Natale – giorno
Per introdurci
Portiamo davanti alla culla di Gesù bambino tutto noi stessi. Noi, che nei giorni di avvento abbiamo cercato il segreto dell’identità del cristiano, in questo giorno santissimo che ricorda e celebra la nascita del Salvatore vogliamo scoprire il segreto della sua identità: l’identità di Figlio di Dio che mai comprenderemo fino in fondo.
Leggi la Parola di Dio
LETTURA Is 8, 23b – 9, 6a
Lettura del profeta Isaia
In passato il Signore Dio umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti. Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Madian. Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre.
SALMO Sal 95 (96)
Oggi è nato per noi il Salvatore.
Cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome,
annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie. R
Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta. R
Acclamino davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli. R
EPISTOLA Eb 1, 1-8a
Lettera agli Ebrei
Fratelli, Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato. Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato»? E ancora: «Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio»? Quando invece introduce il primogenito nel mondo, dice: «Lo adorino tutti gli angeli di Dio». Mentre degli angeli dice: «Egli fa i suoi angeli simili al vento, e i suoi ministri come fiamma di fuoco», al Figlio invece dice: «Il tuo trono, Dio, sta nei secoli dei secoli».
VANGELO Lc 2, 1-14
✠ Lettura del vangelo secondo Luca
In quei giorni. Un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
Colui che parla
Il primo tratto dell’identità di Dio ci viene svelato dalla lettera agli Ebrei che ci ha ricordato che Dio è colui che parla all’uomo. Molto opportunamente l’autore di questo testo ci diceva che Dio ha sempre parlato all’uomo e sempre parla ad esso in molti modi e in differenti modi. L’apice di questa ricerca dell’uomo, l’apice di questo dialogo con l’uomo è l’incarnazione del Verbo che viene, appunto, per portare all’umanità la sua presenza e, con essa, la remissione dal peccato. Il dialogo che Dio cerca da sempre con l’umanità si compie in Cristo che noi, oggi, vediamo adagiato nella mangiatoia. Sarà questo bambino, che noi vediamo tra Maria e Giuseppe, a dire tutto il senso della ricerca che, da sempre, Dio compie nei confronti dell’uomo.
I 4 nomi del Messia
Ci aiuta, ancora, il profeta Isaia, che ci ha ricordato che il Dio che parla all’uomo, nel Messia incarnato assume 4 nomi che dicono tutta la sua vicinanza e condiscendenza. Il Messia, ossia il Verbo incarnato è:
Consigliere mirabile: ovvero Colui che ha fatto ogni cosa, il Verbo, la parola attraverso la quale Dio ha creato ogni realtà esistente, ma anche il consigliere dell’uomo, colui che parla al cuore dell’uomo, colui che lo guida alla piena conoscenza di Dio perché la sua vita possa giungere a quel compimento che è dato ad ogni uomo di raggiungere;
Dio potente: potente non per la forza, non per il timore che incute, ma per la sua semplicità. Dio potente nella povertà, Dio potente perché libera dal peccato, Dio potente perché capace di redimere l’uomo, Dio potente nella tenerezza, nell’umiltà, nell’amore puro, disinteressato, libero;
Padre per sempre: ovvero colui che viene a tessere relazioni di amore. Relazioni che sono anche simbolo di vicinanza, di cura, di condivisione, di comprensione, di carità generosa e pura. Relazione libera, in grado di far crescere l’altro, esattamente come un padre ha a cuore la crescita di un figlio. Relazione di amore libero, esattamente come un padre lascia libero e promuove la libertà di colui che ha generato. Relazione di fiducia, esattamente come quella che dovrebbe intercorrere tra padre e figlio. Cosa che, non sempre, tra gli uomini è dato di vedere ma che Dio è capace di mostrare come modello perché gli uomini tendano ad essa;
Principe della pace: ovvero capacità di rendere ogni relazione vera, sincera, pura. Pace che viene dall’intesa dei cuori, pace che viene dalla concordia, pace che viene dalla capacità che ha Dio di rendere pura e vera ogni cosa. Pace che viene infusa nei cuori che si aprono al suo mistero, pace che viene donata a tutti quegli uomini “amati dal Signore” ma anche “di buona volontà” che si disporranno ad accogliere questo annuncio e che cercheranno di vivere così come quel Verbo che si fa bambino insegnerà loro.
Quattro dimensioni che dicono chi è Dio in sé, la sua identità profonda, ma anche il cammino dell’uomo. L’uomo può conoscere questo Dio che è consigliere mirabile e padre per sempre, principe della pace e Dio potente solo mettendosi in viaggio verso di lui, solo accettando quel movimento che occorre compiere per giungere a quella rivelazione che si dà nel Dio che si fa bambino.
Vangelo
Così come ci dice la scena del presepe. È tutta un movimento. Quel movimento che inizia da lontano, presso uomini che non sanno nemmeno che esista una rivelazione, che esista un Dio che vuole parlare all’uomo. Sono gli uomini di Roma ricordati da San Luca, gli uomini che vivono una vita lontano da Dio, che ancora non conoscono e che pure, in qualche modo, già partecipano di quella rivelazione che il Figlio di Dio porterà anche a loro.
Quel movimento che dovrebbe coinvolgere chi è più vicino, chi abita quella terra santa e benedetta che Dio ha scelto come terra della sua rivelazione e che pure si mostrano distratti, non interessati, tanto sono pieni di sé e di altro.
Quel movimento che incontra, invece, il favore di chi è più semplice, povero, umile e si appresta ad andare alla grotta della natività, quel luogo dove il cielo tocca la terra e li congiunge, quel luogo abitato da una vergine sposa e madre e da un uomo, Giuseppe, che prende parte al mistero. Quel luogo sul quale appaiono angeli e splende una luce che risplende su tutto il mondo. La scena del presepio che parla di Amore che si incarna, che fa rilucere libertà e grazia, che parla di promozione dell’umanità stessa perché assunta da Dio come strumento della sua ultima e definitiva rivelazione.
E, proprio per questo, cerca di essere lui stesso sorgente di pace e rappacificatore dei rapporti umani.
Natale in noi, Natale per noi
Luci, suoni, profumi, immagini… Parole che ci dicono come immaginare il Natale, parole che ci dicono verità che si svelano. Concetti, forse per noi anche troppo complessi. Ma cosa è il natale per noi? Cosa può essere questo natale che abbiamo preparato ma per il quale non saremo mai pronti a sufficienza? Cosa chiede questo Natale a noi, uomini di oggi?
Credo che la rivelazione del Natale ci metta di fronte ad una rivelazione di amore alla luce della quale rileggere il nostro modo di amare, il nostro modo di tessere relazioni, il nostro modo di vivere quel mistero, che è il mistero dell’amore, che è fatto per ogni uomo, per ogni donna, di qualsiasi tempo.
In un mondo dove ci si appropria di tutto, in un mondo dove sempre più spesso nemmeno le relazioni tra uomo e donna sono risparmiate da quella corruzione che diviene mancanza di rispetto, la natività del Signore propone un modo di riscattare queste relazioni. Il Signore ci insegna un modo di amare casto, ovvero capace di rispettare la libertà di ciascuno. Un modo di amare dove nessuno si appropria dell’altro, dove il primo ed unico pensiero è quello di rendere felice l’altra persona, anche a costo di rinunciare a qualcosa che si reputa importante per sé.
In un mondo dove tutto è ridotto al possesso, il Signore che nasce ci ricorda la gratuità del dono e ci insegna che la vocazione che tutti abbiamo è la vocazione ad amare. Amare facendo crescere l’altro mentre si cresce, amare senza possedere, amare senza opprimere. Amare senza ridurre tutto ad emozione, a fisicità, a consumo. Amare contemplando la bellezza dell’altro e delle cose, amando nel rispetto di ciascuno e di ogni cosa creata. Questo è l’amore che brilla nel presepio. Amore che sempre occorre contemplare, perché distogliendo gli occhi da esso si cade, inevitabilmente in qualsiasi forma di aberrazione che diventa negazione dell’amore.
In un mondo che conosce sempre più spesso realtà di questo genere, il natale di Cristo serva, anzitutto, a questo! Riaccendiamo il sogno di amare castamente, riaccendiamo in noi la forza di amare rispettando, riaccendiamo in noi il desiderio sublime di divenire come Cristo: capaci di amare gratuitamente e nella fedeltà.
Così come il presepio è indice di una ricerca di pace. Vediamo anche questo Natale insanguinato non solo da numerosi conflitti, ma anche da numerosissimi focolai di divisione, mancanza di rispetto, odio, desiderio di calpestare l’uomo. Il presepe del Signore ci ricorda che il Verbo che nasce è davvero il principe della pace. Quella pace che l’uomo non può assicurarsi solo con le sue mani, quella pace che l’uomo può solo ricevere quando si appresta ad amare con quell’amore casto che il Signore rivela. È solamente quando ci sarà questa possibilità di amare in questo modo, è solamente quando ci sarà questa possibilità di comprendere l’altro che si potrà innescare quel principio di pace al quale tutti aneliamo ma che nessuno cura. È facile dire che Dio è principe della pace. È molto più difficile imparare ad amare con quella castità del cuore che genera rispetto, accoglienza, comprensione, libertà.
Carissimi, in questo Natale io vorrei che questo amore casto e liberante di Dio brillasse in tutti noi, in noi che celebriamo questo Natal e in questo mondo, così segnato da dimensioni di prevaricazione, di odio, di mancanza di rispetto, come troppi casi hanno dimostrato. In questo mondo così segnato dalla mancanza della pace che noi tutti uomini di buona volontà avvertiamo come scandalo.
A noi tutti che celebriamo questo Natale nel 15esimo anniversario di costituzione della comunità pastorale, poi, credo che questa rivelazione di amore suggerisca che anche la Chiesa va amata così, con amore intenso, casto, liberante. Anche la chiesa va amata per quello che è, va amata senza occupare spazi di nessun genere e di nessun tipo ma, piuttosto, come dice papa Francesco, cercando di generare quei principi che la mettono in seria discussione continuamente perché, lasciandosi rigenerare dal suo Salvatore, risplenda sempre più come strumento di unità e di pace.
Carissimi, impariamo ad amare così, con cuore casto e libero. Le nostre relazioni diverranno più vere, sincere, portatrici di pace e la nostra chiesa sarà sempre più splendente per il dono di grazia che essa porta con sé.
Sia questo il Natale di fede, di amore e di pace che vogliamo celebrare!
E così sia.