Settimana della 8 domenica dopo Pentecoste – martedì
Vangelo
Lc 10, 13-16
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù parlava ai settantadue discepoli e disse: «Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato».
Come dicevo ieri, la missione dei 72 deve essere una missione fortemente consolatoria. Il loro compito è quello di annunciare la vicinanza di Dio, il suo regno. Dovunque questa missione sarà accolta, non mancheranno i frutti dello Spirito. C’è però una responsabilità dell’uomo. Chi sarà responsabile del rifiuto della Parola di Dio, chi sarà responsabile del rifiuto dei suoi messaggeri, sarà responsabile non tanto del fallimento della loro missione – essa è già consolata da Dio – quanto piuttosto dell’aver “ucciso” la Parola di Dio, ovvero di aver reso vana la stessa forza di amore di Dio. Chi rende vana questa presenza, chi rende vana questa forza di amore, non potrà mai sperimentare la vicinanza di Dio e la sua forte consolazione. Ecco il senso di questo “guai!” pronunciato da Gesù. Gesù fa l’esperienza che tutti facciamo: spesso le persone sulle quali si riversa maggiore attenzione e amore, sono anche le persone meno riconoscenti. Le persone sulle quali si riversa maggiormente la propria attenzione e il proprio servizio, sono le più ingrate e quelle che si allontaneranno prima. Gesù lo sperimenta nei confronti delle città di Corazin, di Betsaida, più volte visitate dal Signore e più volte luogo di predicazioni intense, eppure la gente non si converte! Ci sono altri luoghi, come Tiro, Sidone, le città che Gesù ha visitato brevemente una sola volta che, al contrario, si sono dimostrate molto più accoglienti nei confronti del suo ministero. È la logica conseguenza di quello che ascoltavamo ieri. Ci sono luoghi nei quali il Figlio di Dio stesso ha dovuto “scuotere la polvere dai calzari”, per usare l’immagine della sua stessa predicazione, perché non hanno accolto la sua persona, la sua presenza, il suo ministero, la sua parola.
1 Samuele
1Sam 9, 15 – 10, 1
Lettura del primo libro di Samuele
In quei giorni. Il Signore aveva rivelato all’orecchio di Samuele, un giorno prima che giungesse Saul: «Domani a quest’ora ti manderò un uomo della terra di Beniamino e tu lo ungerai come capo del mio popolo Israele. Egli salverà il mio popolo dalle mani dei Filistei, perché io ho guardato il mio popolo, essendo giunto fino a me il suo grido». Quando Samuele vide Saul, il Signore gli confermò: «Ecco l’uomo di cui ti ho parlato: costui reggerà il mio popolo». Saul si accostò a Samuele in mezzo alla porta e gli chiese: «Indicami per favore la casa del veggente». Samuele rispose a Saul: «Sono io il veggente. Precedimi su, all’altura. Oggi voi due mangerete con me. Ti congederò domani mattina e ti darò indicazioni su tutto ciò che hai in mente. Riguardo poi alle tue asine smarrite tre giorni fa, non stare in pensiero, perché sono state ritrovate. A chi del resto appartiene quel che c’è di prezioso in Israele, se non a te e a tutta la casa di tuo padre?». Rispose Saul: «Non sono io forse un Beniaminita, della più piccola tribù d’Israele? E la mia famiglia non è forse la più piccola fra tutte le famiglie della tribù di Beniamino? Perché mi hai parlato in questo modo?». Ma Samuele prese Saul e il suo domestico e li fece entrare nella sala, e assegnò loro il posto a capo degli invitati, che erano una trentina. Quindi Samuele disse al cuoco: «Portami la porzione che ti avevo dato dicendoti: “Mettila da parte”». Il cuoco prese la coscia con la parte che le sta sopra, la pose davanti a Saul e disse: «Ecco, quel che è rimasto ti è posto davanti: mangia, perché è per questa circostanza che è stato conservato per te, quando si è detto: “Ho invitato il popolo”». Così quel giorno Saul mangiò con Samuele. Scesero poi dall’altura in città, e Samuele s’intrattenne con Saul sulla terrazza. Di buon mattino, al sorgere dell’aurora, Samuele chiamò Saul che era sulla terrazza, dicendo: «Àlzati, perché devo congedarti». Saul si alzò e ambedue, lui e Samuele, uscirono. Quando furono scesi alla periferia della città, Samuele disse a Saul: «Ordina al domestico che vada avanti». E il domestico passò oltre. «Tu férmati un momento, perché ti possa comunicare la parola di Dio». Samuele prese allora l’ampolla dell’olio e gliela versò sulla testa, poi lo baciò dicendo: «Non ti ha forse unto il Signore come capo sulla sua eredità?».
Così sarà anche la vicenda di Saul. Egli viene accolto dal profeta, viene da lui ascoltato. Non solo. Il profeta gli manifesta una vocazione singolare, straordinaria: divenire il primo re di Israele, quel re tanto atteso dalla gente e dai capi del popolo che hanno compreso che stare insieme, come unione di tribù, non è facile senza un “capo”. Saul non ha, apparentemente, nessun requisito del capo. Viene da una tribù piccola, la sua famiglia non è che la più piccola della tribù. Il suo mestiere è il pastore, non certo un ruolo che gli ha insegnato grandi cose. Eppure è proprio a lui che viene chiesto di essere “capo” di Israele; è a lui che viene chiesto di prendere la responsabilità di guidare il cammino comune, anche se difficile. Egli non dovrà fare molto, se non vivere con umiltà questo incarico e lasciare che siano Dio e il suo profeta a rivelargli cosa dovrà fare.
Progetto che in un primo tempo riesce perfettamente – saranno i giorni in cui Saul sperimenterà la vicinanza e la benedizione di Dio – ma che terminerà tragicamente quando Saul penserà di essere l’artefice della sua stessa fortuna e perderà tutto. Sarà la chiusura, l’invidia, la paura che invaderà questo ragazzo della periferia del regno – come lui stesso si definiva nella lettura – a condurlo lontano da Dio e, quindi, alla rovina e all’insignificanza. Cosa che accadrà anche al suo regno. Sarà solo sotto il regno di Davide che si conoscerà un riscatto del regno stesso.
Saul, che parte accogliendo la benedizione di Dio e vivendo di questa benedizione, finirà male, odiato dagli uomini, per aver rifiutato la protezione che Dio gli aveva offerto attraverso il profeta e i suoi richiami di fede.
Per noi
Noi dobbiamo stare attenti perché siamo proprio nella posizione di Corazin, Betsaida, Saul. Abbiamo ricevuto molto, moltissimo. Abbiamo ricevuto ogni sorta di benedizione e di dono spirituale di Dio. Abbiamo avuto la grazia del dono della fede, abbiamo avuto la grazia di uomini di Dio che hanno sempre guidato il nostro cammino, abbiamo avuto la grazia di essere in una comunità di credenti che è la Chiesa. Questa grazia non può e non deve andare sprecata. Questa grazia deve trasformarsi in invito alla responsabilità. Questa grazia deve diventare occasione per rendere a Dio il molto con cui siamo stati benedetti. Tocca a noi farlo! È responsabilità nostra. Se lasceremo cadere questa grazia, saremo un po’ come le città che ebbero il dono di una grande predicazione di Gesù e non l’accolsero, oppure come Saul, al quale vennero fatti grandi doni spirituali dei quali non si avvide…
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- Ringrazio Dio per quello che sono?
- So mettere a disposizione di Dio me stesso perché la sua grande opera si compia in me?