Settimana della domenica che precede il martirio – Martedì
Vangelo
Lc 3, 15-18
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
Tutta la settimana, come vi dicevo ieri, è in previsione della festa del martirio di Giovanni il Battista, da un lato e dall’altra ricordo delle vicende dei Maccabei. Il vangelo, per questo motivo, ci riporta sempre alla figura e all’opera di Giovanni. Di questo Vangelo noto e che più volte abbiamo già commentato insieme, sottolineo oggi non tanto l’atteggiamento della predicazione di Giovanni quanto, piuttosto, quello del popolo. Si diceva che “tutto il popolo era in attesa”. Ovviamente si fa riferimento all’attesa del Messia, all’attesa che tutto il popolo di Israele vive nella fede, con tutti i richiami che i profeti e gli altri capi del popolo propongono. C’è, quindi, un atteggiamento di generale attenzione al mondo della fede. Perché Giovanni sta in un luogo deserto a predicare? Perché si colloca in un posto poco accessibile e impervio? Naturalmente perché c’è desiderio, da parte della gente, di ascoltarlo, di andare da lui. Se così non fosse stato, avrebbe scelto un altro luogo per far udire la sua voce. Nel deserto Giovanni non solo trova il luogo ideale per la sua vita, ma anche per quella predicazione ruvida e scomoda che egli propone.
Maccabei
1Mac 8, 1-7. 12-18
Lettura del primo libro dei Maccabei
In quei giorni. Giuda venne a conoscere la fama dei Romani: che essi erano molto potenti e favorivano tutti quelli che simpatizzavano per loro e accordavano amicizia a quanti si rivolgevano a loro e che erano forti e potenti. Gli furono narrate le loro guerre e le loro imprese gloriose compiute tra i Galli e come li avessero vinti e resi tributari; quanto avevano compiuto nella Spagna per impadronirsi delle miniere d’oro e d’argento che vi sono, e come avevano sottomesso tutta la regione con la loro saggezza e costanza, benché il paese fosse assai lontano da loro. Avevano vinto i re che erano venuti contro di loro dall’estremità della terra: li avevano sconfitti e avevano inflitto loro gravi colpi, mentre gli altri pagavano loro il tributo ogni anno. Avevano poi sconfitto in guerra e sottomesso Filippo e Persèo, re dei Chittìm, e quanti si erano sollevati contro di loro. Antìoco, il grande re dell’Asia, era sceso in guerra contro di loro con centoventi elefanti, cavalleria, carri e un esercito immenso, ma era stato sconfitto da loro, lo avevano preso vivo e gli avevano imposto di pagare, lui e i suoi successori, un tributo ingente. Avevano assoggettato i re vicini e quelli lontani, e quanti sentivano il loro nome ne avevano timore. Quelli che essi vogliono aiutare e far regnare, regnano; quelli che essi vogliono, li depongono, tanto si sono levati in alto. Con tutti questi successi nessuno di loro si è imposto il diadema né si è rivestito di porpora per fregiarsene. Essi hanno costituito un consiglio e ogni giorno trecentoventi consiglieri si consultano continuamente riguardo al popolo, perché sia ben governato. Affidano il comando e il governo di tutti i loro domìni a uno di loro per un anno e tutti obbediscono a quello solo e non c’è in loro invidia né gelosia. Giuda pertanto scelse Eupòlemo, figlio di Giovanni, figlio di Acco, e Giasòne, figlio di Eleàzaro, e li inviò a Roma a stringere amicizia e alleanza, per liberarsi dal giogo, perché vedevano che il regno dei Greci riduceva Israele in schiavitù.
La lettura del libro dei Maccabei sembrava una lunga lezione storica nella quale noi ci troviamo molto facilmente dal momento che la storia di Roma a cui si fa esplicito riferimento è la nostra storia, è la nostra provenienza culturale. Perché i fratelli Maccebei, che sono ebrei, hanno cercato contatti con Roma? Perché dal loro mondo così differente, hanno cercato contatti con i signori del mondo? La risposta è molto semplice. I Maccabei hanno visto che il problema del loro tempo era un problema di fede. Ormai invasi dai greci, avevano compreso che mancava loro la liberà di fede, la libertà di professare il loro credo, la libertà di vivere il loro culto. I greci, nella loro opera di ellenizzazione, imponevano lingua, usi, costumi e, naturalmente, anche i loro dei. Ecco perché i Maccabei cercano di stringere alleanze con i romani per poter vivere bene la loro dimensione religiosa o, almeno, così credevano. C’era un’attesa di fede dietro questa ricerca di alleanza. Un’attesa molto simile a quella di cui si parlava nel Vangelo. Nel mondo dei Maccabei la fede contava moltissimo e diventava la ragione che orientava le altre scelte della vita, comprese quelle politiche.
Per noi
Il nostro tempo è assai differente da quello dei Maccabei, anzi, ci verrebbe proprio da dire che è l’opposto di quello. Non c’è certo il desiderio di ascoltare la voce di Dio, generalmente parlano, né tantomeno il desiderio di fare in modo che sia l’orizzonte della fede a illuminare i passi da compiere nella vita. Credo proprio che il primo compito di queste scritture sia quello di ispirarci. Ispirarci che, senza Dio, qualsiasi realtà della vita perde il suo valore, perde il suo senso. Forse non possiamo certo fare molto per cambiare il corso del mondo, ma possiamo fare molto per cambiare noi stessi. Le due Parole che abbiamo letto e che stiamo commentando ci dicono che possiamo essere noi quelli che cercano di andare controcorrente, che si lasciano guidare dalla Parola di Dio, anche quando diventa ruvida, spigolosa, difficile. Siamo noi quelli che devono illuminare ogni realtà della vita con la luce del proprio credo, mettendo sotto lo sguardo della fede tutti gli aspetti della vita dell’uomo, nessuno escluso.
Forse, se faremo così, intanto convertiremo noi stessi ma, poi, avremo anche la possibilità di dare un esempio al nostro tempo, al nostro mondo, per comprendere come occorre vivere una testimonianza cristiana che sia davvero tale.
Chiediamo questa grazia mentre seguiamo le orme di Giovanni e l’esempio dei Maccabei.