Settimana della seconda domenica di Quaresima – venerdì
La spiritualità di questa settimana
In questa seconda settimana, nella quale ci siamo soffermati soprattutto sul ciclo di Abramo, abbiamo detto che è l’amore quella forma di benedizione che allieta il cuore e permette il proseguimento del cammino. Vediamo insieme di rileggere questi testi sacri del vespero del venerdì, per proseguire il cammino sorretti dalla benedizione di Dio.
La Parola di questo giorno
I LETTURA
La festa di Pasqua e la settimana degli Azzimi.
Lettura del libro del Deuteronomio
16, 1-4
In quei giorni. Mosè disse: «Osserva il mese di Abìb e celebra la Pasqua in onore del Signore, tuo Dio, perché nel mese di Abìb il Signore, tuo Dio, ti ha fatto uscire dall’Egitto, durante la notte. Immolerai la Pasqua al Signore, tuo Dio: un sacrificio di bestiame grosso e minuto, nel luogo che il Signore avrà scelto per stabilirvi il suo nome. Con la vittima non mangerai pane lievitato; con essa per sette giorni mangerai gli azzimi, pane di afflizione, perché sei uscito in fretta dalla terra d’Egitto. In questo modo ti ricorderai, per tutto il tempo della tua vita, del giorno in cui sei uscito dalla terra d’Egitto. Non si veda lievito presso di te, entro tutti i tuoi confini, per sette giorni, né resti nulla fino al mattino della carne che avrai immolato la sera del primo giorno». PdD
SALMELLO
Cfr. Sal 77 (78), 3-4. 4d. 12a. 13-14
Ciò che abbiamo udito e conosciuto e i nostri padri
ci hanno raccontato, non lo terremo nascosto ai loro figli;
diremo alla generazione futura le lodi del Signore,
la sua potenza e
le meraviglie ch’egli ha compiuto
davanti ai loro padri.
VFece prodigi nel paese d’Egitto.
Divise il mare e li fece passare
e fermò le acque come un argine.
Li guidò con una nube di giorno
e tutta la notte con un bagliore di fuoco: queste
le meraviglie ch’egli ha compiuto
davanti ai loro padri.
ORAZIONE
Assistici, o Dio, con l’aiuto della tua grazia; fa’ che, affamàti la giustizia e digiuni di colpe, tutti insieme corriamo alla gioia pasquale. Per Cristo nostro Signore.
II LETTURA
La celebrazione pasquale di Giosia.
Lettura del secondo libro delle Cronache
35, 1-7. 10-18
In quei giorni. Giosia celebrò a Gerusalemme la Pasqua in onore del Signore. La Pasqua fu immolata il quattordici del primo mese. Egli ristabilì i sacerdoti nei loro uffici e li incoraggiò al servizio del tempio del Signore. Egli disse ai leviti che ammaestravano tutto Israele e che si erano consacrati al Signore: «Collocate l’arca santa nel tempio costruito da Salomone, figlio di Davide, re d’Israele; essa non costituirà più un peso per le vostre spalle. Ora servite il Signore, vostro Dio, e il suo popolo Israele. Disponetevi, secondo il vostro casato, secondo le vostre classi, in base alla prescrizione di Davide, re d’Israele, e alla prescrizione di Salomone, suo figlio. State nel santuario a disposizione dei casati dei vostri fratelli, dei figli del popolo; per i leviti ci sarà una parte in ogni casato. Immolate la Pasqua, santificatevi e mettetevi a disposizione dei vostri fratelli, secondo la parola del Signore comunicata per mezzo di Mosè».
Giosia diede ai figli del popolo, a quanti erano lì presenti, del bestiame minuto, cioè trentamila agnelli e capretti, come vittime pasquali, e in più tremila giovenchi. Ciò proveniva dai beni del re.
Così tutto fu pronto per il servizio; i sacerdoti si misero al loro posto, così anche i leviti secondo le loro classi, conformemente al comando del re. Immolarono la Pasqua: i sacerdoti spargevano il sangue, mentre i leviti scorticavano. Misero da parte l’olocausto da distribuire ai figli del popolo, secondo le divisioni per casato, perché lo presentassero al Signore, come sta scritto nel libro di Mosè. Lo stesso fecero per i giovenchi. Secondo la regola arrostirono la Pasqua sul fuoco; le parti consacrate le cossero in pentole, in caldaie e in tegami e le distribuirono sollecitamente a tutto il popolo. Dopo, prepararono la Pasqua per se stessi e per i sacerdoti, poiché i sacerdoti, figli di Aronne, furono occupati fino a notte nell’offrire gli olocausti e le parti grasse; per questo i leviti la prepararono per se stessi e per i sacerdoti, figli di Aronne. I cantori, figli di Asaf, occupavano il loro posto, secondo le prescrizioni di Davide, di Asaf, di Eman e di Iedutùn, veggente del re; i portieri erano alle varie porte. Costoro non dovettero allontanarsi dal loro posto, perché i leviti loro fratelli prepararono per loro.
Così in quel giorno fu disposto tutto il servizio del Signore per celebrare la Pasqua e per offrire gli olocausti sull’altare del Signore, secondo l’ordine del re Giosia. Gli Israeliti presenti celebrarono allora la Pasqua e la festa degli Azzimi per sette giorni. Dal tempo del profeta Samuele non era stata celebrata una Pasqua simile in Israele; nessuno dei re d’Israele aveva celebrato una Pasqua come questa, celebrata da Giosia insieme con i sacerdoti, i leviti, tutti quelli di Giuda e d’Israele presenti e gli abitanti di Gerusalemme. PdD
SALMELLO
Cfr. Sal 80 (81), 4-6b. 9a. 7-8c. 10
Suonate la tromba nel plenilunio, nostro giorno di festa.
Questa è una legge per Israele,
un decreto del Dio di Giacobbe.
Lo ha dato come testimonianza a Giuseppe
quando usciva
dal paese d’Egitto.
V Ascolta, popolo mio, ti voglio ammonire.
Ho liberato dal peso la tua spalla,
le tue mani hanno deposto la cesta.
Hai gridato a me nell’angoscia e io ti ho liberato,
avvolto nella nube ti ho dato risposta.
Non ci sia in mezzo a te un altro dio
e non prostrarti a un dio straniero.
Io sono il Signore tuo Dio, che ti ho fatto uscire
dal paese d’Egitto.
ORAZIONE
Sazia, o Dio pietoso, la fame di verità della tua famiglia, che ascolta con assiduità l’annunzio della salvezza, e disponila a celebrare con amore fedele il mistero pasquale. Per Cristo nostro Signore.
III LETTURA
Il sacrificio di riparazione.
Lettura del libro del Levitico
6, 17; 7, 1-6
In quei giorni. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Questa è la legge del sacrificio di riparazione. È cosa santissima. Nel luogo dove si scanna l’olocausto, si scannerà la vittima di riparazione; se ne spargerà il sangue attorno all’altare e se ne offrirà tutto il grasso: la coda, il grasso che copre le viscere, i due reni con il loro grasso e il grasso attorno ai lombi e al lobo del fegato, che distaccherà insieme ai reni. Il sacerdote farà bruciare tutto questo sull’altare come sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore. Questo è un sacrificio di riparazione. Ogni maschio tra i sacerdoti ne potrà mangiare; lo si mangerà in luogo santo. È cosa santissima». PdD
SALMELLO
Cfr. Eb 9, 11a. 12b. 15
Cristo, venuto come sommo sacerdote di beni futuri,
non con sangue di capri e di vitelli,
ma con il proprio sangue
entrò una volta per sempre nel santuario, perché
coloro che sono stati chiamati
ricevano una redenzione eterna.
VPer questo egli è mediatore della Nuova Alleanza,
perché, essendo ormai intervenuta la sua morte
per la redenzione delle colpe
commesse sotto la prima Alleanza,
coloro che sono stati chiamati
ricevano una redenzione eterna.
ORAZIONE
Esaudisci, o Padre, la nostra supplica: donaci largamente i frutti della tua redenzione e guidaci alla gloria senza fine, per i meriti del Signore Gesù, nostro mediatore, che vive e regna nei secoli dei secoli.
IV LETTURA
Come agnello mansueto portato al macello.
Lettura del profeta Geremia
11, 18-20
Il Signore me lo ha manifestato e io l’ho saputo; mi ha fatto vedere i loro intrighi. E io, come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che tramavano contro di me, e dicevano: «Abbattiamo l’albero nel suo pieno vigore, strappiamolo dalla terra dei viventi; nessuno ricordi più il suo nome». / Signore degli eserciti, giusto giudice, / che provi il cuore e la mente, / possa io vedere la tua vendetta su di loro, / poiché a te ho affidato la mia causa. PdD
SALMELLO
Cfr. Sal 21 (22), 7-9. 20. 21a. 22a. 23. 29
Io sono verme, non uomo,
infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo.
Mi scherniscono quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si è affidato al Signore, lui lo scampi;
lo liberi se è suo amico».
Ma il regno è del Signore,
egli domina su tutte le nazioni.
VSignore, non stare lontano,
mia forza accorri in mio aiuto.
Scampami dalla spada, salvami dalla bocca del leone.
Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Ma il regno è del Signore,
egli domina su tutte le nazioni.
La benedizione della Pasqua
Il primo testo che abbiamo ascoltato ci ha parlato, come spesso accade nel vespero, della benedizione che è la Pasqua e, in essa, degli azzimi. Il testo ci dice questo: per amare la Pasqua, occorre anche amare i riti della Pasqua. Per Israele il rito degli azzimi, cioè il rito con il quale si svuotano le madie, si pulisce il lievito vecchio, si panifica per una settimana senza lievito, è del tutto fondamentale e mai accessorio. Israele non conosce la difficoltà della celebrazione liturgica, non contempla il fatto che il rito possa esser svilito. Per Israele questa tradizione è fondamentale e vale più di ogni altra cosa. Custodire il rito è già un modo per amare la Pasqua e per sperimentare la sua benedizione. Amare il rito, conoscerlo, tramandarlo, è già il primo modo per sperimentare la benedizione del Signore, la sua presenza, il suo essere davvero il centro, il cuore della festa.
La benedizione del rito ben celerato
La seconda lettura ci ha parlato della Pasqua di Giosia. È la Pasqua che viene celebrata dopo il periodo dell’esilio. Israele, per tutto il tempo della deportazione, non ha potuto celebrare la Pasqua. Né coloro che erano rimasti a Gerusalemme, un piccolo numero, avevano potuto osservare la tradizione, dal momento, poi, che anche il tempio era stato distrutto. La Pasqua di Giosia è la Pasqua del ritorno, è la Pasqua di coloro che sono stati liberati dalla schiavitù della deportazione, è la Pasqua di gioia di coloro che tornano, dopo aver perso tutto, per dire grazie al Signore di quella purificazione. Il modo di dirlo è la perfezione del rito. Proprio perché si riconosce che la fine della deportazione è stata un dono di Dio, Giosia prescrive che la Pasqua sia celebrata in modo del tutto spettacolare. Spettacolare nel senso di assolutamente fedele alle norme dei padri. Il rispetto per il rito è ciò che rende questa Pasqua singolare ed unica. Il rispetto delle norme e delle tradizioni dei padri è ciò che rende santa questa Pasqua.
La benedizione dell’olocausto
Il terzo tema di questo vespero è lontanissimo dal nostro modo di sentire la Pasqua, perché parla della benedizione che è l’olocausto, ovvero la benedizione che viene da quel rito di uccisione dell’agnello pasquale, e che deve, poi, essere mangiato in modo santo. Noi non abbiamo nulla di tutto questo e facciamo fatica a comprenderne il valore simbolico. Eppure il testo ci sta dicendo che la morte del Signore doveva essere così. Come il rito antico aveva prefigurato per l’agnello, così doveva essere per il Messia. Il suo corpo avrebbe dovuto soffrire, essere trucidato, essere martoriato dal dolore. Sono tutte realtà che noi facciamo molta fatica a pensare. Eppure il venerdì di Quaresima serve anche a questo, a metterci in comunione con il corpo del Signore che è il corpo di un sofferente, che è il corpo martoriato, straziato, distrutto dal dolore. Una contemplazione difficile, faticosissima ma necessaria.
Il profeta
La quarta lettura, come sappiamo, è sempre di stampo profetico. Il profeta non solo ha intuito ma ha descritto così la morte del Messia. Geremia intuisce che la morte del Messia rivelatore del vero volto di Dio, sarebbe stata come quella di un agnello che viene condotto al macello. Noi possiamo immaginare questa scena, ma non la viviamo, non l’abbiamo presente. Il profeta, quando scrive di questa immagine, ha invece sottocchio la processione delle migliaia di agnelli che, ogni anno, venivano bruciati, per la Pasqua, nel tempio di Gerusalemme. Descrive una scena che lui vede, che i suoi lettori vedono, una scena che la gente conosce bene. Ecco perché l’immagine colpiva molto chi la ascoltava.
L’importanza di una benedizione – invito alla riflessione
Credo che le Scritture di oggi ci hanno reso molto attenti al tema della sofferenza del Messia. In effetti, se provate anche solo a pensare, il tema del Cristo sofferente è uno dei più dipinti, affrescati, rappresentati nella storia dell’arte. Il che significa che la spiritualità dei cristiani si è sempre fatta molto impressionare dalla sofferenza e dalla morte del Signore, dal suo dolore, dalla sua consegna volontaria, dalla sua sofferenza subita. Noi non avremo mai riflettuto abbastanza su cosa significa che il Signore si è caricato su di sé tutti i nostri dolori e tutte le nostre sofferenze. Noi non avremo mai riflettuto abbastanza sul dolore inflitto e provocato al Signore. Noi non avremo mai detto abbastanza della sua sofferenza volontaria, del suo dolore, nemmeno quando avremo tentato di descrivere nel modo più minuzioso possibile, tutto ciò che il venerdì santo è stato fatto al Signore.
Come vivere, allora, questo venerdì? Come pregare, insieme, in questo venerdì? Io credo che sia bene stare fermi davanti ad un crocifisso, provare ad immaginare il suo dolore, provare ad immaginare il sangue. È una contemplazione difficilissima, dalla quale, credo, vorremmo tutti fuggire, per fermarci ad altre contemplazioni, per vedere altri momenti della vita del Signore che immaginiamo con più facilità e con più felicità. La contemplazione del dolore, invece, è essenziale. È fondamentale. Noi non possiamo distogliere lo sguardo e gli occhi da questa contemplazione, se vogliamo, davvero, celebrare una Pasqua di santificazione e di verità.
Contemplare l’uomo dei dolori è bene, se sapremo fare di questa sofferenza un richiamo alle sofferenze attuali dell’uomo. Contemplare questa sofferenza diventerà una benedizione se noi sapremo vedere in essa anche il nostro dolore, la nostra sofferenza. Contemplare questa sofferenza diventerà salutare se anche noi sapremo metterci un poco dal punto di vista di coloro che hanno inflitto questa sofferenza, questo dolore, al Signore e, purtroppo, di coloro che continuano ad infierire su di lui. Il nostro peccato, piccolo o grande che sia, è causa di continua sofferenza del Signore. Il nostro non amore per Dio, più ancora. Più ancora di qualsiasi male fatto, più ancora di qualsiasi azione sbagliata, più ancora di qualsiasi realtà che noi possiamo attuare, il dolore di Cristo è il dolore di chi non si sente amato, cercato, ascoltato.
Questo è il dolore che anche noi provochiamo a Cristo. In questo venerdì di Quaresima vorrei, allora, che tutti ci fermassimo a contemplare questo dolore che infliggiamo al Signore. Vorrei che tutti fossimo consci di quanto facciamo, oggi, per far soffrire il Signore. Questa meditazione si trasformerà in benedizione se desidereremo consolare, in qualche modo, il Signore. Sarà una benedizione se, anche noi tutti, cercheremo di essere vicini al Signore con il nostro amore, con la nostra vicinanza, con il nostro affetto. È questo quello che dovremmo cercare tutti. Solo allora sperimenteremo la benedizione della Pasqua.
Per noi e per il nostro cammino
- Lascio che questo struggimento del cuore entri in me?
- Come vivono la Pasqua i miei più stretti amici e parenti? Che richiamo posso fare? Che benedizione posso essere per loro?
- Quale benedizione da questo struggimento del cuore per me?