Settimana della 10 domenica dopo Pentecoste – Lunedì
Sant’ Eusebio, il santo curato di Ars, ma poi soprattutto la festa della Trasfigurazione del Signore sono le grandi feste che celebreremo nei prossimi giorni. Iniziamo così il nuovo mese di agosto rimettendo, come sempre, il tempo che ci viene donato nelle mani di Dio autore di ogni bene. Cominciamo la riflessione di questa settimana con queste letture che hanno come protagoniste le donne.
1 Re
1Re 3, 16-28
Lettura del primo libro dei Re
In quei giorni. Vennero dal re due prostitute e si presentarono innanzi a lui. Una delle due disse: «Perdona, mio signore! Io e questa donna abitiamo nella stessa casa; io ho partorito mentre lei era in casa. Tre giorni dopo il mio parto, anche questa donna ha partorito; noi stiamo insieme e non c’è nessun estraneo in casa fuori di noi due. Il figlio di questa donna è morto durante la notte, perché lei gli si era coricata sopra. Ella si è alzata nel cuore della notte, ha preso il mio figlio dal mio fianco, mentre la tua schiava dormiva, e se lo è messo in seno e sul mio seno ha messo il suo figlio morto. Al mattino mi sono alzata per allattare mio figlio, ma ecco, era morto. L’ho osservato bene al mattino; ecco, non era il figlio che avevo partorito io». L’altra donna disse: «Non è così! Mio figlio è quello vivo, il tuo è quello morto». E quella, al contrario, diceva: «Non è così! Quello morto è tuo figlio, il mio è quello vivo ». Discutevano così alla presenza del re. Il re disse: «Costei dice: “Mio figlio è quello vivo, il tuo è quello morto”, mentre quella dice: “Non è così! Tuo figlio è quello morto e il mio è quello vivo”». Allora il re ordinò: «Andate a prendermi una spada!». Portarono una spada davanti al re. Quindi il re aggiunse: «Tagliate in due il bambino vivo e datene una metà all’una e una metà all’altra». La donna il cui figlio era vivo si rivolse al re, poiché le sue viscere si erano commosse per il suo figlio, e disse: «Perdona, mio signore! Date a lei il bimbo vivo; non dovete farlo morire!». L’altra disse: «Non sia né mio né tuo; tagliate!». Presa la parola, il re disse: «Date alla prima il bimbo vivo; non dovete farlo morire. Quella è sua madre». Tutti gli Israeliti seppero della sentenza pronunciata dal re e provarono un profondo rispetto per il re, perché avevano constatato che la sapienza di Dio era in lui per rendere giustizia.
Donne che generano vita. È il caso, anzitutto, delle due prostitute del Primo Testamento. Sono moltissime le prostitute nominate dal Primo Testamento, molte di esse, per altro, hanno anche avuto un ruolo chiave nella storia della salvezza. Dunque non stupisce più di tanto che anche questo racconto abbia come protagoniste due donne di strada. Donne che hanno generato vita, hanno partorito da poco e donne che condividono la stessa casa, evidentemente per dividere le spese. Donne che, nella loro comune situazione e nelle molteplici similitudini di vita, hanno, però, una grandissima differenza tra loro. Una sembra non rispettare la sacralità della vita, tanto che non sarebbe offesa dallo smembramento del piccolo che trattiene come se fosse suo figlio. L’altra, la vera madre del bambino, invece, è animata da un rispetto assoluto e grande per la vita. Alla proposta del re Salomone, che vuole essere una provocazione di sapienza, di smembrare il bimbo perché non lo abbia né l’una né l’altra, reagisce con forza, con tutto il suo cuore, perché, da vera madre, non vuole che sia toccato il frutto del suo grembo. Preferirebbe che a crescerlo possa anche essere una donna che non rispetta la vita, piuttosto che vederlo morto. Salomone, con questo stratagemma, intuisce chi è la vera madre del bambino. Di per sé il racconto è una celebrazione, un’esaltazione della figura di Salomone, ma noi possiamo anche rileggerlo così, come il racconto che esalta la forza di una madre che ha difeso la vita di suo figlio. Anche questa donna, che a prima vista appare come una donna di malaffare, ha una sua sapienza. La sapienza di chi considera la vita sacra. Ed è una sapienza tutta femminile.
Vangelo
Lc 11, 27-28
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Mentre il Signore Gesù parlava, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!».
Anche la protagonista del Vangelo è una donna. Una donna senza nome e senza volto, una donna, come tante, che non appare. Sicuramente una madre. Lo si vede da come ragiona. Mentre è pronta ad incontrare Gesù che predica, il suo pensiero è sulla madre del Signore. Riconoscendo la sapienza che viene dalla predicazione di Gesù, elogia la madre di un uomo così grande. Elogia la sua esperienza, che è come quella di tutte le madri, portare nel grembo e allattare, ma che, evidentemente, considera in qualche modo unica.
Certo non pensiamo quasi mai a Maria e a quella custodia del Signore che ha avuto l’onore di compiere per virtù dello Spirito Santo. Custodia per molti anni, per molti giorni, davvero unica. Esperienza di dono, di condivisione, di gratuità grande. Poi, nei giorni della Pasqua, esperienza impossibile da vivere, se non per dono dello Spirito. Anche lei, come quella donna della prima lettura, avrà sentito le sue viscere in rivolta, il suo cuore in rivolta dentro di lei, nel vedere non solo la morte del figlio – esperienza che traumatizza ogni madre – ma nel vederlo morire in quel modo, nel dolore, nella tortura, nella solitudine. A Maria non sono toccati solo giorni belli e facili, ma anche giorni difficili, complessi, impossibili da vivere. Anche questo ha fatto parte della sua esperienza.
Per noi
- Che rispetto abbiamo per la sacralità della vita?
- Che interesse esprimiamo per la vita degli altri?
Forse anche noi rimaniamo molto pensierosi o proviamo reale dolore quando vediamo la vita di qualcuno che conosciamo o che ci è vicino finire “male”, ovvero finire in un modo che noi non vorremmo nemmeno prendere in considerazione. Molte altre volte credo che non ci soffermiamo a sufficienza a pensare alla sacralità della vita. Penso alle notizie che giungono spessissimo nelle nostre case e che riguardano coloro che muoiono nel mezzo di quelle traversate della speranza che solcano il Mediterraneo, o il dramma dei bambini rapiti per essere resi dei soldati, o peggio di quelli allontanati dalla famiglia per essere forzati in qualche forma di schiavitù antica o moderna. Ci sono episodi nei quali pensiamo alla sacralità della vita e ci sono episodi gravissimi che non producono in noi questa riflessione. Come mai? Forse che la vita di qualcuno vale più della vita dell’altro? Forse che sappiamo commuoverci solo per quelli che conosciamo e che ci sono vicini? Forse, è il caso di dirlo, dovremmo sostare maggiormente sulla Scrittura, per capire che, nei diversi casi della vita, siamo sempre e comunque richiamati a manifestare quella sacralità della vita e quella intoccabilità della persona umana che, da sempre, accompagnano la riflessione e l’impegno della Chiesa. Approfittiamo di questa occasione che la Scrittura ci offre, per meditare sulla sacralità della vita dell’uomo.