: “in verità, in verità vi dico: vedrete i cieli aperti e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’Uomo”, cita i profeti, quelle scritture che i discepoli ben conoscevano. Dunque potremmo dire che Gesù aiuta Filippo ad entrare nel mistero della sua conoscenza invitandolo a comprendere e a scoprire sempre più quelle scritture nelle quali la sua vita aveva già trovato senso.

Per noi

Così anche noi siamo invitati a riflettere sul senso della speranza che abbiamo. Anche noi, credo, come l’uomo storpio degli Atti, abbiamo speranze molto umane. Speriamo nella salute, nostra o dei nostri cari, speriamo che possiamo avere quella sicurezza che ci serve per i nostri giorni, speriamo che i nostri investimenti vadano a buon fine… è certamente umano tutto questo e, per ciò, buono, in un certo senso. Ma senza la speranza cristiana, senza la speranza della conoscenza di Dio, dell’incontro con lui, della fine della vita in Lui, anche questa speranza diviene piccola, ridotta, soffocante.

  • Mi limito ad avere speranze umane o vivo quella grande speranza cristiana che è l’incontro con il Signore?

In secondo luogo vorrei che ci interrogassimo da vicino sul nostro modo di vivere la scrittura a partire dalla comunità. Non vorrei, infatti, che dedicassimo tempo alla scrittura solo nei tempi di preparazione alle grandi feste cristiane, per poi smettere subito dopo!

  • Sto continuando il mio fedele approccio alla Scrittura riletta nella comunità ecclesiale in festa per la Pasqua?
  • L’Eucarestia diviene la compagna fedele del mio percorso di fede?

Anche oggi, come l’Arcivescovo ci chiede, lasciamoci provocare dalla Scrittura che accende in noi la viva speranza cristiana.

2020-04-18T12:11:40+02:00