Settimana della 10 domenica dopo Pentecoste – martedì
Re
1Re 6, 1-3. 14-23. 30-38; 7, 15a. 21
Lettura del primo libro dei Re
L’anno quattrocentottantesimo dopo l’uscita degli Israeliti dalla terra d’Egitto, l’anno quarto del regno di Salomone su Israele, nel mese di Ziv, cioè nel secondo mese, egli dette inizio alla costruzione del tempio del Signore. Il tempio costruito dal re Salomone per il Signore aveva sessanta cubiti di lunghezza, venti di larghezza, trenta cubiti di altezza. Davanti all’aula del tempio vi era il vestibolo: era lungo venti cubiti, nel senso della larghezza del tempio, e profondo dieci cubiti davanti al tempio. Salomone dette inizio alla costruzione del tempio e la portò a termine. [Costruì i muri del tempio all’interno con tavole di cedro, dal pavimento del tempio fino ai muri di copertura; rivestì di legno la parte interna e inoltre rivestì con tavole di cipresso il pavimento del tempio. Costruì i venti cubiti in fondo al tempio con tavole di cedro, dal pavimento fino ai muri; all’interno costruì il sacrario, cioè il Santo dei Santi. L’aula del tempio di fronte ad esso era di quaranta cubiti. Il legno di cedro all’interno della sala era scolpito con coloquìntidi e fiori in sboccio; tutto era di cedro e non si vedeva una pietra. Eresse il sacrario nel tempio, nella parte più interna, per collocarvi l’arca dell’alleanza del Signore. Il sacrario era lungo venti cubiti, largo venti cubiti e alto venti cubiti. Lo rivestì d’oro purissimo e vi eresse un altare di cedro. Salomone rivestì l’interno della sala con oro purissimo e fece passare catene dorate davanti al sacrario che aveva rivestito d’oro. E d’oro fu rivestita tutta la sala in ogni parte, e rivestì d’oro anche l’intero altare che era nel sacrario. Nel sacrario fece due cherubini di legno d’ulivo; la loro altezza era di dieci cubiti. Ricoprì d’oro il pavimento della sala, all’interno e all’esterno. Fece costruire la porta del sacrario con battenti di legno d’ulivo e profilo degli stipiti pentagonale. I due battenti erano di legno d’ulivo. Su di essi fece scolpire cherubini, palme e fiori in sboccio; li rivestì d’oro e stese lamine d’oro sui cherubini e sulle palme. Allo stesso modo fece costruire nella porta dell’aula stipiti di legno d’ulivo a quadrangolo. I due battenti erano di legno di cipresso; le due ante di un battente erano girevoli, come erano girevoli le imposte dell’altro battente. Vi fece scolpire cherubini, palme e fiori in sboccio, che rivestì d’oro aderente all’incisione. Costruì il muro del cortile interno con tre ordini di pietre squadrate e con un ordine di travi di cedro. Nell’anno quarto, nel mese di Ziv, si gettarono le fondamenta del tempio del Signore. Nell’anno undicesimo, nel mese di Bul, che è l’ottavo mese, fu terminato il tempio in tutte le sue parti e con tutto l’occorrente. Lo edificò in sette anni. Modellò due colonne di bronzo. Eresse le colonne per il vestibolo dell’aula. Eresse la colonna di destra, che chiamò Iachin, ed eresse la colonna di sinistra, che chiamò Boaz.]
Se ieri erano le donne a farci riflettere, oggi sono i segni a provocare la nostra riflessione.
Il tempio di Gerusalemme, nella bellissima descrizione che abbiamo ascoltato, era, per tutti, un segno della grandezza di Dio. Salomone lo aveva voluto amplissimo e adornato di ogni genere di scultura. Non aveva badato a spese, né nell’approvvigionare legname e pietre o metalli preziosi, né nell’abbellimento del tempio. Si dà addirittura un nome alle due colonne, Iachin e Boaz, che significano “stabilità e “forza”. Tutto, insomma, rimanda alla grandezza di Dio, niente, nel tempio, è lasciato al caso perché deve essere il simbolo della grandezza del Dio di Israele ma anche di Israele stesso. Sappiamo che, per secoli, il tempio di Gerusalemme è stato invidiato da tutti e da tutti ammirato come una delle meraviglie del mondo antico. Anche al tempo di Gesù il tempio era il simbolo dell’orgoglio nazionale. Un segno della presenza di Dio in mezzo agli uomini.
Vangelo
Lc 11, 29-30
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Mentre le folle si accalcavano, il Signore Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione».
Gesù ha parlato più e più volte del tempio, ricordando che non era la costruzione fisica a dare stabilità ad Israele, piuttosto il tempio avrebbe dovuto essere un richiamo per tutto il popolo a lodare Dio. È solo nella lode di Dio che trova senso anche quella costruzione unica e ammirevole. Di per sé, la costruzione in sé, le pietre o gli addobbi in sé, sono uguali a quello che l’uomo costruisce per altri scopi. È solo nella lode di Dio che si può capire il senso di quella costruzione ed è solo nella fede che si può apprezzare il valore del tempio. Il vero “segno”, poi, che sarà dato per la fede dei popoli, sarà quello della sua stessa morte e risurrezione, quel suo “permanere” tre giorni nel sepolcro prima della sua risurrezione. Questo sarà il segno da ritenere, il segno da approfondire, il segno grazie al quale credere. Gesù, dunque, non toglie il senso del valore dei segni, ma ricorda che il fondamento della fede è uno solo: la sua Pasqua.
Per noi
Anche noi diamo un diverso valore ai segni. Forse sono più abituati gli anziani a vedere dei segni nelle cose che capitano nella loro vita e nel mondo nel quale viviamo. Per molti, tantissime cose sono un segno! Forse stiamo un po’ perdendo la cultura dei segni, quella cultura che ci fa dire che alcune cose non sono uguali alle altre. Un edificio sacro non è uguale a qualsiasi altro edificio. Non solo per la sua grandezza, o per la sua bellezza, come tutti abbiamo in mente grazie al nostro patrimonio artistico. Piuttosto per il rimando che esso deve sempre dare a Dio. A noi e al nostro tempo, che ha perso la cultura del sacro, le grandi realtà sacre hanno ancora qualcosa da dire? Possono grandi costruzioni, grandi edifici, grandi testimonianze artistiche richiamare il fascino di Dio? Io credo di sì, a condizione che uno vi entri con fede. Se uno si accosta con fede a tutte queste testimonianze dell’arte che abbiamo, allora sarà facile comprendere il rimando che esse danno a Dio. Se non ci sarà un minimo di fede nel guardare alle cose sacre, potremo solo apprezzarle per il valore o per il gusto che esprimono.
Così, nel bel mezzo dell’estate, credo che questa Parola di Dio richiami a tutti noi il gusto della contemplazione, il richiamo a saper vedere, nelle cose sacre, un richiamo al Creatore e al Padre di ogni uomo e di ogni realtà. Forse potremmo anche prenderci una “pausa spirituale” che ci aiuti ad approfondire il senso di queste verità. Qualche giorno di riposo, qualche giorno di stacco, anche semplicemente rimanendo a casa, potrebbero diventare il richiamo per lodare Dio, partendo dalle cose che ci rimandano a Lui e che abbiamo a nostra disposizione. Lasciamo che l’atteggiamento spirituale di Salomone e, soprattutto, il richiamo del Signore Gesù insegnino anche alla nostra anima queste verità della fede, senza le quali non è possibile crescere in grazia di Dio.