Settimana della 4 domenica dopo il martirio – martedì
La spiritualità di questa settimana
La memoria di Santa Tecla non è così importante ai nostri occhi. Dalla fine del II secolo è attestato il culto di santa Tecla, donna cristiana che non ha esitato a versare il suo sangue per Cristo Signore. Le Chiese ortodosse e greco-cattoliche la chiamano ‘megalomartire’, cioè prima grande donna cristiana che subì il martirio. In effetti è la santa del cui culto si possiede la documentazione più antica, pur gravando la più completa oscurità storica sulla sua vita. Sappiamo solo che Sant’Ambrogio la indicò come modello di vita a tutte le ragazze che volevano consacrare la propria verginità a Dio. Anche noi la ricordiamo e preghiamo per chi, oggi, nella nostra Chiesa, vive questo carisma.
La Parola di questo giorno
LETTURA Gc 3, 1-12
Lettura della lettera di san Giacomo apostolo
Fratelli miei, non siate in molti a fare da maestri, sapendo che riceveremo un giudizio più severo: tutti infatti pecchiamo in molte cose. Se uno non pecca nel parlare, costui è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo. Se mettiamo il morso in bocca ai cavalli perché ci obbediscano, possiamo dirigere anche tutto il loro corpo. Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e spinte da venti gagliardi, con un piccolissimo timone vengono guidate là dove vuole il pilota. Così anche la lingua: è un membro piccolo ma può vantarsi di grandi cose. Ecco: un piccolo fuoco può incendiare una grande foresta! Anche la lingua è un fuoco, il mondo del male! La lingua è inserita nelle nostre membra, contagia tutto il corpo e incendia tutta la nostra vita, traendo la sua fiamma dalla Geènna. Infatti ogni sorta di bestie e di uccelli, di rettili e di esseri marini sono domati e sono stati domati dall’uomo, ma la lingua nessuno la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale. Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio. Dalla stessa bocca escono benedizione e maledizione. Non dev’essere così, fratelli miei! La sorgente può forse far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara? Può forse, miei fratelli, un albero di fichi produrre olive o una vite produrre fichi? Così una sorgente salata non può produrre acqua dolce.
SALMO Sal 38 (39)
Vigilerò sulla mia condotta
per non peccare con la mia lingua.
Ho detto: «Vigilerò sulla mia condotta
per non peccare con la mia lingua;
metterò il morso alla mia bocca
finché ho davanti il malvagio».
Ammutolito, in silenzio,
tacevo, ma a nulla serviva. R
Mi ardeva il cuore nel petto;
al ripensarci è divampato il fuoco.
Allora ho lasciato parlare la mia lingua:
«Fammi conoscere, Signore, la mia fine,
quale sia la misura dei miei giorni,
e saprò quanto fragile io sono». R
Sì, è solo un soffio ogni uomo che vive;
sì, è come un’ombra l’uomo che passa.
Ora, che potrei attendere, Signore?
È in te la mia speranza.
Ammutolito, non apro bocca,
perché sei tu che agisci. R
Ascolta la mia preghiera, Signore,
porgi l’orecchio al mio grido,
non essere sordo alle mie lacrime,
perché presso di te io sono forestiero,
ospite come tutti i miei padri. R
VANGELO Lc 18, 35-43
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Mentre il Signore Gesù si avvicinava a Gerico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!». Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato». Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.
Giacomo
Anche questa predicazione di San Giacomo sul valore della parola o sulla pericolosità della lingua è molto nota e tutti la condividiamo. Salvo, poi, fare grandissima fatica a controllare la nostra parola! Perché è vero che pur sapendo che la “lingua uccide più che la spada”, come dice il sapiente Siracide, tutti facciamo assoluta fatica a vivere bene questo genere di raccomandazione. Perché? Forse perché tanti vogliono farsi maestri con qualche loro esempio di vita e, quindi, raccontano. Forse perché c’è una naturale predisposizione a chiacchierare. Forse perché non si ama il silenzio e, anzi, lo si teme. Fatto sta che tutti facciamo davvero fatica a tenere a freno la lingua. San Giacomo ci offre una meditazione sapienziale. Come non ci può essere una sorgente che emana, al tempo stesso, acqua dolce e acqua salata, così la lingua dell’uomo. O emergono da essa cose buone e pensieri ispirati da Dio, oppure essa serve per ferire il fratello. Non è possibile che le due cose si compongano. Ecco perché San Giacomo invita alla vigilanza. La vigilanza nasce dove ci sono credenti che capiscono che, non potendo emanare dalla propria lingua cose buone e cattive, frenano il più possibile qualsiasi sentimento negativo, ricordando che la voce è, anzitutto, per la lode di Dio, la richiesta a Lui di cose buone, l’intercessione.
Vangelo
Questo è anche ciò che ci insegna il cieco di Gerico. Certamente la sua voce si è levata forte quel giorno e quella voce è servita per mettere nelle mani di Dio tutto il suo desiderio: il desiderio di vedere. Forse quel buio forzato del cieco lo aveva davvero illuminato. Egli aveva capito che la vista era un dono prezioso di Dio, un dono prezioso da recuperare, per tornare, poi, con la voce, a lodare il nome di Colui dal quale proviene ogni cosa, il nome da benedire sempre, il nome per cui tutte le cose sono state fatte. Ecco perché il cieco non smette di gridare fino a quando ha ottenuto quello che desiderava. Dimostrando poi, con la sua voce, che la preghiera fatta con fede, unita al desiderio del cuore, sono un ottimo inizio per il cammino di salvezza.
Per noi e per il nostro cammino di fede
Suppongo che ci abbiamo già provato molte volte, come pure che abbiamo già dedicato spazio delle nostre confessioni alla riflessione sulla parola che esce dalla nostra bocca. Certamente abbiamo già anche messo nelle mani di Dio il dolore per tutte le volte in cui, non riuscendo a tenere a freno la bocca, invece della lode, della richiesta, dell’intercessione, abbiamo usato la voce per altro, per dividere, per criticare, per sparlare, o, addirittura, per maledire qualcuno. Forse ci può aiutare proprio l’esempio e l’intercessione di santa Tecla, perché questa Santa è maestra del silenzio. Così, più che proporci un esame diretto su ciò che esce dalla nostra lingua, questa mattina dovremmo chiederci come amiamo il silenzio, come lo interpretiamo, come siamo capaci di vivere bene il riferimento a quell’attitudine che deve sempre essere al centro dei nostri pensieri. Il cristiano, infatti ama il silenzio per far nascere dal suo silenzio una parola buona, una parola di consolazione, una parola che è anche preghiera, richiesta, intercessione. Il valore della parola può essere davvero molto diverso. Tuttavia il cristiano sa bene che, essendo il valore della parola unico, irripetibile, fondamentale, egli non si lascia mai distogliere da quella ricerca di silenzio nel quale trovano vita e senso pieno e compiuto le sue parole. Chiediamo a Santa Tecla questa grazia, per vivere bene la parola che osiamo pronunciare.
Credo che le Scritture e la vita di Satiro provochino anche noi. Anche noi viviamo in un tempo difficile, anche noi viviamo in un tempo nel quale vediamo bene che moltissime persone non hanno alcuna stabilità. Spesso manca una stabilità di vita in tutti i sensi principali, ma poi manca anche una stabilità affettiva, emotiva… credo che tutti vediamo moltissimi uomini instabili e, forse, un poco lo siamo anche noi. Come reagire a questa instabilità diffusa? Io credo che l’unico modo sia quello suggerito dalla Parola di Dio: dando stabilità alla nostra vita attraverso la fede. È questo il solo modo di dare senso ai giorni, alle ore, alle opere che compiamo. Oggi chiediamo questo dono particolare al Signore. Lo chiediamo per intercessione di San Satiro, che seppe dare stabilità e fondamento ai suoi giorni.
Qualche provocazione
- Amo il silenzio?
- Maturo nel silenzio le parole da dire?
- Quando la mia impulsività squalifica la parola che dico?