Settimana della quinta domenica di Quaresima – mercoledì
Vangelo
Lc 18, 31-34
Lettura del vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù prese con sé i Dodici e disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme, e si compirà tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al Figlio dell’uomo: verrà infatti consegnato ai pagani, verrà deriso e insultato, lo copriranno di sputi e, dopo averlo flagellato, lo uccideranno e il terzo giorno risorgerà». Ma quelli non compresero nulla di tutto questo; quel parlare restava oscuro per loro e non capivano ciò che egli aveva detto.
Il Vangelo di Luca è tutto impostato come un grande itinerario verso Gerusalemme. Man mano che il Signore si avvicina alla città santa, che è la città della sua passione, della sua morte e della sua risurrezione, egli educa il discepolo a credere nella vita eterna e a sopportare lo scandalo di una morte così crudele per ereditare la vita eterna. Gesù, anche in questo “preannunzio della passione”, come tecnicamente chiamiamo questo brano, parla non solo della sua morte, ma anche della sua risurrezione ma, come annotava Luca, “quel parlare restava oscuro”.
Come già dicevamo l’altro ieri, il parlare della vita eterna rimane oscuro anche per noi. Molti, però, preferiscono tralasciare il discorso, a differenza di quello che fa Gesù che continua a ritornare sul suo insegnamento e continua a provocare il discepolo alla riflessione. Forse, più che censurare il pensiero della morte ed evitare il discorso della vita eterna, anche noi avremmo bisogno di parlare, di fermarci a riflettere, di continuare a provocarci l’un l’altro, condividendo i dubbi, le fatiche, le preoccupazioni, le riflessioni, le intuizioni, le luci. Ci farebbe bene anche ricordare l’esempio dei nostri cari, o dei nostri maestri di fede. Ci farebbe bene ricordare l’esempio di chi è morto con fede, sperando nel nome del Signore. Ci farebbe bene mantenere viva la riflessione. Dove è vivo il pensiero, dove è viva la riflessione e la condivisione delle proprie riflessioni, l’anima si mantiene in cammino e, chiedendo sempre luce su un argomento difficile, si apre alle gioie che il Signore riserva a tutti coloro che credono.
Genesi
49, 1-28
Lettura del libro della Genesi
In quei giorni. Giacobbe chiamò i figli e disse: «Radunatevi, perché io vi annunci quello che vi accadrà nei tempi futuri. Radunatevi e ascoltate, figli di Giacobbe, ascoltate Israele, vostro padre! Ruben, tu sei il mio primogenito, il mio vigore e la primizia della mia virilità, esuberante in fierezza ed esuberante in forza! [Bollente come l’acqua, tu non avrai preminenza, perché sei salito sul talamo di tuo padre, hai profanato così il mio giaciglio.] Simeone e Levi sono fratelli, strumenti di violenza sono i loro coltelli. [Nel loro conciliabolo non entri l’anima mia, al loro convegno non si unisca il mio cuore, perché nella loro ira hanno ucciso gli uomini e nella loro passione hanno mutilato i tori.] Maledetta la loro ira, perché violenta, e la loro collera, perché crudele! Io li dividerò in Giacobbe e li disperderò in Israele. Giuda, ti loderanno i tuoi fratelli; la tua mano sarà sulla cervice dei tuoi nemici; davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre. Un giovane leone è Giuda: dalla preda, figlio mio, sei tornato; [si è sdraiato, si è accovacciato come un leone e come una leonessa; chi lo farà alzare?] Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli. [Egli lega alla vite il suo asinello e a una vite scelta il figlio della sua asina, lava nel vino la sua veste e nel sangue dell’uva il suo manto; scuri ha gli occhi più del vino e bianchi i denti più del latte.] Zàbulon giace lungo il lido del mare e presso l’approdo delle navi, con il fianco rivolto a Sidone. Ìssacar è un asino robusto, accovacciato tra un doppio recinto. Ha visto che il luogo di riposo era bello, che la terra era amena; ha piegato il dorso a portare la soma ed è stato ridotto ai lavori forzati. Dan giudica il suo popolo come una delle tribù d’Israele. [Sia Dan un serpente sulla strada, una vipera cornuta sul sentiero, che morde i garretti del cavallo, così che il suo cavaliere cada all’indietro.] Io spero nella tua salvezza, Signore! Gad, predoni lo assaliranno, ma anche lui li assalirà alle calcagna. Aser, il suo pane è pingue: egli fornisce delizie da re. Nèftali è una cerva slanciata; egli propone parole d’incanto. Germoglio di ceppo fecondo è Giuseppe; germoglio di ceppo fecondo presso una fonte, i cui rami si stendono sul muro. Lo hanno esasperato e colpito, lo hanno perseguitato i tiratori di frecce. Ma fu spezzato il loro arco, furono snervate le loro braccia per le mani del Potente di Giacobbe, per il nome del Pastore, Pietra d’Israele. Per il Dio di tuo padre: egli ti aiuti, e per il Dio l’Onnipotente: egli ti benedica! Con benedizioni del cielo dall’alto, benedizioni dell’abisso nel profondo, benedizioni delle mammelle e del grembo. Le benedizioni di tuo padre sono superiori alle benedizioni dei monti antichi, alle attrattive dei colli perenni. Vengano sul capo di Giuseppe e sulla testa del principe tra i suoi fratelli! Beniamino è un lupo che sbrana: al mattino divora la preda e alla sera spartisce il bottino». Tutti questi formano le dodici tribù d’Israele. Questo è ciò che disse loro il padre nell’atto di benedirli; egli benedisse ciascuno con una benedizione particolare.
La lunga lettura della Genesi ci propone, oggi, il testo delle benedizioni di Giuseppe, cioè le ultime parole del patriarca morente. Sono piccole profezie per ogni figlio, piccole cose che riguardano il futuro di quei figli che sono l’origine delle tribù di Israele. Al di là del contenuto, il testo ci dice che Giuseppe muore benedicendo! Un’immagine bellissima! Nessuno di noi sa né quando né come morirà. Ma che bello se anche noi potessimo morire con quel tanto di luce del cuore che basta a benedire le persone che avremo accanto, i nostri cari!
Proverbi
30, 1a. 2-9
Lettura del libro dei Proverbi
Detti di Agur, figlio di Iakè, da Massa. Io sono il più stupido degli uomini e non ho intelligenza umana; non ho imparato la sapienza e la scienza del Santo non l’ho conosciuta. Chi è salito al cielo e ne è sceso? Chi ha raccolto il vento nel suo pugno? Chi ha racchiuso le acque nel suo mantello? Chi ha fissato tutti i confini della terra? Come si chiama? Qual è il nome di suo figlio, se lo sai? Ogni parola di Dio è purificata nel fuoco; egli è scudo per chi in lui si rifugia. Non aggiungere nulla alle sue parole, perché non ti riprenda e tu sia trovato bugiardo. Io ti domando due cose, non negarmele prima che io muoia: tieni lontano da me falsità e menzogna, non darmi né povertà né ricchezza, ma fammi avere il mio pezzo di pane, perché, una volta sazio, io non ti rinneghi e dica: «Chi è il Signore?», oppure, ridotto all’indigenza, non rubi e abusi del nome del mio Dio.
Il detto del sapiente è il detto di un uomo che invoca da Dio quel tanto di sicurezza di vita che basta per vivere senza troppe preoccupazioni, ma anche in grado di fare riflessioni profonde. È quanto anche noi possiamo domandare. Chiediamo al Signore di non riempirci la vita di cose così da perdere il richiamo ai valori eterni, troppo presi da altre cose. Chiediamo la grazia dell’attenzione a ciò che nella vita conta davvero.
In preghiera
Dolce Trinità di amore, rendi il richiamo alla vita eterna accessibile a ciascuno di noi. Donaci di morire benedicendo, per presentarci da te carichi di quel bene che tu disponi già ora per noi perché noi tutti possiamo praticarlo.
Esame di coscienza
- Con chi parlo di vita eterna?
- Con chi mi confronto su questo tema dell’esistenza?
- Chiedo al Signore la grazia della lucidità del pensiero?