Domenica 21 novembre

2 di Avvento

Per introdurci

Le sorprese di Dio non finiscono mai! Così vogliamo continuare a vivere questo avvento che abbiamo appena iniziato. La sorpresa di Dio è quella del rinnovarsi di quell’alleanza con Lui che, sempre, in molti modi, viene interrotta da ogni uomo. Ecco, in sintesi, cosa ci dicono le tre scritture che abbiamo ascoltato.

Isaia

Is 19, 18-24
Lettura del profeta Isaia

Così dice il Signore Dio: «In quel giorno ci saranno cinque città nell’Egitto che parleranno la lingua di Canaan e giureranno per il Signore degli eserciti; una di esse si chiamerà Città del Sole. In quel giorno ci sarà un altare dedicato al Signore in mezzo alla terra d’Egitto e una stele in onore del Signore presso la sua frontiera: sarà un segno e una testimonianza per il Signore degli eserciti nella terra d’Egitto. Quando, di fronte agli avversari, invocheranno il Signore, allora egli manderà loro un salvatore che li difenderà e li libererà. Il Signore si farà conoscere agli Egiziani e gli Egiziani riconosceranno in quel giorno il Signore, lo serviranno con sacrifici e offerte, faranno voti al Signore e li adempiranno. Il Signore percuoterà ancora gli Egiziani, ma, una volta colpiti, li risanerà. Essi faranno ritorno al Signore ed egli si placherà e li risanerà. In quel giorno ci sarà una strada dall’Egitto verso l’Assiria; l’Assiro andrà in Egitto e l’Egiziano in Assiria, e gli Egiziani renderanno culto insieme con gli Assiri. In quel giorno Israele sarà il terzo con l’Egitto e l’Assiria, una benedizione in mezzo alla terra».

Efesini

Ef 3, 8-13
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini

Fratelli, a me, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo, affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, nel quale abbiamo la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in lui. Vi prego quindi di non perdervi d’animo a causa delle mie tribolazioni per voi: sono gloria vostra.

Vangelo

Mc 1, 1-8
✠ Lettura del Vangelo secondo Marco

Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaia: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Un uomo nel deserto

Colpisce, in questa seconda domenica di Avvento, la figura di Giovanni il Battista, uomo che è nel deserto. Egli è il prototipo di ogni “figlio del regno”, il prototipo di ogni uomo, ogni donna che vuole ascoltare la voce di Dio che parla all’interno della propria anima. È per questo che egli ha lasciato la città, il luogo sacro per eccellenza in Israele, il tempio, dove egli, figlio di sacerdote, avrebbe potuto trovare il proprio posto e la propria collocazione. Giovanni sceglie il deserto per lasciare che sia Dio a parlare al suo cuore. Così come sceglie una vita di rinuncia, una vita essenziale, per lasciare che non siano le cose a riempire la sua vita, il suo tempo, ad essere la sua preoccupazione, ma Dio solo. Sebbene possa sembrare una fuga, la sua vita nel deserto non lo è. Egli è solo, si nutre della solitudine, del silenzio, della presenza misteriosa del suo Dio, e, per questo, diventa accogliente. È lui che accoglie tutti coloro che, da Gerusalemme, si ritirano presso di lui per un consiglio, per una domanda, per una richiesta, per una preghiera, per ottenere quel perdono dei peccati che non è tanto l’atteggiamento del singolo che chiede perdono a Dio per qualche mancanza concreta della vita, quanto, piuttosto, un atteggiamento interiore di chi si domanda quale sia lo stile di vita di chi attende il Signore. Giovanni è quel “figlio del regno” che prepara altri “figli del regno” ad attendere il dono dello Spirito Santo. In una vita che si libera dalle cose per Dio, trova spazio il modello di un uomo che si consacra al Signore per lasciare spazio allo Spirito di Dio. Così egli è testimone di una novità di vita personale e per tutti. Quella personale: egli non si è limitato a ripetere la storia di suo padre: ha cercato altro, ha scrutato la sua anima e l’ha consacrata a Dio. Il suo rinnovamento è partito da una più forte alleanza con il Padre di tutti e si è trasformato in una vita che è diventata richiamo per ciascuno. Una novità per tutti: secondo Giovanni è la vita di tutti che attende un rinnovamento interiore per garantirne, poi, uno esteriore. Liberarsi dalla dimensione del peccato che schiaccia l’anima, rende possibile una nuova alleanza con Dio. Alleanza che crea uno stile di vita nuovo. Stile di vita che diventa testimonianza per altri. Ecco il movimento circolare che Giovanni inaugura e che diventa subito fecondo: da Gerusalemme, dalla Giudea molti altri decidono di scendere al Giordano, per confessare i loro peccati, ovvero per intraprendere uno stile di vita nuovo che diventa testimonianza per tutti. Giovanni è l’interprete del pensiero di Dio: non esiste vita che non abbia la possibilità di un ritorno, di una riconciliazione, di un nuovo inizio. Nuovo inizio che diventa, poi, occasione per rilanciare la propria adesione al bene, al servizio, alla vicinanza, all’accoglienza, alla generosità. Quando una vita si converte a Dio, sbocciano questi frutti di novità che sono i frutti dello spirito. Due i frutti specifici di questa conversione.

Il richiamo alla conversione universale

Il primo  un richiamo perché tutti si convertano, tutti incontrino quella via di Dio che è richiamo alla salvezza. Ce lo diceva il profeta nella prima lettura. A noi, forse, un testo che dice poco o niente. In realtà un testo denso di significato. L’Egitto, l’Assiria sono le due superpotenze di quel tempo. In un rapporto molto altalenante con Israele, da luoghi di accoglienza a nemici giurati. Da sostegno nel cammino dei popoli a opposizione su tutti i fronti. Queste nazioni non hanno la stessa fede di Israele, eppure il profeta diceva che se la conversione di Israele sarà reale, se ci saranno anime che loderanno il nome di Dio rinnovando l’alleanza con Lui, non mancheranno nemmeno in queste nazioni simbolo nuovi credenti. La novità di vita che illumina un’anima, quando è reale, diventa sempre testimonianza convincente, che richiama altri alla fede. Ecco la prima conseguenza di una conversione reale a Dio.

Eleggere le difficoltà

L’altra conseguenza è quella esposta da San Paolo. Quando un’anima si converte, accende quella novità di vita che viene da Dio e che è frutto dello Spirito Santo, allora non contano nemmeno più le tribolazioni stesse della vita. Anzi, dice l’apostolo, le tribolazioni della vita diventano garanzia del percorso che si sta attuando, diventano certezza che si sta camminando sulla via del bene, sulla via di Dio. Chi rinnova l’alleanza con Dio confessando il proprio peccato non chiede il dono di una vita tranquilla, pacifica, serena che non abbia nessun genere di tribolazione. Piuttosto si dispone ad offrire a Dio la propria vita per quello che è, lasciando che le tribolazioni del tempo presente, non siano altro che un modo per far brillare sopra ogni cosa il mistero di Dio che tutti chiama alla salvezza e alla libertà del cuore. L’alleanza che si rinnova nella confessione dei peccati, diventa occasione “per accedere a Dio in piena fiducia”. È l’espressione più bella di San Paolo. Chi rinnova l’alleanza con Dio non deve più temere nulla. Ha la piena fiducia di vivere un cammino che è realmente rinnovamento e novità.

Per noi

Può essere che abbiamo più volte sentito qualche richiamo alla conversione del cuore. Può essere che più volte ci siamo dedicati anche a vivere questi richiami della parola di Dio e può anche essere che ci siamo accostati alla confessione con animo ben disposto e sincero. Conversione che è durata lo spazio di un tempo. Poi le cose sono tornate più  o meno come sempre tanto che abbiamo l’impressione che il cammino di fede sia un po’ sempre quello e che manchi di uno slancio realmente rinnovatore della coscienza. Cosa fare? Come rendere lo slancio della coscienza non un pensiero puntuale, non un impegno che dura una stagione ma una realtà che realmente rinnova la coscienza e, quindi, diventa garanzia di una vita più cristiana? Credo che le letture ci provochino a questi passaggi:

  • Ascoltare le domande vere che sono dentro di noi. Giovanni, Paolo, Isaia hanno fatto questo. Hanno avuto il coraggio di fermarsi a pensare alle domande che avevano nel cuore. Si sono dedicati un tempo, un luogo per pensare a questo e a nient’altro. Hanno rinnovato la loro vita con quella pace che viene da Dio e che nulla, poi, può scalfire.
  • Ascoltare la domanda radicale dell’uomo: la morte. Isaia, Paolo, Giovanni il Battista, si sono posti tutti una domanda cruciale: qual è il senso della vita? Come stare di fronte alla morte che è l’evento che rende ogni vita vera? I testimoni di questa domenica ci dicono tutti che senza attesa di Dio e, quindi, senza attesa della morte, non c’è dimensione di vera conversione e, quindi, di rinnovamento dell’alleanza. Ecco perché leggiamo le loro parole in Avvento: sono testimonianza di quel senso di attesa che dovrebbe nascere in ciascuno di noi.
  • Dall’interrogare all’essere interrogati. Tutti i protagonisti di questa liturgia della Parola hanno interrogato sé stessi, hanno interrogato la propria coscienza, hanno interrogato Dio, ma si sono sentiti anche interrogati da Lui. Comprendendo così che la conversione, la confessione dei peccati a cui faceva cenno il vangelo, non è semplicemente il riconoscere una situazione oggettivamente sbagliata che ha riguardato la vita, ma, piuttosto, il cercare quelle grandi dimensioni della vita che allontanano da Dio e che mortificano l’alleanza con Lui.
  • Riconoscere il peccato significa riconoscere l’invadenza del proprio io. Le scritture ci dicono che quando Israele ha pensato solo a sé stesso, alla propria sicurezza, al proprio benessere, alla propria vita, ha perso tutto. Così San Paolo. È solo quando uno limita quell’invadenza dell’io che è la vera dimensione di peccato che impedisce il rinnovarsi dell’alleanza con Dio, che nasce una vera conversione e una vera consegna a Dio. È il percorso di Giovanni il Battista, che limita il proprio io e si consegna a Dio e fa delle tribolazioni che vengono da questo rinnovamento di vita un’occasione di ulteriore adesione alla volontà di Dio.

Rinnovare l’alleanza, in sintesi, significa non solo confessare puntualmente le proprie mancanze, ma rinnovare la propria mentalità e diventare incapaci di concepire la propria vita se non in Dio. Proposta di rinnovamento che è per noi. A noi è chiesto non solo di vivere confessioni sacramentali serie, impegnative, profonde, che sappiano non solo limitarsi alle generiche mancanze della vita ma che sappiano scendere nel profondo, ma, oltre a questo, a cercare quella dimensione di rinnovamento della mente, di elezione delle difficoltà della vita che fa, di ogni occasione, un’opportunità per rendere il proprio cammino ancora più serio e significativo. È questa la novità di vita che la seconda settimana di avvento vorrebbe accendere dentro di noi.

Per gli sposi e la famiglia

Anche in questa settimana vogliamo rileggere una frase di Amoris Letitia che indichi un cammino puntuale agli sposi e alla famiglia. Scrive il Papa al numero 211: non bisogna mai dimenticare di proporre loro la Riconciliazione sacramentale, che permette di porre i peccati e gli errori della vita passata, e della stessa relazione, sotto l’influsso del perdono misericordioso di Dio e della sua forza risanatrice”. L’impegno di questa seconda settimana di avvento non è, quindi, solo quello di richiamare la confessione, genericamente per tutti, ma è quello di proporre la riconciliazione come strumento di perfezione dell’amore in famiglia. Perché, allora, non prendere in esame la cosa, perché non parlarne in famiglia, perché non pensare di andare tutti a confessarci? Almeno nella coppia potrebbe esserci una preparazione comune e una celebrazione nello stesso giorno. Ciascuno per sé stesso e per i suoi peccati, ma nel medesimo giorno, così che ci sia un’abbondante dose di grazia che si rinnova per tutta la famiglia. Se, poi, si riescono a coinvolgere anche i figli, la grazia operante nel sacramento, sarà ancora più abbondante.

Scopriamo insieme quella novità di vita che Dio rende possibile in tutti noi attraverso il Sacramento. Ne risulterà fortificata non solo la nostra vita ma quella di tutta la famiglia.

2021-11-22T16:50:50+01:00