Lunedì 24 Febbraio

Settimana dell’ ultima domenica dopo l’Epifania – lunedì

Questa settimana ci porterà direttamente in quaresima. Ecco perché è stata pensata come un’ultima riflessione sapienziale che guida il fedele verso quel tempo che è, per eccellenza, tempo di ascolto e di conversione. È per questo che, nella prima lettura, ascolteremo la riflessione di un altro sapiente antico, Qoelet.

Qoelet

Qo 1, 16 – 2, 11
Lettura del libro del Qoèlet

Io, Qoèlet, pensavo e dicevo fra me: «Ecco, io sono cresciuto e avanzato in sapienza più di quanti regnarono prima di me a Gerusalemme. La mia mente ha curato molto la sapienza e la scienza». Ho deciso allora di conoscere la sapienza e la scienza, come anche la stoltezza e la follia, e ho capito che anche questo è un correre dietro al vento.
Infatti: molta sapienza, molto affanno; chi accresce il sapere aumenta il dolore. Io dicevo fra me: «Vieni, dunque, voglio metterti alla prova con la gioia. Gusta il piacere!». Ma ecco, anche questo è vanità. Del riso ho detto: «Follia!» e della gioia: «A che giova?». Ho voluto fare un’esperienza: allietare il mio corpo con il vino e così afferrare la follia, pur dedicandomi con la mente alla sapienza. Volevo scoprire se c’è qualche bene per gli uomini che essi possano realizzare sotto il cielo durante i pochi giorni della loro vita. Ho intrapreso grandi opere, mi sono fabbricato case, mi sono piantato vigneti. Mi sono fatto parchi e giardini e vi ho piantato alberi da frutto d’ogni specie; mi sono fatto vasche per irrigare con l’acqua quelle piantagioni in crescita. Ho acquistato schiavi e schiave e altri ne ho avuti nati in casa; ho posseduto anche armenti e greggi in gran numero, più di tutti i miei predecessori a Gerusalemme. Ho accumulato per me anche argento e oro, ricchezze di re e di province. Mi sono procurato cantori e cantatrici, insieme con molte donne, delizie degli uomini. Sono divenuto più ricco e più potente di tutti i miei predecessori a Gerusalemme, pur conservando la mia sapienza. Non ho negato ai miei occhi nulla di ciò che bramavano, né ho rifiutato alcuna soddisfazione al mio cuore, che godeva d’ogni mia fatica: questa è stata la parte che ho ricavato da tutte le mie fatiche. Ho considerato tutte le opere fatte dalle mie mani e tutta la fatica che avevo affrontato per realizzarle. Ed ecco: tutto è vanità e un correre dietro al vento. Non c’è alcun guadagno sotto il sole.

Quale atteggiamento dell’uomo è davvero sapiente? Apparentemente vi sono molti progetti che sembrano soddisfare le brame dell’uomo. La ricerca di sapienza, la ricerca di sapere come chiave di interpretazione di tutta l’esistenza; oppure il cercare di accumulare molta ricchezza; oppure l’avere delle belle donne, dal momento che chi scrive è un uomo; oppure il dedicarsi ai piaceri del vino e dell’ozio; oppure molte altre cose che potrebbero andare oltre l’elenco del sapiente e di quanto vede. Egli ha bene in mente, oltre alla sua ricerca di sapienza, anche come vivono molto uomini del suo tempo ed egli, appunto da sapiente, non cessa di scrutare il modo con cui gli uomini vivono “sotto il sole”, ovvero su tutta la terra.

La conclusione del sapiente sembra molto amara: “vanità, tutto è vanità, è un correre dietro al vento. Non c’è alcun guadagno sotto il sole”. Con questo egli non intende disdegnare ciò che accade nella vita degli uomini, piuttosto intende richiamare tutti ad una riflessione: per cosa vale davvero la pena di vivere? Che cosa può appagare realmente la vita di un uomo? Cosa può renderla davvero degna di questo nome?

Vangelo

Mc 12, 13-17
✠ Lettura del Vangelo secondo Marco

In quel tempo. I capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani mandarono dal Signore Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?». Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio». E rimasero ammirati di lui.

Si comprende bene, allora, la riflessione che viene dal Vangelo: anche i contemporanei di Gesù sono alla ricerca di uno stile di vita che valga davvero la pena di essere perseguito. Molti vorrebbero avere più libertà, meno tasse da pagare ed interrogano Gesù anche su questo. Gesù risponde con puntualità e precisione: “date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”, frase sapiente che non intende solamente invitare ad uno stile di vita coerente con la propria fede e, per questo, collaborativo verso la società civile. Nemmeno vuole essere un invito a dividere ciò che è spirituale da ciò che è temporale. Piuttosto vuole indicare quell’atteggiamento di sapienza vera che tutti dovrebbero avere se si desidera vivere una vita piena di sapienza e di senso. “Dare a Dio quello che è di Dio”, e cioè l’anima, significa vivere ogni giorno con una grande attenzione ai valori della fede; significa interrogarsi sulla volontà di Dio da scoprire, da amare, da compiere; significa intraprendere quell’itinerario di fede che illumina la mente e che deve condurre ogni uomo a vivere sempre tutto riferendosi a Dio, creatore di ogni cosa e datore di ogni bene. Gesù dice chiaramente che nulla, nella vita dell’uomo, avviene a caso e che non si dovrebbe giudicare niente inutile, vano, ininfluente sulla vita dell’uomo. Questa visione della vita, delle cose, del mondo, viene vissuta da chi ricerca proprio in Dio la sapienza della sua vita. L’atteggiamento interiore di chi vuole “dare a Dio quello che è di Dio” si concretizza, alla fine, nell’itinerario di fede. Chi vive con fede la propria esistenza rimette nelle mani di Dio tutto quanto è. È solo questa una vita realizzata, piena, degna di essere vissuta

Per Noi

Certamente oggi il tema dello “stile di vita” è molto importante e sono in molti a ergersi come sapienti e a richiamare chi una via chi l’altra. Forse l’uomo di fede non vive in questo modo. Egli attende che sia Dio a rivelare quella sapienza che diventa criterio per giudicare ogni cosa e, quindi, anche per decidere come vivere. La sapienza di Dio chiede un ascolto umile e un’obbedienza pronta. Forse è per questo che, oggi, sono in pochissimi a seguire questa vita. Chi si ritira più per ascoltare la sapienza di Dio? Chi si mette a giudicare ogni cosa della vita con i valori del Vangelo? chi si lascia guidare non dalle mode o dalle diatribe del proprio tempo, e giunge a quella Verità che, proprio perché tale, è per sempre? Oggi, dobbiamo dirlo, un numero sempre più esiguo di persone, sempre più sole, sempre più isolate. Viviamo in un contesto di fede dove la fede viene irrisa e denigrata.

Dovremmo avere il coraggio di dire che questo atteggiamento è nocivo, dannoso, non sapiente, inutile, o, per stare ai termini della prima lettura, “vanità delle vanità”. Forse tocca proprio noi poter giungere ad avere quello stile di vita che richiama al vero, al giusto, all’essenziale, per cui vale sempre la pena di spendere la propria vita. Se non faremo così anche noi rischieremo di essere una delle tante voci del mondo, che passano, che vanno, come le vanità. Ma se avremo il coraggio di vivere come chi dà a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio, riporteremo l’uomo a pensare che una vita degna di questo nome, è solo quella che cerca la Verità di Dio che rimane per sempre.

  • Quale criterio di sapienza inseguo?
  • Cosa è, per me, vanità delle vanità?
  • Quale sforzo sto compiendo, ben prima della quaresima, per dare la mia anima a Dio?
2020-02-21T18:37:22+01:00