Settimana della quinta domenica di Quaresima – giovedì
Vangelo
Gv 7, 43-53
Lettura del vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Tra la gente nacque un dissenso riguardo al Signore Gesù. Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui. Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto qui?». Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato così!». Ma i farisei replicarono loro: «Vi siete lasciati ingannare anche voi? Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!». Allora Nicodèmo, che era andato precedentemente da Gesù, ed era uno di loro, disse: «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta! ». E ciascuno tornò a casa sua
Anche oggi non manca il riferimento al tema della vita eterna.
Il protagonista di questa pagina è Nicodemo, il membro autorevole del sinedrio che, di notte, amava parlare con Gesù. La catechesi che Gesù vive con quest’uomo è legata al tema del “rinascere dall’alto”, ovvero al tema del Battesimo. Tema molto fortemente legato alla speranza della vita eterna. Dunque, il brano di oggi, che apparentemente non tratta di questa riflessione, si ricollega facilmente all’articolo del credo che vogliamo mettere al centro della nostra preghiera in questa settimana.
Inoltre, la discussione tra i farisei e Nicodemo ha anche un altro centro di interesse legato al tema dell’inganno. I farisei erano gente seria, che si domandava veramente come vivere costantemente rivolti a Dio, per non perdere il frutto e la speranza della vita in Dio. I farisei sanno benissimo che ci sono filosofie, proposte di vita, modelli di esistenza che non conducono a Dio. Per questo invitano tutti a non lasciarsi ingannare. Certo, la loro ostinazione sulle tradizioni di padri diventa anche chiusura nei confronti di Gesù. La partenza della loro riflessione era, comunque, buona e valida anche per noi. Anche noi dovremmo interrogarci seriamente quale progetto di vita stiamo seguendo, se ci lasciamo ingannare anche noi dalle molte cose dell’esistenza o se, invece, siamo pronti a vivere con fede il richiamo ai valori che rendono vera e piena l’esistenza. Anche noi dovremmo interrogarci se il nostro modo di impostare la vita è davvero indirizzato alla vita eterna oppure no.
Genesi
50, 16-26
Lettura del libro della Genesi
In quei giorni. I fratelli mandarono a dire a Giuseppe: «Tuo padre prima di morire ha dato quest’ordine: “Direte a Giuseppe: Perdona il delitto dei tuoi fratelli e il loro peccato, perché ti hanno fatto del male!”. Perdona dunque il delitto dei servi del Dio di tuo padre!». Giuseppe pianse quando gli si parlò così. E i suoi fratelli andarono e si gettarono a terra davanti a lui e dissero: «Eccoci tuoi schiavi!». Ma Giuseppe disse loro: «Non temete. Tengo io forse il posto di Dio? Se voi avevate tramato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene, per compiere quello che oggi si avvera: far vivere un popolo numeroso. Dunque non temete, io provvederò al sostentamento per voi e per i vostri bambini». Così li consolò parlando al loro cuore. Giuseppe con la famiglia di suo padre abitò in Egitto; egli visse centodieci anni. Così Giuseppe vide i figli di Èfraim fino alla terza generazione e anche i figli di Machir, figlio di Manasse, nacquero sulle ginocchia di Giuseppe. Poi Giuseppe disse ai fratelli: «Io sto per morire, ma Dio verrà certo a visitarvi e vi farà uscire da questa terra, verso la terra che egli ha promesso con giuramento ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe». Giuseppe fece giurare ai figli d’Israele così: «Dio verrà certo a visitarvi e allora voi porterete via di qui le mie ossa». Giuseppe morì all’età di centodieci anni; lo imbalsamarono e fu posto in un sarcofago in Egitto.
La lettura più bella di oggi è, però, quella della Genesi. Intanto perché ci mostra come morì Giacobbe, il grande patriarca fondatore delle tribù di Israele. Avendo ben compreso la difficoltà dei suoi figli a vivere insieme, ricordando come avevano trattato Giuseppe nella loro giovinezza, Giacobbe si assicura che la parola “perdono” possa trionfare nella sua famiglia. Giacobbe morente chiede ai figli di perdonarsi e di saper ricominciare da capo una vita nuova, fondata sulla fraternità, la luce della morte illumina la riflessione del patriarca che cerca di lasciare ai figli un testamento importante! Solo il perdono e la concordia in famiglia contano!
Nella seconda parte della lettura abbiamo sentito le parole del figlio di Giacobbe, Giuseppe, anch’egli in punto di morte. Quest’uomo muore con la speranza nel cuore: la speranza che è già una certezza: Dio visiterà il suo popolo. Per questo chiede che le sue ossa non rimangano in terra di Egitto, ma vengano trasportate nella terra dei padri, nella terra della promessa, nella terra che Dio donerà al suo popolo, secondo la sua promessa. Giuseppe, morente, fa la sua professione di fede, esprime la sua certezza di fede! Parole bellissime che inducono noi a riflettere: noi come vorremo morire? Quali parole vorremo dire in punto di morte? Dal momento che è vero che un uomo muore come ha vissuto, cerchiamo di capire già fin d’ora che se vivremo con fede, la nostra morte sarà una morte di fede. Se adesso vivremo con i valori del Vangelo, la nostra sarà una morte nella pace. Come possiamo vedere da chi ci ha preceduto e, magari, ci ha lasciato insegnamenti ed esempi molto simili a quello di Giuseppe.
Proverbi
31, 1. 10-15. 26-31
Lettura del libro dei Proverbi
Parole di Lemuèl, re di Massa, che apprese da sua madre. Una donna forte chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. È simile alle navi di un mercante, fa venire da lontano le provviste. Si alza quando è ancora notte, distribuisce il cibo alla sua famiglia e dà ordini alle sue domestiche. Apre la bocca con saggezza e la sua lingua ha solo insegnamenti di bontà. Sorveglia l’andamento della sua casa e non mangia il pane della pigrizia. Sorgono i suoi figli e ne esaltano le doti, suo marito ne tesse l’elogio: «Molte figlie hanno compiuto cose eccellenti, ma tu le hai superate tutte!». Illusorio è il fascino e fugace la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare. Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani e le sue opere la lodino alle porte della città.
Anche la riflessione sapienziale può essere riletta alla luce del tema della settimana. Anche il tema dell’amore conta molto nella vita di un uomo! Ci sono diversi modi per amare. Il sapiente esalta quella forma di amore che diventa fedeltà, dedizione, servizio… Chi si ferma all’apparire, chi cerca continue relazioni affettive senza mai trovare pace, probabilmente, morirà solo.
In preghiera
Santa Trinità dolce fonte di amore, insegnaci a vivere pensando anche alla nostra morte! Insegnaci a vivere con fede nella costante professione di quei valori che, nel momento della morte, saranno fonte di pace e sicurezza mentre compiremo l’ultimo viaggio verso di Te! Amen.
Esame di coscienza
- Cosa mi insegnano le persone che ho visto morire?
- Come vorrei morire io?
- Quali valori e quali parole vorrei professare o dire se avrò coscienza?