3 di Pasqua – festa di Santa Croce
Per introdurci
- Cosa significa che anche Gesù ha bisogno di una testimonianza?
- Non è Giovanni il Battista il grande testimone?
- Perché la fede, annuncio di pace e di gioia, provoca sempre divisioni e risonanze così diverse?
Sono forse alcune domande che possiamo far risuonare dentro di noi, mentre celebriamo, in comunità tutta, il solenne anniversario della Sacra Spina e la festa di Santa Croce che coinvolge oggi soprattutto la comunità di Santa Maria, ma con un messaggio che è, comunque, per tutti noi.
La Parola di questa domenica
LETTURA At 28, 16-28
Lettura degli Atti degli Apostoli
In quei giorni. Arrivati a Roma, fu concesso a Paolo di abitare per conto suo con un soldato di guardia. Dopo tre giorni, egli fece chiamare i notabili dei Giudei e, quando giunsero, disse loro: «Fratelli, senza aver fatto nulla contro il mio popolo o contro le usanze dei padri, sono stato arrestato a Gerusalemme e consegnato nelle mani dei Romani. Questi, dopo avermi interrogato, volevano rimettermi in libertà, non avendo trovato in me alcuna colpa degna di morte. Ma poiché i Giudei si opponevano, sono stato costretto ad appellarmi a Cesare, senza intendere, con questo, muovere accuse contro la mia gente. Ecco perché vi ho chiamati: per vedervi e parlarvi, poiché è a causa della speranza d’Israele che io sono legato da questa catena». Essi gli risposero: «Noi non abbiamo ricevuto alcuna lettera sul tuo conto dalla Giudea né alcuno dei fratelli è venuto a riferire o a parlar male di te. Ci sembra bene tuttavia ascoltare da te quello che pensi: di questa setta infatti sappiamo che ovunque essa trova opposizione». E, avendo fissato con lui un giorno, molti vennero da lui, nel suo alloggio. Dal mattino alla sera egli esponeva loro il regno di Dio, dando testimonianza, e cercava di convincerli riguardo a Gesù, partendo dalla legge di Mosè e dai Profeti. Alcuni erano persuasi delle cose che venivano dette, altri invece non credevano. Essendo in disaccordo fra di loro, se ne andavano via, mentre Paolo diceva quest’unica parola: «Ha detto bene lo Spirito Santo, per mezzo del profeta Isaia, ai vostri padri: “Va’ da questo popolo e di’: Udrete, sì, ma non comprenderete; guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano, e io li guarisca!”. Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio fu inviata alle nazioni, ed esse ascolteranno!».
SALMO Sal 96 (97)
Donaci occhi, Signore, per vedere la tua gloria.
Oppure Alleluia, alleluia, alleluia.
Il Signore regna: esulti la terra,
gioiscano le isole tutte.
Giustizia e diritto sostengono il suo trono. R
Annunciano i cieli la sua giustizia,
e tutti i popoli vedono la sua gloria.
A lui si prostrino tutti gli dèi! R
Tu, Signore,
sei l’Altissimo su tutta la terra,
eccelso su tutti gli dèi. R
EPISTOLA Rm 1, 1-16b
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio – che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore; per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo nome, e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo –, a tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo! Anzitutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi, perché della vostra fede si parla nel mondo intero. Mi è testimone Dio, al quale rendo culto nel mio spirito annunciando il vangelo del Figlio suo, come io continuamente faccia memoria di voi, chiedendo sempre nelle mie preghiere che, in qualche modo, un giorno, per volontà di Dio, io abbia l’opportunità di venire da voi. Desidero infatti ardentemente vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale, perché ne siate fortificati, o meglio, per essere in mezzo a voi confortato mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io. Non voglio che ignoriate, fratelli, che più volte mi sono proposto di venire fino a voi – ma finora ne sono stato impedito – per raccogliere qualche frutto anche tra voi, come tra le altre nazioni. Sono in debito verso i Greci come verso i barbari, verso i sapienti come verso gli ignoranti: sono quindi pronto, per quanto sta in me, ad annunciare il Vangelo anche a voi che siete a Roma. Io infatti non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede.
VANGELO Gv 8, 12-19
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Il Signore Gesù parlò agli scribi e ai farisei e disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». Gesù rispose loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado. Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. E nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera. Sono io che do testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me». Gli dissero allora: «Dov’è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio».
Vangelo
La questione della testimonianza a Gesù e di Gesù è molto molto forte nel quarto Vangelo.
Anzitutto la testimonianza “di” Gesù. Giovanni ha molto a cuore di presentarci il Signore Gesù come il testimone del Padre. È Lui che viene a dare testimonianza della presenza, dell’amore e della misericordia di Dio Padre per tutti gli uomini. È lui che ama stare con gli uomini per donare a tutti il suo perdono e il suo amore. Questa testimonianza di Gesù è però destinata a non essere accolta o meglio a dividere: ci sono uomini, donne che l’accolgono e che l’accoglieranno e uomini e donne che la rifiutano e la rifiuteranno. È così in tutta la storia dell’umanità che è anche la storia della salvezza.
C’è però anche una testimonianza “a” Gesù, cioè una testimonianza di uomini, di anime che, avendo accolto la rivelazione promossa dal Salvatore, rendono a Lui la testimonianza della fede. Il grande testimone, che Giovanni chiama anche semplicemente “la luce, la voce” è San Giovani Battista, chiamato, soprattutto, “il precursore”. È Giovanni che ha il compito di annunciare la venuta del Messia, è Giovanni che predica nel deserto annunciando la presenza di Colui che “doveva venire” da sempre. La medesima testimonianza è quella data da altri che, avendo accolto la medesima rivelazione, diventano, in mezzo agli uomini, segni della presenza del Signore, richiamo vivente alla sua manifestazione. Sono gli apostoli, sono i discepoli, sono tutti coloro che, avendo accolto la “luce” di Verità che è il Signore Gesù, professano apertamente la fede in Lui.
Questa duplice testimonianza, quella “di” Gesù e quella “a” Gesù, non sono state accolte dai suoi oppositori, con i quali Gesù entra spesso in contatto o anche in scontro. Insegnamento preziosissimo in questo tempo pasquale, che ricorda che la fede è questione di un’adesione sempre personale al Signore Gesù, alla sua rivelazione di amore, alla sua opera di misericordia.
Romani
Così è anche nella lettera ai Romani, che abbiamo ascoltato come epistola di oggi. San Paolo aveva in animo di arrivare a Roma da libero. Desiderava portare il Vangelo della sua predicazione, il vangelo di Gesù Cristo. Sapeva molte cose di questa comunità non fondata da lui e che egli intendeva visitare prima di recarsi in Spagna, luogo che Paolo avrebbe eletto come teatro di una nuova sua missione. Paolo non coronerà questo suo desiderio. Arrestato, a motivo della fede, giungerà a Roma come prigioniero. La comunità lo accoglierà, lo ascolterà, lo accompagnerà verso il martirio. Prima di incontrare questa comunità ecco che Paolo scrive, lodando questo insieme di credenti a motivo della fede nel risorto. Paolo sa bene che a Roma ci sono cristiani provenienti da diverse esperienze di fede: pagani convertiti, ebrei che hanno avuto occasione di meditare sulla venuta di Cristo riconoscendolo come Messia, uomini e donne ispirati che hanno trovato nella fede in Cristo la risposta ai bisogni di fede della loro vita. Paolo dichiara subito il suo intento: annunciare il vangelo anche a Roma, ma anche raccogliere qualche frutto spirituale di questa comunità già evangelizzata. C’è dunque una circolarità della fede mirabile. Da un lato Paolo si propone come testimone del risorto, dall’altro lato vuole sentire e apprezzare la testimonianza di una comunità che già vive il Vangelo. Dichiarazione fondamentale, perché mette in correlazione la testimonianza autorevole di una autorità della fede, l’apostolo, con quella dei laici, persone che, in ogni gradino sociale, hanno accolto il Cristo.
Atti
Il rovescio della medaglia è contenuto nella narrazione degli Atti. Paolo giunge a Roma, alcuni fratelli lo accolgono, si danno da fare per trovargli un alloggio per gli arresti domiciliari, lo ascoltano con frequenza. Altri lo ignorano, altri ancora diventeranno i suoi accusatori. Paolo cerca anche, come abbiamo sentito, un contatto con la comunità dei Giudei presenti in città, al tempo molto numerosa, ma, come ci è stato detto, questo contatto risulta piuttosto infruttuoso: i più non vogliono sentir parlare di risurrezione, tanto che Paolo deve rifarsi ad una citazione del profeta Isaia per dire che la fede è così, divide! La fede, che suppone l’accoglienza personale dell’annuncio della risurrezione, non è da tutti accettata, non è da tutti compresa, non è da tutti approfondita. Ci sono sempre uomini, donne che rifiutando l’annuncio della fede, non vogliono assolutamente sentire alcuna testimonianza resa a Cristo né, tantomeno, diventare testimoni di Cristo risorto.
Per noi
Così è anche per noi, così è anche nel nostro mondo, nella nostra società, nel nostro tempo. Anche noi ci confrontiamo tra credenti e non credenti, tra uomini, donne che hanno accolto il messaggio della risurrezione e si affidano ad esso, diventandone, a loro volta, testimoni, accanto a persone che non avendo accolto la fede come dono, non si dispongono ad alcuna testimonianza. Perché? Perché tutto questo? Perché questa divisione? È il mistero della libertà di ciascuno che apre in alcuni all’accoglienza di Cristo, in altri, invece, chiude.
La terza domenica di Pasqua, nella luce di Cristo risorto, apre a questa meditazione ciascuno di noi, perché tutti dobbiamo riflettere su come la nostra libertà accoglie il mistero di Cristo e come diventiamo, poi, testimoni della fede.
Ci viene in aiuto la Sacra Spina, che oggi esponiamo in modo solenne e che veneriamo come preziosa reliquia di Cristo. Anche nel mezzo del tempo pasquale la Spina Sacra ci riporta al valore della passione, della sofferenza, della morte del Signore e chi pone direttamente la questione su quanto è costato a Cristo essere il testimone del Padre. La testimonianza di Cristo si consuma nel mistero della Croce. Secondo San Giovanni l’ora della Croce è l’ora della massima rivelazione del Signore, l’ora della massima testimonianza, l’ora per eccellenza della vita del Signore. Ecco perché San Paolo entrava in aperta polemica con gli oppositori del Signore. Ben sapendo questo, ben sapendo il valore del sangue di Cristo, ben sapendo quanto è costata a Cristo la redenzione, come è possibile chiudersi ostinatamente in un rifiuto della sua risurrezione? Come è possibile non accogliere la sua testimonianza? Come è possibile non determinare la propria libertà nella direzione di Cristo, se è nella mente di Cristo che noi siamo stati pensati? Domanda alla quale non c’è risposta, se non quella del dolore. San Paolo prova dolore per tutti coloro che non accolgono la fede, per tutti coloro che rifiutano Cristo, dicendo apertamente che egli stesso ha come una spina conficcata nella carne, qualcosa che lo corrode sempre, un dolore inestinguibile, come è inestinguibile l’amore di Cristo per l’uomo.
La reliquia della Sacra Spina deve ricordarci queste due cose: da un lato deve ricordarci che anche noi siamo stati redenti nel sangue di Cristo, dall’altro lato dovrebbe muoverci ad una testimonianza di fede autentica, perché anche noi dovremmo soffrire di fronte a tutti coloro che non hanno un principio di fede. Venerare la Sacra Spina, festeggiare questa reliquia non deve essere solo un onore, non deve essere solo un vanto, non deve essere solo occasione di qualche ricordo del passato, ma deve diventare, nell’oggi della storia della salvezza, occasione per rendere testimonianza al Signore che si china ancora sui nostri peccati, sorregge ancora i nostri sforzi di bene, perdona ancora tutto il male che c’è nel mondo. Dinanzi alla Sacra Spina pensiamo questo e chiediamo per noi, per la nostra città, per il nostro mondo, la grazia di accogliere la testimonianza di Cristo per essere, a nostra volta, testimoni del Risorto. Così sia!