Mercoledì 21 luglio

Settimana della 8 domenica dopo Pentecoste – Mercoledì

Vangelo

Lc 10, 17-24
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo. I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli». In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo». E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».

Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nel cielo”. Così Gesù ai discepoli che tornano contenti per l’esito della missione. Il Signore, in questo modo, invita a non rallegrarsi per i risultati esteriori quantificabili che si possono vedere. Piuttosto invita a rallegrarsi perché il nome di coloro che si aprono alla rivelazione di Dio sono scritti nel cielo. È cioè il Padre, dal quale proviene ogni bene, a permettere ai discepoli di riportare successo nella loro missione. Il vero “successo” non è, comunque, quello visibile e quantificabile, piuttosto è rappresentato dalla Parola di Dio che trova posto nel cuore di chi li accoglie. È l’incontro che queste persone possono fare con Dio ad essere il vero centro di ogni missione e questo è il vero successo, quello per il quale bisogna gioire.

Si capisce così la seconda parte del Vangelo. Gesù “esulta nello spirito” cioè rende grazie al Padre proprio per quelle persone umili, piccole ma ben disposte verso la fede, verso Dio, per le quali occorre ringraziare sempre. Sono costoro che danno gioia a Dio, ma anche al discepolo. Il discepolo che va, nel nome del Maestro, a proporre la Parola di verità che Gesù rivela, dovrà gioire ogni volta che un uomo, una donna, apriranno la porta del cuore al Vangelo. Sarà questa la vera gioia da ricercare.

Così si comprende anche la terza parte del Vangelo, quella nella quale Gesù fa presente che molti, prima del suo arrivo, avrebbero desiderato vedere la sua persona, incontrarlo, ascoltarlo. È il dono che venne dato agli uomini di quel tempo e di quella generazione. Gesù, però, chiama beati anche coloro che avrebbero ascoltato quella rivelazione di grazia che si compie nella sua persona dalla predicazione dei discepoli. È la beatitudine di chi crede pur senza vedere. Gesù afferma così che gli uomini a lui contemporanei hanno avuto un dono in più ma anche una responsabilità in più; quella dell’accoglienza, non sempre onorata, non sempre vissuta come un dono per il quale rendere grazie a Dio Padre.

1 Samuele

1Sam 18, 1-9
Lettura del primo libro di Samuele

In quei giorni. Quando Davide ebbe finito di parlare con Saul, la vita di Giònata s’era legata alla vita di Davide, e Giònata lo amò come se stesso. Saul in quel giorno lo prese con sé e non lo lasciò tornare a casa di suo padre. Giònata strinse con Davide un patto, perché lo amava come se stesso. Giònata si tolse il mantello che indossava e lo diede a Davide e vi aggiunse i suoi abiti, la sua spada, il suo arco e la cintura. Davide riusciva in tutti gli incarichi che Saul gli affidava, così che Saul lo pose al comando dei guerrieri ed era gradito a tutto il popolo e anche ai ministri di Saul. Al loro rientrare, mentre Davide tornava dall’uccisione del Filisteo, uscirono le donne da tutte le città d’Israele a cantare e a danzare incontro al re Saul, accompagnandosi con i tamburelli, con grida di gioia e con sistri. Le donne cantavano danzando e dicevano: «Ha ucciso Saul i suoi mille e Davide i suoi diecimila». Saul ne fu molto irritato e gli parvero cattive quelle parole. Diceva: «Hanno dato a Davide diecimila, a me ne hanno dati mille. Non gli manca altro che il regno». Così da quel giorno in poi Saul guardava sospettoso Davide.

La prima scrittura può essere interpretata proprio in base alla parola del Signore: “beati voi perché i vostri nomi sono scritti nel cielo”. Il primo nome ad essere scritto nel cielo è quello di Saul, chiamato ad essere re di Israele. Un uomo che accetta solo apparentemente quello che gli viene proposto. Il suo dono di grazia cesserà proprio perché non sarà in grado di perseverare e non accetterà, alla fine, il dono di grazie posto nelle sue mani.

Il secondo nome scritto nei cieli è quello di Davide, che riesce bene in ogni sua opera, proprio perché si apre alla rivelazione di Dio e compie la sua volontà con disponibilità e semplicità di cuore.

Il terzo nome è quello di Gionata, il figlio di Saul, che si lega a Davide con un’amicizia sincera e profonda, un’amicizia nella quale Gionata tratta Davide come un fratello da accogliere, da seguire, da servire.

Potremmo anche aggiungere un quarto nome scritto nei cieli ed è quello sconosciuto delle persone semplici che sanno vedere in Davide ciò che accadrà, sanno riconoscere in lui una presenza straordinaria di Dio, che, a suo tempo, diventerà benedizione per tutto il popolo.

Per noi

  • Abbiamo la capacità di pensare che è anzitutto il nostro nome ad essere scritto nelle mani di Dio?

Noi abbiamo accolto la fede come un dono, siamo qui per approfondire la fede che ci è stata data, cerchiamo, per quanto possiamo, di conoscere e di servire il Signore, così come siamo capaci e per quello che possiamo fare. Il nostro nome è già benedetto da Dio per tutti i doni che ci sono stati fatti, doni che vengono sempre rinnovati nel mistero della fede. Viviamo con responsabilità questa grazia?

  • Viviamo l’amicizia come forma di benedizione?

Amicizia, accoglienza, come abbiamo sentito nei testi biblici, sono forme di benedizione, sono forme di presenza del mistero di Dio che si rende presente anche in questi aspetti belli della vita. Vivere l’amicizia come un dono è certamente una delle realtà alla quale siamo chiamati anche tutti noi. Vivere l’amicizia umana con la responsabilità di chi custodisce un dono di Dio è certamente una grazia straordinaria. Siamo pronti e disposti a viverla?

2021-07-17T11:45:27+02:00