Domenica 29 maggio

Domenica dopo l’Ascensione

Per introdurci

  • Cosa pensiamo noi del valore dell’unità?
  • A quali realtà della nostra vita lo applichiamo?
  • Che sentimento infonde in noi il sapere che Cristo ha pregato per la nostra unità?

Vorrei che dedicassimo questa domenica che è un ponte tra l’Ascensione e la Pentecoste a pensare un po’ a queste realtà.

La Parola di questa domenica

LETTURA At 7, 48-57
Lettura degli Atti degli Apostoli

In quei giorni. Stefano disse: «L’Altissimo non abita in costruzioni fatte da mano d’uomo, come dice il profeta: “Il cielo è il mio trono e la terra sgabello dei miei piedi. Quale casa potrete costruirmi, dice il Signore, o quale sarà il luogo del mio riposo? Non è forse la mia mano che ha creato tutte queste cose?”. Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l’avete osservata». All’udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano. Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio». Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui.

SALMO Sal 26 (27)

Nella casa del Signore contempleremo il suo volto.
Oppure Alleluia, alleluia, alleluia.

Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura? R

Una cosa ho chiesto al Signore,
questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del Signore
e ammirare il suo santuario. R

Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il mio cuore ripete il tuo invito:
«Cercate il mio volto!».
Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto. R

EPISTOLA Ef 1, 17-23
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini

Fratelli, il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore. Egli la manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni Principato e Potenza, al di sopra di ogni Forza e Dominazione e di ogni nome che viene nominato non solo nel tempo presente ma anche in quello futuro. «Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi» e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose: essa è il corpo di lui, la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose.

VANGELO Gv 17, 1b. 20-26
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Il Signore Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me. Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».

Efesini

Partendo, però, dalla lettera agli Efesini dove noi abbiamo letto queste parole: “Dio, il Padre del Signore nostro Gesù Cristo, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione, perché voi possiate avere una profonda conoscenza di Lui, per comprendere a quale speranza siete stati chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità tra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi che crediamo”.

Noi, in questa domenica che è uno dei giorni nei quali viviamo la novena allo Spirito Santo, chiediamo questo dono, il dono di una più profonda conoscenza di Dio, anzitutto. Conoscere Dio significa conoscere come Lui si rivela a noi. Noi siamo sempre chiamati, ogni volta che celebriamo la Messa o leggiamo la Parola di Dio, a capire come Dio si rivela all’uomo, perché sarà solo seguendo queste tracce di rivelazione che noi potremo capire cosa poi chiede a noi.

In secondo luogo, noi preghiamo per comprendere a quale speranza siamo stati chiamati, perché, come sempre ci diceva l’Apostolo, noi viviamo nella speranza della visione del volto di Dio, speranza che ha acceso in noi il mistero della Pasqua che abbiamo da poco celebrato. I due doni, evidentemente, sono fortemente collegati tra di loro. Dalla riflessione sull’unione di Dio deriva a noi quella crescita di speranza alla quale siamo stati chiamati.

Infine, in terzo luogo, noi chiediamo di conoscere la straordinaria potenza che Cristo risorto è in grado di rivelare alle nostre vite. La potenza di Dio è qualcosa su cui noi riflettiamo poco e, per lo più, non crediamo ad essa. O crediamo molto formalmente. San Paolo, invece, ci sta dicendo che è nelle nostre vite, e anche nella poca forza che spesso emerge dalle nostre vite, che Dio rivela la sua potenza. La potenza di Dio, infatti, si rivela sempre nelle manifestazioni di miseria dell’uomo, come tutta la storia della salvezza insegna e testimonia.

Sono, quindi, tre doni precisi quelli che dobbiamo chiedere allo Spirito. Doni che volgiamo chiedere per le realtà che il Vangelo vuole indicarci e suscitare dentro ciascuno di noi.

Vangelo

Quale conoscenza di Dio ci viene rivelata dal Vangelo? La risposta è molto semplice, perché Gesù, in questa predicazione che è fisicamente collocata alla vigilia della sua Pasqua, poneva in primissimo piano il valore di unità che lo lega al Padre nella potenza dello Spirito Santo. L’unità che lega insieme le tre persone del mistero di Dio è, anzitutto, una unità di amore, che Gesù richiamava e per la quale istruiva il discepolo circa la sua imminente passione. La sua morte, la sua risurrezione, avrebbero rivelato la sua profonda unità con il Padre.

Non solo questo. L’unità di Dio diventa anche potenza che opera per tutta l’umanità e per il bene dell’uomo. L’unità mirabile del mistero di Dio si mostrerà proprio nei giorni della Pasqua, della sofferenza, della risurrezione. L’unità di Dio e il suo amore sono la vera “potenza” che opera sempre per il bene dell’umanità intera.

Infine, Gesù invita il discepolo a comprendere che, sulla sua Croce, ci sarà tutto il mistero i Dio, così come è nella potenza dello Spirito di Dio che si opererà la sua risurrezione che sarà l’origine della speranza cristiana.

Come possiamo vedere i tre doni di cui parlava San Paolo sono presenti anche nel Vangelo e sono ciò che anche Gesù ci invita a chiedere.

Atti

Così come queste tre realtà spirituali sono state presenti nella vita, nella fede, nel cuore di Santo Stefano. Se egli si è lasciato attirare nella passione con la quale ha glorificato il mistero di Dio, è perché credeva nella sua potenza. Se egli si è lasciato martirizzare come ha saputo compiere è perché si sentiva unito a Cristo, e, anzi, ha compreso che la sua passione sarebbe stata ancor più motivo di unione a Lui. Come anche sarebbe stata occasione perché la potenza di Dio fosse più manifesta nella sua vita e, grazie a Lui, potesse giungere a compimento quella gloriosa manifestazione del Signore che è ciò verso cui anche noi siamo diretti.

Per noi

Sono queste tre le direzioni sulle quali vorrei che noi riflettessimo per la nostra vita.

Anzitutto il valore dell’unità che, credo, noi tutti applichiamo alle realtà alle quali teniamo di più per la nostra esistenza. In primis la famiglia, anche se, poi, ci lasciamo andare a diverse e profonde forme di divisione, che possono anche sfociare nella divisione delle coppie, ma che hanno una serie di sfumature molto forti anche nelle famiglie e nelle coppie che permangono unite nel matrimonio. In realtà dovremmo anche dire che noi temiamo all’unità della famiglia molto nominalmente, ma, di fatto, facciamo ben poco perché possiamo perseverare in essa o, se è il caso, difenderla.

Forse teniamo all’unità delle amicizie, o con le persone con le quali siamo uniti per motivi di lavoro, ma anche su questo tema le posizioni possono essere molto differenti e non sempre sono così chiare. Non sempre siamo davvero in grado di operare per l’unità con le nostre parole, con i nostri gesti, con le nostre manifestazioni o intenzioni.

Non riflettiamo abbastanza, invece, sull’unità che, invece, dovremmo avere nella Chiesa e tra credenti. Unità che deve nascere, anzitutto, dal sentirci parte della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Questo era uno dei cardini del Vangelo. Gesù, nel contesto dell’ultima cena, ha voluto dedicare la sua preghiera a coloro che avrebbero creduto alla sua parole per il ministero, per la predicazione, per la testimonianza dei suoi discepoli e di coloro che sarebbero venuti dopo di loro. Potremmo dire che nella mente del Signore, quella sera, ci siamo stati anche noi, così come tutti i credenti di qualsiasi luogo e di qualsiasi tempo. Gesù ha pregato per la nostra unità! Credo che il solo saperlo dovrebbe riempirci di gratitudine da un lato, ma anche dovrebbe far nascere in noi un vivissimo senso di responsabilità. Se noi siamo qui è perché c’è gente che, prima di noi, ha valorizzato questa unità, l’ha sostenuta, l’ha fatta crescere, l’ha edificata con il proprio assenso della volontà e dell’intelletto. Realtà che, in verità, sarebbe anche il nostro compito. In effetti noi viviamo in un’epoca di vita della Chiesa che non ha molti problemi di unità dottrinale o, per lo meno, non come lo sono stati i primi secoli. Secoli di scismi e di eresie, secoli dove il contenuto della fede era seriamente minato. Oggi viviamo però un’altra forma di divisione, non meno pericolosa. Pur dentro una formale unità, viviamo ciascuno con il proprio pensiero e, soprattutto, con il proprio sentire, quasi che, appunto, non conti l’unità della compagine ecclesiale, ma il proprio modo di interpretare la fede, il proprio sentire personale su temi che, invece, non ammetterebbero una così differenziata posizione. Noi, oggi, dovremmo chiedere a Dio quella profonda conoscenza di Lui, quella speranza cristiana che edifica, quel sapere che la sua potenza ci protegge, per edificare l’unità della Chiesa, della quale noi tutti siamo responsabili. Ecco un primo pensiero che mi sembra giusto e doveroso sottolineare.

Se è vero questo, se è vero cioè che noi dobbiamo cercare di fare qualcosa per superare il nostro sentire personale in favore di un sentire comune, in favore di una unità più forte, allora dobbiamo necessariamente aprire una seconda riflessione. Noi abbiamo bisogno di sottolineare ogni iniziativa, ogni percorso, ogni momento di preghiera che ci sa condurre all’unità. Questo è il vero modo di inquadrare la questione. Si esce da quella sensazione di unità teorica ma divisione pratica solo valorizzando i momenti, i segni, le occasioni di unità che la vita pastorale ci offre e ci chiede di custodire. Anche qui forse noi crediamo troppo poco alla presenza di questi segni nel nostro cammino spirituale, come crediamo troppo poco alla potenza di Dio che ci raduna, ci custodisce, crea sentieri di unione, di comunione sui quali possiamo camminare. Il vangelo ci invita, invece, a sottolineare con forza tutto questo, perché è solo da qui che passa quel vento dello Spirito Santo che rinnova e unisce.

Questa novena di Pentecoste, ci sta chiedendo di invocare il dono dello Spirito di Dio per tutto questo, per una più profonda relazione con Lui, per una maggiore coesione nelle nostre famiglie, per una difesa più intelligente di questa unità di Chiesa che siamo chiamati a custodire per poterla tramandare agli altri. Ecco cosa significa, concretamente, invocare il dono dello Spirito Santo in questa novena e in questi ultimissimi giorni del mese di Maggio. Chiediamo anche a Maria, che partecipa della visione del volto di Dio, di saperci custodire in questa preghiera per l’unità ma, già da oggi, diamoci da fare per la difesa di questo valore nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nelle nostre relazioni. Sapremo così dare testimonianza al mistero di Dio che celebriamo e parteciperemo di quella intensissima preghiera di Gesù che opera sempre per il bene delle nostre vite e della vita della Chiesa.

2022-05-28T10:23:01+02:00