Ottava del Natale nella circoncisione del Signore
Per introdurci
In questo giorno, come ogni anno, vogliamo pregare per la pace e lasciarci guidare dalle parole del Santo Padre che, come sempre, ci rivolge un invito alla preghiera e all’intercessione.
La Parola di Dio
LETTURA Nm 6, 22-27
Lettura del libro dei Numeri
In quei giorni. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro: Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».
SALMO Sal 66 (67)
Dio ci benedica con la luce del suo volto.
Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti. R
Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra. R
Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio, il nostro Dio,
e lo temano tutti i confini della terra. R
EPISTOLA Fil 2, 5-11
Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi
Fratelli, abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.
VANGELO Lc 2, 18-21
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
Il messaggio
Il Santo Padre, anzitutto, muovendo la sua riflessione da una frase di San Paolo ai cristiani di Tessalonica, ricorda che il nostro primo compito è quello di rimanere molto attaccati al nostro tempo, cercando di comprendere come è in esso che Dio Padre ci invita alla speranza. Scrive il Santo Padre: “Perciò, anche se gli eventi della nostra esistenza appaiono così tragici e ci sentiamo spinti nel tunnel oscuro e difficile dell’ingiustizia e della sofferenza, siamo chiamati a tenere il cuore aperto alla speranza, fiduciosi in Dio che si fa presente, ci accompagna con tenerezza, ci sostiene nella fatica e, soprattutto, orienta il nostro cammino”. È quanto abbiamo cercato di meditare anche nella notte di Natale, ricordando che il Bambino che nasce a Betlemme è il fondamento della speranza cristiana alla quale noi tutti siamo fortemente chiamati.
Ancora scrive il Santo Padre, riferendosi ai mutamenti nel modo di pensare e di vivere prodotti dalla pandemia del Covid 19: “Raramente gli individui e la società progrediscono in situazioni che generano un tale senso di sconfitta e amarezza: esso infatti indebolisce gli sforzi spesi per la pace e provoca conflitti sociali, frustrazioni e violenze di vario genere. In questo senso, la pandemia sembra aver sconvolto anche le zone più pacifiche del nostro mondo, facendo emergere innumerevoli fragilità”. Noi vediamo bene che, anche tra noi, i mutamenti prodotti dalla pandemia non sono stati poi quelli che ci eravamo prefissi. Non c’è stato un ritorno ad una forma di fraternità più intensa, abbiamo sviluppato un senso di richiamo a forme di benessere che diventano esclusive e non per tutti, abbiamo riscoperto la tragica realtà della rivalità e, quindi, della guerra. Questo processo, ci dice il Papa, è quanto spesso avviene in situazioni di questo genere. Eppure, come egli ci ha più volte richiamato, da una situazione di bisogno globale, come è una pandemia, non si può uscire uguali: o si esce migliori o si esce peggiori. Il richiamo, ancora una volta, è molto forte perché noi possiamo uscire un poco migliori da questa situazione, anche se non se ne vedono sempre i segni confortanti.
Uscire migliori
Come, dunque, si esce migliori? Il Papa ce lo ricorda ancora in modo forte: “la più grande lezione che ci lascia il Covid 19 è che tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri”. Questa lezione è anche la prima che dobbiamo fare nostra per tendere alla pace. La pace inizia quando uno non si percepisce isolato, quando uno non pensa solo a sé stesso e ai propri bisogni, quando uno non rimane chiuso in sé stesso, ma comprende che, senza l’aiuto degli altri, nemmeno la sua vita può procedere bene come dovrebbe. Questa la grande lezione che tutti dovremmo fare nostra. La pace si radica solamente dove c’è un rinnovato desiderio di fraternità. La pace inizia solamente dove, riconoscendosi tutti fratelli, si cercano di capire i bisogni dell’altro, le esigenze dell’altro per potervi corrispondere. Scrive ancora il Papa: “Nel nostro mondo che corre a grande velocità, molto spesso i diffusi problemi di squilibri, ingiustizie, povertà ed emarginazioni alimentano malesseri e conflitti, e generano violenze e anche guerre. Mentre, da una parte, la pandemia ha fatto emergere tutto questo, abbiamo potuto, dall’altra, fare scoperte positive: un benefico ritorno all’umiltà; un ridimensionamento di certe pretese consumistiche; un senso rinnovato di solidarietà che ci incoraggia a uscire dal nostro egoismo per aprirci alla sofferenza degli altri e ai loro bisogni; nonché un impegno, in certi casi veramente eroico, di tante persone che si sono spese perché tutti potessero superare al meglio il dramma dell’emergenza”. Forse nemmeno la pausa forzata imposta dal Covid ci ha insegnato a correre un po’ meno per renderci conto delle esigenze degli altri. Tutti abbiamo presente come squilibri ed ingiustizie alimentano, di fatto, il nostro modo di vivere, pensare, agire, così come quello tra gli stati, il che non permette quella pace duratura di cui tutti noi avremmo bisogno.
Come uscire da tutto questo?
Il Papa, come prima via, indica il ridimensionamento del consumismo. È solo quando si condivide che si diventa capaci di essere uomini e donne di pace. Forse, dobbiamo ammetterlo, siamo ancora troppo legati a quanto possiamo avere noi, in primis, senza renderci conto dei bisogni degli altri e delle esigenze degli altri.
In secondo luogo il Papa invita a riscoprire il valore della parola “insieme”. Anche a questo proposito direi che non tutti abbiamo la stessa concezione né avvertiamo la medesima necessità di fare insieme, camminare insieme, vivere insieme non solo perché vicini, ma perché capaci di creare ponti gli uni per gli altri. Vivere insieme è difficilissimo. Lo scopriamo nella realtà delle nostre case, lo scopriamo nelle nostre comunità civili e religiose, lo scopriamo vero nel mondo, negli interessi delle nazioni, nella vita dei popoli. Da che mondo è mondo l’uomo fatica a stare insieme agli altri. Altri dei quali, pure, ha tremendamente bisogno! Ecco perché una riscoperta della fraternità deve segnare distintamente il cammino delle comunità non solo religiose, ma anche civili. Senza questa riscoperta, sarà impossibile una vera dimensione di pace.
In terzo luogo il Papa ci ricorda che, se per i virus ci può essere la ricerca scientifica che ci aiuta, non così per la guerra. La guerra è un virus inestirpabile dal cuore dell’uomo, a meno che non sia l’uomo stesso a volerlo, piegandosi alle esigenze della fraternità, come il Papa ha detto. Per questo il Papa conclude: “Non possiamo più pensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, ovvero come un “noi” aperto alla fraternità universale. Non possiamo perseguire solo la protezione di noi stessi, ma è l’ora di impegnarci tutti per la guarigione della nostra società e del nostro pianeta, creando le basi per un mondo più giusto e pacifico, seriamente impegnato alla ricerca di un bene che sia davvero comune”. Lo sforzo di pensare al bene comune è quello che educa alla pace, al rispetto, alla concordia anzitutto nelle piccole comunità: famiglia, scuola, paese, città, stato… per poi diventare la linea guida delle grandi comunità sovranazionali ed essere, quindi, via di pace.
Il nostro cammino
Oggi, inizio del nuovo anno, non deve essere solo giorno di buoni propositi. Piuttosto credo che sia utile che noi ci chiediamo, personalmente, cosa stiamo facendo per vivere bene queste coordinate.
- Cosa stiamo facendo per valorizzare la parola insieme? A partire dalla famiglia, dal luogo di lavoro, dalle relazioni che viviamo?
- Cosa stiamo facendo per non lasciare che il consumismo entri nelle nostre menti e le divori?
- Cosa stiamo facendo per camminare insieme con gli altri, sulla via della pace?
- Cosa stiamo facendo per uscire migliori dal tempo che ci è dato di vivere?
Credo che la riflessione su queste parole del Papa sia davvero opportuna in questo giorno, perché ci aiuta a capire non solo che non siamo soli, non solo che non possiamo e non dobbiamo fare da soli, ma, soprattutto, che tocca noi prendere serie decisioni in merito alla pace partendo dalle scelte della vita quotidiana. Non possiamo sdegnarci per la mancanza di pace se, poi, non siamo capaci noi di fare queste scelte di pace nel piccolo delle nostre vite. Non possiamo sdegnarci noi se, poi, non siamo in grado di governare le nostre esistenze. Non possiamo essere noi quelli che pregano per la pace senza poi modificare i nostri comportamenti personali.
Oggi, mentre riflettiamo sul valore della pace e mentre preghiamo per essa, incominciamo a rivedere i nostri comportamenti e proviamo a verificare se stanno andando in questa direzione.
È solo a questa condizione che noi tutti possiamo essere costruttori di pace, come il Vangelo richiede a ciascuno di noi.