Giovedì 01 luglio

Settimana della 5 domenica dopo Pentecoste – Giovedì

Deuteronomio

Dt 31, 14-23
Lettura del libro del Deuteronomio

In quei giorni. Il Signore disse a Mosè: «Ecco, i giorni della tua morte sono vicini. Chiama Giosuè e presentatevi nella tenda del convegno, perché io gli comunichi i miei ordini». Mosè e Giosuè andarono a presentarsi nella tenda del convegno. Il Signore apparve nella tenda in una colonna di nube, e la colonna di nube stette all’ingresso della tenda. Il Signore disse a Mosè: «Ecco, tu stai per addormentarti con i tuoi padri. Questo popolo si alzerà e si leverà per prostituirsi con dèi stranieri nella terra dove sta per entrare. Mi abbandonerà e infrangerà l’alleanza che io ho stabilito con lui. In quel giorno, la mia ira si accenderà contro di lui: io li abbandonerò, nasconderò loro il volto e saranno divorati. Lo colpiranno malanni numerosi e angosciosi e in quel giorno dirà: “Questi mali non mi hanno forse colpito per il fatto che il mio Dio non è più in mezzo a me?”. Io, in quel giorno, nasconderò il mio volto a causa di tutto il male che avranno fatto rivolgendosi ad altri dèi. Ora scrivete per voi questo cantico; insegnalo agli Israeliti, mettilo nella loro bocca, perché questo cantico mi sia testimone contro gli Israeliti. Quando lo avrò introdotto nel paese che ho promesso ai suoi padri con giuramento, dove scorrono latte e miele, ed egli avrà mangiato, si sarà saziato e ingrassato e poi si sarà rivolto ad altri dèi per servirli e mi avrà disprezzato e avrà infranto la mia alleanza, e quando lo avranno colpito malanni numerosi e angosciosi, allora questo cantico sarà testimone davanti a lui, poiché non sarà dimenticato dalla sua discendenza. Sì, conosco i pensieri da lui concepiti già oggi, prima ancora che io lo abbia introdotto nella terra che ho promesso con giuramento». Mosè scrisse quel giorno questo cantico e lo insegnò agli Israeliti. Poi comunicò i suoi ordini a Giosuè, figlio di Nun, e gli disse: «Sii forte e coraggioso, poiché tu introdurrai gli Israeliti nella terra che ho giurato di dar loro, e io sarò con te».

Passare all’altra riva”, invito che troveremo poi nel Vangelo, ha assunto anche il significato di morire, passare alla vita eterna, passare alla dimensione in cui vive Dio. Mosè sta vivendo in questa dimensione e ne è conscio. Sa di essere arrivato alla fine della sua vita. Lo sente, avverte che Dio, in qualche modo, gli sta dicendo che quel suo delicatissimo ed importantissimo compito sta per terminare. Vedrà la terra, ma non vi entrerà, secondo quello che Dio stesso gli aveva già detto molte volte, ricordandogli sempre il suo essere stato dalla parte del popolo, anche quando era impossibile difenderlo. Come reagisce Mosè a tutto questo? Con un grande senso di liberazione. Egli sa di avere operato secondo il volere di Dio, sa di essere stato in grado di essere alla testa di questo popolo, sa di averlo condotto in mezzo al deserto, nel bene e nel male. Sa anche che Dio lo ha sempre sorretto, per questo non teme l’incontro con Lui. Mosè parla della sua morte apertamente, non temendo nulla. Accoglie Giosuè, che dovrà essere il suo successore, colui che guiderà il popolo fino all’effettivo insediamento nella terra. Con lui si confronta, con lui si prepara alla morte ma anche a prendere il distacco da quel popolo che, per 40 anni, aveva guidato nel deserto. Mosè è grande anche in questo: è di esempio. Non teme il morire. Non teme di voler giungere alla fine della sua vita. Non teme di lasciare ad altri il comando. La sua vita è stata tutta “nel timor di Dio”, nella fede e, per questo, ora non teme l’incontro con Lui, con la sua Verità, con il suo volto.

Vangelo

Lc 8, 22-25
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo. Avvenne che, un giorno, il Signore Gesù salì su una barca con i suoi discepoli e disse loro: «Passiamo all’altra riva del lago». E presero il largo. Ora, mentre navigavano, egli si addormentò. Una tempesta di vento si abbatté sul lago, imbarcavano acqua ed erano in pericolo. Si accostarono a lui e lo svegliarono dicendo: «Maestro, maestro, siamo perduti!». Ed egli, destatosi, minacciò il vento e le acque in tempesta: si calmarono e ci fu bonaccia. Allora disse loro: «Dov’è la vostra fede?». Essi, impauriti e stupiti, dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che comanda anche ai venti e all’acqua, e gli obbediscono?».

Passare all’altra riva” è ciò che anche ai discepoli è stato più volte proposto. Anzitutto nel senso fisico del termine. Sappiamo, dai diversi racconti evangelici, che il lago di Tiberiade è stato più volte solcato dalle barche degli apostoli che hanno accompagnato il Signore Gesù. Metafora della vita. Il Signore stesso li aveva preparati ad affrontare ben altre traversate che, poi, nel corso della vita, si avvereranno. Il discepolo reagisce in modo molto diverso da quello di Mosè di fronte ai suoi passaggi importanti: reagisce con la paura. Il discepolo ha paura di una traversata sul lago che diventa più difficile e rischiosa del solito. Così come pure ha paura di qualsiasi novità, e, soprattutto così come avrà paura di quell’ultima traversata, quella della morte, con la quale raggiungere di nuovo il Signore, vedere colui al quale si aveva donato la vita… non ci sarebbe nulla da temere. Ci sarebbe solo da ringraziare. Non ci sarebbe nulla da preoccuparsi, ben sapendo che tutto è nelle mani di Dio. Eppure il discepolo ha paura. Esprime la sua paura, non si vergogna di mostrarla. Ricordandoci così che l’uomo, anche quando è vicino al Signore, anche quando lo ascolta, anche quando vive della sua parola, rimane, comunque, una creatura fragile. Solo dopo la risurrezione del Signore il discepolo sarà più forte. Forte anche nella sua morte, come abbiamo sentito nella festa dei santi Pietro e Paolo. Ma ciò avverrà solo quando la fede sarà veramente radicata nel cuore del discepolo.

Per noi

  • Come stiamo noi di fronte ai grandi passaggi della vita?
  • Come stiamo noi di fronte al passaggio della morte?

Credo che ciascuno di noi abbia il suo modo di rimanere desto di fronte ai passaggi dell’esistenza. Ciascuno, poi, reagisce a suo modo. Anche nelle paure, ognuno le vive in modo diverso, anche perché le paure non sono tutte uguali.

Come reagiamo di fronte alla morte? Non dobbiamo, infatti, censurarne il pensiero, come spesso accade. Siamo tutti qui per lasciarci guidare dal Signore e per andare incontro alla sua venuta con il cuore che deve più essere consapevole delle grazie del Signore che delle mancanze di una vita e che deve reputarsi più bisognoso della misericordia di Dio che non temere di rimanere lontano da Lui. Questo è quanto il Vangelo ci insegna. Così, in mezzo all’estate, non perdiamoci nelle paure. Ma rimettiamoci sempre nelle mani di Dio, sapendo che ogni bene proviene da Lui. Sarà Lui, ancora una volta, a placare le nostre paure e ad attirarci nella vita eternamente beata con Lui.

2021-06-26T09:57:24+02:00