Settimana della 6 domenica dopo Pentecoste – giovedì
La Parola di Dio per questo giorno
LETTURA Gs 4, 19 – 5, 1
Lettura del libro di Giosuè
In quei giorni. Il popolo risalì dal Giordano il dieci del primo mese e si accampò a Gàlgala, sul confine orientale di Gerico. Giosuè eresse a Gàlgala quelle dodici pietre prese dal Giordano e disse agli Israeliti: «Quando un domani i vostri figli chiederanno ai loro padri: “Che cosa sono queste pietre?”, darete ai vostri figli questa spiegazione: “All’asciutto Israele ha attraversato questo Giordano, poiché il Signore, vostro Dio, prosciugò le acque del Giordano dinanzi a voi, finché non attraversaste, come il Signore, vostro Dio, fece con il Mar Rosso, che prosciugò davanti a noi finché non attraversammo; perché tutti i popoli della terra sappiano che la mano del Signore è potente e voi temiate tutti i giorni il Signore, vostro Dio”». Quando tutti i re degli Amorrei, a occidente del Giordano, e tutti i re dei Cananei, lungo il mare, vennero a sapere che il Signore aveva prosciugato le acque del Giordano davanti agli Israeliti, al loro passaggio, si sentirono venir meno il cuore e rimasero senza coraggio davanti agli Israeliti.
SALMO Sal 112 (113)
Su tutte le genti eccelso è il Signore.
Lodate, servi del Signore,
lodate il nome del Signore.
Sia benedetto il nome del Signore,
da ora e per sempre. R
Dal sorgere del sole al suo tramonto
sia lodato il nome del Signore.
Su tutte le genti eccelso è il Signore,
più alta dei cieli è la sua gloria. R
Chi è come il Signore, nostro Dio,
che siede nell’alto
e si china a guardare
sui cieli e sulla terra? R
VANGELO Lc 9, 18-22
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
Un giorno il Signore Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Giosuè
Potremmo anche iniziare la meditazione di oggi continuando quella di ieri. Ieri abbiamo sentito che il Signore è presente nella storia come Dio vivo, Dio dei viventi. Potremmo chiederci: come si fa a ricordare questa verità? Come si fa a capire questa Parola? Come si fa a trasmettere a chi viene dopo di noi questa verità? Ci risponde proprio la lettura odierna: attraverso i simboli della fede. Simboli della fede che devono dire quanto è accaduto in un tempo o in un luogo e devono ricordare ad altri che Dio è il Dio dei viventi che interviene nella storia degli uomini. Così è per queste pietre del Giordano che vengono erette. La stele, come tutti ben sappiamo, è una delle prime forme di devozione e di religione presente in mezzo agli uomini. Quando l’uomo erigeva una stele era per dire che lì era accaduto qualcosa di misterioso, inspiegabile. Il segno voleva significare a tutti quello che era accaduto. Il segno era un modo per dire a tutti che quello era e doveva essere, per sempre, un luogo di fede. Così quella stele eretta al Giordano presso Gerico, avrebbe dovuto dire a tutti che cosa si ricordava in quel luogo e che cosa era avvenuto per opera, per intervento di Dio, il Dio dei viventi.
Vangelo
Anche il Vangelo ci dice, in fondo, qualcosa del genere. Sappiamo molto bene che la Pasqua del Signore non è stata improvvisata. La Pasqua del Signore è stata accuratamente preparata, è un evento per il quale Cristo ha come preso per mano i suoi discepoli, conducendoli pian piano a quel culmine del suo ministero che, comunque, li avrebbe sconvolti. Partendo da lontano Gesù che chiede prima la gente cosa dica di Lui, per poi passare ad una domanda molto più diretta su come il discepolo risponda, personalmente, alla medesima domanda, sta facendo esattamente questo “lavoro”. Sta portando il discepolo pian piano a capire che il compimento del suo ministero sarà nella morte di Croce. È il mistero della Pasqua, che avrà il suo culmine nell’immolazione volontaria di Cristo, che resterà per sempre e per tutti come segno della donazione di Dio all’uomo, come segno della sua vita donata ma anche come richiamo a quella vita, quella eterna, che proverrà dalla sua risurrezione.
Per noi
n fondo anche noi abbiamo bisogno di segni. In fondo anche noi facciamo qualcosa di molto simile a quello che ci raccontava il Primo Testamento. Sono innumerevoli i luoghi di fede costruiti perché in quel luogo è accaduto qualcosa. Sono infiniti i santuari che sono stati eretti proprio dove è capitato un evento di fede degno di nota. Ma è anche vero che i nostri paesi sono pieni di luoghi di fede devozionali, dove qualche evento misterioso del passato si è verificato e dove la gente ha voluto che ne rimanesse traccia. Soprattutto non dobbiamo mai dimenticare che il segno fondamentale della nostra fede è il segno della Croce. Vediamo che il segno della Croce è presente in moltissimi luoghi, dalle cime agli abissi, dalle città ai paesini più disparati. La sapienza dei nostri padri ha voluto che fosse sempre visibile e a tutti il segno del redentore. Noi siamo eredi di tutto questo. Noi siamo eredi, soprattutto, della Parola del Signore, la quale chiede a ciascuno di noi cosa pensiamo dei segni della fede, che fine fanno i segni della fede, quale centralità diamo ai segni della fede. Credo che questa riflessione, oggi, lasci spazi molto ampi a rileggere ciò che sta, per lo più, avvenendo. Noi non siamo in grado di dare una vera centralità ai segni della fede. Oggi molti di essi hanno solo un ruolo marginale, un ruolo minore, un ruolo defilato. Persino i più grandi santuari hanno perso il loro antico splendore. Per non dire dei luoghi della fede e dei luoghi devozionali dei nostri paesi. Io credo che occorrerebbe davvero dare un po’ più spazio ai segni della fede, perché sono quelli che permettono di interrogarsi. Sappiamo, dalle storie del passato, che molta gente, anche di poca fede, passando e vedendo un’icona di Maria, un crocefisso, ha trovato il modo di parlare con il Padre eterno. Sappiamo che molti di questi segni sono stati edificati proprio perché c’è stato un fatto di conversione, un fatto di redenzione. In un tempo come il nostro non ci servirebbe qualcosa del genere? Siamo sicuri che nel continuo venir meno dei segni della fede ci sia una maggior libertà? Io credo che il Vangelo ci richiami. Se non mettiamo al centro della vita il Signore e la sua Pasqua, faremo anche tante cose belle, celebreremo anche tante conquiste, ma… saremo davvero più uomini? Saremo davvero più maturi? Senza Cristo e senza riferimento alla sua passione, morte e risurrezione, forse, saremo solo molto più poveri. Di spirito e in umanità.