Settimana della 10 domenica dopo Pentecoste – Domenica
Per introdurci
Comunque la si metta, comunque si cerchi di interpretare questo episodio, non possiamo negare che esso ci presenti una figura di Gesù del tutto particolare: egli è arrabbiato, sdegnato, appare perfino come un folle mentre si procura questa frusta di cordicelle per scacciare coloro che nel tempio vendevano e compravano o i cambiamonete.
Ma abbiamo davvero bisogno di giustificare il Signore? Dobbiamo ricorrere a qualche stratagemma pur di giustificare il suo operato? O vogliamo lasciarci educare da questa pagina? Anzi, da queste pagine che sono una la progressione dell’altra.
1 Re
1Re 7, 51 – 8, 14
Lettura del primo libro dei Re
In quei giorni. Fu terminato tutto il lavoro che il re Salomone aveva fatto per il tempio del Signore. Salomone fece portare le offerte consacrate da Davide, suo padre, cioè l’argento, l’oro e gli utensili; le depositò nei tesori del tempio del Signore. Salomone allora convocò presso di sé in assemblea a Gerusalemme gli anziani d’Israele, tutti i capitribù, i prìncipi dei casati degli Israeliti, per fare salire l’arca dell’alleanza del Signore dalla Città di Davide, cioè da Sion. Si radunarono presso il re Salomone tutti gli Israeliti nel mese di Etanìm, cioè il settimo mese, durante la festa. Quando furono giunti tutti gli anziani d’Israele, i sacerdoti sollevarono l’arca e fecero salire l’arca del Signore, con la tenda del convegno e con tutti gli oggetti sacri che erano nella tenda; li facevano salire i sacerdoti e i leviti. Il re Salomone e tutta la comunità d’Israele, convenuta presso di lui, immolavano davanti all’arca pecore e giovenchi, che non si potevano contare né si potevano calcolare per la quantità. I sacerdoti introdussero l’arca dell’alleanza del Signore al suo posto nel sacrario del tempio, nel Santo dei Santi, sotto le ali dei cherubini. Difatti i cherubini stendevano le ali sul luogo dell’arca; i cherubini, cioè, proteggevano l’arca e le sue stanghe dall’alto. Le stanghe sporgevano e le punte delle stanghe si vedevano dal Santo di fronte al sacrario, ma non si vedevano di fuori. Vi sono ancora oggi. Nell’arca non c’era nulla se non le due tavole di pietra, che vi aveva deposto Mosè sull’Oreb, dove il Signore aveva concluso l’alleanza con gli Israeliti quando uscirono dalla terra d’Egitto. Appena i sacerdoti furono usciti dal santuario, la nube riempì il tempio del Signore, e i sacerdoti non poterono rimanervi per compiere il servizio a causa della nube, perché la gloria del Signore riempiva il tempio del Signore. Allora Salomone disse: «Il Signore ha deciso di abitare nella nube oscura. Ho voluto costruirti una casa eccelsa, un luogo per la tua dimora in eterno». Il re si voltò e benedisse tutta l’assemblea d’Israele, mentre tutta l’assemblea d’Israele stava in piedi.
2 Corinzi
2Cor 6, 14 – 7, 1
Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, non lasciatevi legare al giogo estraneo dei non credenti. Quale rapporto infatti può esservi fra giustizia e iniquità, o quale comunione fra luce e tenebre? Quale intesa fra Cristo e Bèliar, o quale collaborazione fra credente e non credente? Quale accordo fra tempio di Dio e idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto: «Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. Perciò uscite di mezzo a loro e separatevi, dice il Signore, non toccate nulla d’impuro. E io vi accoglierò e sarò per voi un padre e voi sarete per me figli e figlie, dice il Signore onnipotente». In possesso dunque di queste promesse, carissimi, purifichiamoci da ogni macchia della carne e dello spirito, portando a compimento la santificazione, nel timore di Dio.
Vangelo
Mt 21, 12-16
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Il Signore Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera”. Voi invece ne fate un covo di ladri». Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì. Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che aveva fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio di Davide!», si sdegnarono, e gli dissero: «Non senti quello che dicono costoro?». Gesù rispose loro: «Sì! Non avete mai letto: “Dalla bocca di bambini e di lattanti hai tratto per te una lode”?».
1 Re
Lo abbiamo detto anche settimana scorsa: avere un luogo di culto, avere un tempio degno del proprio Dio creatore, accompagnatore, padre, era stata già l’esigenza di Davide che aveva trasportato l’Arca a Gerusalemme. Il figlio, Salomone, costruisce un tempio grandioso, enorme, l’ottava meraviglia del mondo antico, per dare lode a Dio, per contenere quello che restava dell’Esodo, le tavole della legge, richiamo per tutto il popolo, e il tabernacolo che le custodiva. Esso doveva essere un segno. Segno, anzitutto, della trascendenza di Dio, richiamato da quel segno, il segno della nube, che compariva alla fine della scrittura. Per Israele era chiarissimo che Dio non poteva essere contenuto in nessuno spazio. Il tempio serve all’uomo, serve per ricordarsi della presenza di Dio, serve per avere un luogo nel quale ricordarsi della sua dimensione di creatura, della propria dimensione di limitatezza che ha necessariamente bisogno dell’incontro con l’infinito per cercare quel compimento di senso senza il quale non si può vivere. Un luogo sacro, un luogo di preghiera, un luogo dove la creatura entra per ricordarsi di Dio e per cercare la comunione con lui, unico senso dei propri giorni. La maestosità del tempio, la sua ricchezza, la sua non comune bellezza, dovevano rimandare alla bellezza e grandezza di Dio, di per sé incontenibili, non rappresentabili, impossibili da descrivere.
Vangelo
Ovviamente l’ideale è durato poco. Ecco che si è avvertito il bisogno di avere tutte le cose che necessitavano per il culto, e non erano poche. Ecco poi il bisogno di avere dei cambiamonete: gli ebrei erano già allora dispersi nel mondo. Ecco la scena che vede Gesù: nel primo cortile del tempio, quello nel quale tutti potevano avere accesso, erano collocate tutte queste bancarelle. Utili per l’uomo, inutili per Dio! Dio cerca anime, non cose! Ecco il perché di quella azione simbolica che gli evangelisti descrivono come una scena profetica, carica di significato, nella quale Gesù attesta, ancora una volta e caso mai ce ne fosse bisogno il suo “zelo” per il tempio. Una operazione di purificazione senza precedenti, che lascia tutti con la bocca aperta, che non è capita. Gesù viene scambiato per un folle per uno che non si controlla, per un invasato. La sua opera è attaccata da molti, presa in giro da altri. Pochi comprendono il suo insegnamento. Ogni peccato dell’uomo – la ricerca del proprio interesse; il godimento delle cose, delle situazioni, delle persone; l’avarizia; la mancanza di fede e ogni altra fattispecie di peccato – sono un peccato contro il “tempio” che è il corpo di Cristo. Quando l’uomo aderisce ad una qualsiasi fattispecie di peccato, rovina il corpo di Cristo, esclude Dio dalla vita, trasforma il rapporto di servizio agli uomini in una continua ricerca del proprio interesse e piacere. Ecco perché più volte Gesù parlerà del proprio corpo come del tempio, quel tempio sul quale gli uomini metteranno le mani, quel tempio che verrà distrutto ma che, dopo tre giorni, verrà riedificato da Dio.
Corinzi
Di qui la lezione di San Paolo. Se la vita di fede è partecipazione alla vita in Cristo, quale collaborazione vi può essere tra credente e non credente? Quale conciliazione vi potrebbe mai essere tra il Cristo e colui che vi si oppone? Quale realtà potrebbe mai unire luce e tenebre? Sono le domande che San Paolo poneva all’inizio della sua riflessione per ricordare al credente, che la fede ha le sue esigenze. La fede comporta una scelta che mette il cuore dell’uomo nella direzione della conoscenza di Dio, realtà che, poi, va approfondita sempre, con calma, attenzione, profondità. “Portare a compimento la santificazione nel timore di Dio”, questo è il progetto di vita del credente, che ama relazionarsi a Dio per cercare di vivere bene quel cammino che deve condurre alla visione di Dio.
Per noi
Lezione difficilissima, per noi, per noi che leggiamo il Vangelo e non ci lasciamo colpire dalla profonda tristezza presente nel cuore di Cristo che vede il tempio profanato e che leggiamo questo episodio come una cosa “normale”. È normale che il Signore si sia adirato: avevano rovinato casa sua! È normale che egli abbia reagito rovesciando i tavoli: cosa doveva fare. E poi, diciamocelo, questo Gesù arrabbiato che tanto ci somiglia, ci piace davvero. Giustifica, se non altro, le nostre arrabbiature.
Invece no! Non dovrebbe essere questo il nostro pensiero. Piuttosto dovremmo ricordare che il tempio da purificare è il nostro cuore, perché sempre il cuore dell’uomo, attratto da Dio, si ribella a Dio stesso.
Così come dovremmo ricordare che la purificazione della chiesa di cui tanto si parla e della quale tutti vorremmo vedere i risultati, inizia da noi e, soprattutto, dipende da noi.
Non sarà sfuggita a tutti una recentissima intervista del papa emerito Benedetto XVI ad un giornale tedesco, dove il Papa richiama con forza l’idea che è espressa nella lezione di San Paolo. Qual è il problema del cristianesimo odierno? È proprio quello di avere annacquato il cristianesimo e di aver cercato quelle conciliazioni impossibili di cui ci ha parlato l’Apostolo. Oggi, e cioè da molti decenni, si è cercato di fare in modo che vi possa essere una qualche conciliazione tra luce e tenebre, tra bene e male, tra l’”io credente” e l’”io non credente” che c’è in noi. Ne è un esempio la tolleranza di molti fenomeni che partono da una scarsa vita di preghiera e portano ad uno scarso impegno morale. Oggi il cristiano medio vive così, con una scarsissima vita spirituale, ridotta solo a qualche celebrazione sacramentale o poco più, che ha portato ad accettare qualsiasi compromesso morale, con l’unica regola di non fare del male agli altri, come limite alla propria libertà. Limite, tra l’altro, labile, dal momento che non si può che quantificare il male fisico che si può provocare ad una persona, ma, come sappiamo bene, non è questa la ferita più terribile che possiamo infliggere nel cuore dell’uomo.
Cosa fare?
Purifichiamo il tempio che è il nostro cuore, la nostra anima, il nostro corpo. Torniamo ad una vita di preghiera più intensa e avremo la forza per vivere meglio qualsiasi aspetto della nostra vita. Torniamo a parlare delle “esigenze della fede”, torniamo a dire che ci sono conciliazioni impossibili che non possono mai essere accettate. Torniamo a dire che i cardini della fede sono la vita interiore e la vita fraterna, il tendere al bene, opponendosi anche con forza, a tutta quella serie di prevaricazioni che intende spingere al male o alterare il concetto di male affinché sia accettato o, addirittura, scelto. Ricordiamoci che la nostra stessa presenza nel tempio di Dio deve essere motivata unicamente dal desiderio di lodare il Signore, di voler seguire il suo nome, di voler accettare quella relazione nella quale può trovare senso qualsiasi cosa capiti alla vita dell’uomo. Cerchiamo di costruire in noi stessi un cristianesimo più radicale. Troveremo la forza per convertire noi stessi, per richiamare altri, per purificare la chiesa intera.