Venerdì 23 aprile

Settimana della 3 domenica di Pasqua – Venerdì

Vangelo

Gv 6, 22-2
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. La folla, rimasta dall’altra parte del mare, vide che c’era soltanto una barca e che il Signore Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie. Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

Il Vangelo di oggi ci fa concludere l’episodio che stiamo leggendo dal Vangelo di Giovanni. I discepoli che avevano cominciato la traversata da soli, come ricorderete sono stati raggiunti da Gesù ed hanno ritrovato quel coraggio che serve per vincere le sfide della vita. Gesù ha confortato il discepolo, ma ora, nuovamente, Egli deve confortare le persone. San Giovanni ci diceva come la gente iniziò ad accorrere nel luogo dove aveva intuito che Gesù fosse. Gesù rimane contento di questa ricerca che la gente ha portato avanti in condizioni difficili, e tuttavia intuisce il vero scopo per cui è cercato: non la conoscenza del Padre, non l’approfondimento della fede, ma la fame. La fame che porta la gente a sperare in un nuovo miracolo di moltiplicazione, la gente che spera di non lavorare più perché Cristo salva tutto…

L’intenzione di questa ricerca, dice Gesù ai suoi interlocutori, non è vera, non proviene dal cuore, si ferma alla superficie della fede, si ferma alle cose esteriori. Ecco perché Gesù, pur accogliendo tutti, ricorda il vero senso di quel miracolo e raccomanda: “datevi da fare per il cibo che non perisce”, ricordando così che l’uomo pensa sempre alla pancia prima che al resto! Pensa prima a stare bene per poi, caso mai, dedicarsi a quello che la fede raccomanda o a quello che c’è da correggere nel proprio atteggiamento, o, a quello che ci sta facendo lontani da Dio. Gesù deve richiamare questa verità, per evitare che gli uomini che non hanno una salda fede, lo seguano e, al tempo stesso, per purificare l’intenzione di coloro che già lo stanno seguendo.

Credere in Colui che il Padre ha mandato” è l’unica cosa concreta che Egli chiede. Certo non si intendeva di scafi, eppure Giovanni ricorda che solo nella radice della fede si trova la verità della vita. È così che Gesù traghetterà i suoi su un altro discorso, di vitale importanza, oltre quello che già conosciamo: il discorso sul pane della vita.

Atti

At 7, 55 – 8, 1a
Lettura degli Atti degli Apostoli

In quei giorni. Stefano, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio». Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì. Saulo approvava la sua uccisione.

Anche sulla scena del martirio di Stefano accadono cose simili. Ci sono persone che si lasciano prendere la mano dalla situazione, persone che sicuramente hanno tirato sassi senza nemmeno sapere bene il perché; oppure ci sono gli indifferenti, come Paolo. Indifferenti che però partecipano alla scena. I giudei lapidatori di Stefano mettono i propri mantelli nella sua custodia quando li abbandonano per raccogliere le pietre che devono poi essere lanciate! Una scena molto dura e cruda che ci ricorda come anche chi sembra partecipare al male solo da lontano, di fatto, si rende connivente con il male. Saulo, che è ancora ragazzo, forse troppo giovane per essere unito ai lanciatori di pietre, fa il custode dei mantelli ma, di fatto, approva chi fa il male.

Stefano muore anche per lui, Stefano muore citando la preghiera di Gesù sulla croce che aveva evidentemente meditato bene prima di morire lapidato ed effondendo il suo sangue per amore, come Gesù. San Luca ci mostra, nel volto morente di Stefano, lo stesso volto di Cristo. Stefano, trasfigurato dalla Parola meditata e dalla Eucarestia ricevuta, sostiene una morte del tutto simile a quella del Signore.

Per noi

Anche noi siamo invitati a sentirci sostenuti, per le cose della vita, dal medesimo pane di vita e dalla medesima volontà di Cristo. Anche noi siamo chiamati a donare la vita per amore, come Stefano. È molto probabile che non contempleremo i cieli aperti; è molto probabile che non sentiremo parole dette apposta per noi da Cristo, ma è certo che la luce della Parola di Dio è per noi e, come tale, deve entrare in noi. Noi ci sentiremo sostenuti dall’Eucarestia se, ricevendola con vero senso di abbandono nelle mani del Padre, ne faremo il pane della vita eterna. Essa ci condurrà fino alla visione di Dio, sostenendoci anche nella morte, se noi la riceveremo con il desiderio di Stefano: come viatico per la vita eterna.

  • Ci sentiamo anche noi sostenuti dall’Eucarestia e dalla Parola?
  • Sappiamo che tocca noi farle diventare viatico, ovvero sostegno fino alla vita eterna?
2021-04-15T17:34:47+02:00