Settimana della 13 domenica dopo Pentecoste – Venerdì
Vangelo
Lc 14, 1a. 7-11
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
Un sabato il Signore Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e disse agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Umiliarsi per essere esaltati. Non è certo nuova questa predicazione del Signore. Più volte e in diversi contesti il Signore Gesù è tornato su questo argomento, il che già ci dice quanto sia difficile comprendere questa predicazione per poi metterla in atto. C’è qualcosa che si ribella dentro l’uomo quando si parla di abbassamento, di umiliazione. Certo l’immagine del banchetto è molto eloquente. C’erano persone che volevano a tutti i costi essere presenti a determinati banchetti, in casa di chi contava. Anche allora c’era una sfrenata ricerca all’apparire, al mettersi in mostra. Gesù conosce bene questo modo di fare ed invita a sedersi all’ultimo posto. Intanto è indice di vera umiltà. Caso mai poi capitasse che il padrone di casa o chi dirige il banchetto invitasse a posti più ragguardevoli, si aumenta anche il prestigio e l’onore.
Il riferimento è alla vita eterna. Chi si spende per gli altri in questa vita, chi si dedica con umiltà al servizio di Dio e dei fratelli nel tempo che ci viene donato, avrà un posto di onore nella vita eterna, molto più importante e grande del posto che spetterà a chi ha avuto vocazioni importanti, titoli blasonati, o di chi si è costruito una certa fama.
Esdra
Esd 10, 9-17
Lettura del libro di Esdra
In quei giorni. Tutti gli uomini di Giuda e di Beniamino si radunarono a Gerusalemme entro tre giorni; si era al nono mese, il venti del mese. Tutto il popolo stava nella piazza del tempio di Dio, tremante per questo evento e per la gran pioggia. Allora il sacerdote Esdra si levò e disse loro: «Voi avete prevaricato sposando donne straniere: così avete accresciuto le mancanze d’Israele. Ma ora rendete lode al Signore, Dio dei vostri padri, e fate la sua volontà, separandovi dalle popolazioni del paese e dalle donne straniere». Tutta l’assemblea rispose a gran voce: «Sì! Dobbiamo fare come tu ci hai detto. Ma il popolo è numeroso e siamo al tempo delle piogge; non è possibile restare all’aperto. D’altra parte non è lavoro di un giorno o di due, perché siamo in molti ad aver peccato in questa materia. I nostri preposti stiano a rappresentare tutta l’assemblea; e tutti quelli delle nostre città che hanno sposato donne straniere vengano in date determinate e con gli anziani della città, ogni città con i suoi giudici, finché non sia allontanata da noi l’ira ardente del nostro Dio, causata da questa situazione». Soltanto Gionata, figlio di Asaèl, e Iaczia, figlio di Tikva, si opposero, appoggiati da Mesullàm e dal levita Sabbetài. I rimpatriati fecero come si era detto. Furono scelti il sacerdote Esdra e alcuni capi di casato, secondo il loro casato, tutti designati per nome. Essi iniziarono le sedute il primo giorno del decimo mese per esaminare la questione e terminarono con tutti gli uomini che avevano sposato donne straniere il primo giorno del primo mese.
Ad una prima lettura, la pagina del Primo Testamento ci risulta molto ostica. Anch’io mi sono domandato, da principio, cos’ha da dire una pagina così, dalla quale noi ci percepiamo assolutamente distanti e dalla quale prendiamo anche le distanze, perché non corrisponde al nostro modo di sentire, di vedere le cose, di interpretare la realtà nella quale viviamo. Al di là del caso concreto che abbiamo già introdotto ieri, io credo che questa pagina intenda sottolineare l’atteggiamento penitenziale di tutto Israele e, quindi, stia a dirci che tutto il popolo di Dio, nell’occasione della nuova inaugurazione del tempio, si è umiliato, chiedendo il perdono dei propri peccati. Utilizzando il linguaggio del Vangelo potremmo dire che ciascuno, in quell’assemblea, cercò di occupare l’ultimo posto, comprese il valore della grazia di Dio e del suo perdono, non esitò a rimettere nelle sue mani tutto il male compiuto, pur di trarne un bene. Questo è quello che avverrà. Quando tutto il popolo si sarà purificato, ecco che la gloria di Dio tornerà a splendere nel tempio e la sua benedizione tornerà ad essere più efficace. Dal recupero del valore della legge di Dio, discende sempre un bene che è per tutti.
Per noi
Con due linguaggi molto diversi e presentandoci due situazioni completamente opposte, ecco che la Parola di Dio ci sta aiutando a chiederci:
- Noi sappiamo cercare l’ultimo posto?
- Cosa significa per noi cercare la via dell’umiltà?
Credo che tutti ci siamo visti in serio problema davanti a queste pagine bibliche e credo che davvero esse contengano, per tutti, un forte richiamo alla via dell’umiltà che nessuno, o quasi, vuole più seguire. In un mondo dove tutto è apparenza, visibilità, “social”, occorre davvero saper andare controcorrente per cercare quell’ultimo posto di cui parlava il Signore. Occorre non solo una grande umiltà e una grande forza di volontà, ma occorre anche, o forse soprattutto, la forza di essere sempre attenti a quello che la fede rivela e richiede. Senza il richiamo della fede, non ce la faremo mai ad essere così umili come la Parola di Dio ci ha indicato.
Siamo pronti per vivere questa avventura alla ricerca dell’ultimo posto?