Mercoledì 04 agosto

Settimana della 10 domenica dopo Pentecoste – Mercoledì

Re

1Re 11, 1-13
Lettura del primo libro dei Re

In quei giorni. Il re Salomone amò molte donne straniere, oltre la figlia del faraone: moabite, ammonite, edomite, sidònie e ittite, provenienti dai popoli di cui aveva detto il Signore agli Israeliti: «Non andate da loro ed essi non vengano da voi, perché certo faranno deviare i vostri cuori dietro i loro dèi». Salomone si legò a loro per amore. Aveva settecento principesse per mogli e trecento concubine; le sue donne gli fecero deviare il cuore. Quando Salomone fu vecchio, le sue donne gli fecero deviare il cuore per seguire altri dèi e il suo cuore non restò integro con il Signore, suo Dio, come il cuore di Davide, suo padre. Salomone seguì Astarte, dea di quelli di Sidone, e Milcom, obbrobrio degli Ammoniti. Salomone commise il male agli occhi del Signore e non seguì pienamente il Signore come Davide, suo padre. Salomone costruì un’altura per Camos, obbrobrio dei Moabiti, sul monte che è di fronte a Gerusalemme, e anche per Moloc, obbrobrio degli Ammoniti. Allo stesso modo fece per tutte le sue donne straniere, che offrivano incenso e sacrifici ai loro dèi. Il Signore, perciò, si sdegnò con Salomone, perché aveva deviato il suo cuore dal Signore, Dio d’Israele, che gli era apparso due volte e gli aveva comandato di non seguire altri dèi, ma Salomone non osservò quanto gli aveva comandato il Signore. Allora disse a Salomone: «Poiché ti sei comportato così e non hai osservato la mia alleanza né le leggi che ti avevo dato, ti strapperò via il regno e lo consegnerò a un tuo servo. Tuttavia non lo farò durante la tua vita, per amore di Davide, tuo padre; lo strapperò dalla mano di tuo figlio. Ma non gli strapperò tutto il regno; una tribù la darò a tuo figlio, per amore di Davide, mio servo, e per amore di Gerusalemme, che ho scelto».

“Ecco, qui vi è uno più grande di Salomone”. Sono le parole di Gesù su cui dopo torneremo. Sono parole molto forti, perché, come si capisce immediatamente, sono parole di sdegno per un popolo che, continuamente, si allontana da Dio. Il senso di queste parole è ben specificato dalla prima lettura, nella quale, come abbiamo sentito, abbiamo visto un ritratto del vecchio Salomone: un uomo che, nonostante la sua sapienza, diventa incapace di controllarsi ed ecco l’introduzione a corte di molte donne straniere che faranno perdere a Salomone la fede. Se la fede era stato il principio guida del suo operato, specie quello che aveva portato alla costruzione del tempio di Gerusalemme, ecco che ora Salomone smette di avere fede e si lascia guidare verso altri culti, verso altri idoli. È il problema di sempre. È il problema dell’uomo che, nella mancanza di fedeltà, nella mancanza di radicalità, devia dalla retta fede e dal desiderio di servire Dio. La cosa non sorprende: è sempre stato così per Israele perché è così per ogni uomo. La fedeltà, per un verso, è dono di Dio, per un verso compito dell’uomo. Compito dell’uomo che chiede a Dio, nella preghiera, questo dono prezioso. Compito di Dio che sempre rimane fedele all’uomo. Lo abbiamo sentito anche nella lettura ed è bellissima questa sottolineatura che la Parola ci dona. Dio è fedele all’uomo anche quando questi è infedele a Dio. Dio, per rispetto di Gerusalemme, continuerà ancora a intervenire per il suo popolo, anche se non lo merita affatto.

Vangelo

Lc 11, 31-36
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo. Il Signore Gesù diceva alle folle: «Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Ninive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona. Nessuno accende una lampada e poi la mette in un luogo nascosto o sotto il moggio, ma sul candelabro, perché chi entra veda la luce. La lampada del corpo è il tuo occhio. Quando il tuo occhio è semplice, anche tutto il tuo corpo è luminoso; ma se è cattivo, anche il tuo corpo è tenebroso. Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra. Se dunque il tuo corpo è tutto luminoso, senza avere alcuna parte nelle tenebre, sarà tutto nella luce, come quando la lampada ti illumina con il suo fulgore».

Così si comprende anche la pagina del Vangelo. Gesù ripropone un richiamo molto noto e molto frequente nella Scrittura, un richiamo che già i profeti avevano tentato di fare, un richiamo che molti uomini e donne di Dio avevano portato a tutto il popolo. Gesù lo fa con una forza nuova e diversa, sottolineando che la sua presenza è la presenza del Figlio di Dio, la presenza di Colui che è ben più di Salomone o di Giona. Anzi Gesù mette in luce che una regina straniera, la regina di Saba, era giunta a Gerusalemme per ammirare la sapienza di Salomone, e rimase affascinata non solo dal personaggio, ma anche dalla fede di Israele. Così come i Niniviti che, alla predicazione di Giona, si convertirono. Gesù mette in luce che, invece, di fronte alla sua predicazione, si fatica a convertirsi. È più facile che, come nei due casi del Primo Testamento, si convertano gli stranieri, ma gli Israeliti rimangono sempre tali e quali e cioè infedeli a Dio. Solo quando uno si lascia illuminare da Dio allora fa quell’esperienza di “essere illuminato dal fulgore di una luce” che rende intellegibile tutto ciò che sta intorno e che accade nella vita di un uomo. Esperienza che noi non facciamo: la luce artificiale ha cancellato il gusto della ricerca della luce per vedere bene ogni cosa. Esperienza che, comunque, possiamo comprendere e ben capire. È la luce della fede che rischiara ogni cosa e che permette ad ogni realtà di trovare il suo senso e la sua collocazione.

Per noi

Il richiamo della Parola di Dio viene a noi, a noi che abbiamo bisogno di lasciarci continuamente illuminare da Dio. Così come ci viene ricordato anche dalla memoria liturgica del curato di Ars. In un tempo buio, nel tempo della rivoluzione francese che cancellava ogni spiraglio di fede e ogni luce soprannaturale, il curato ha saputo sempre cercare la luce di Dio e, quindi, ha sempre cercato di attenersi a quella parola antica ma sempre nuova che ha permesso anzitutto a lui di trovare la strada di Dio e, poi, di indicarla agli altri. Abbiamo bisogno di fare la stessa esperienza, noi che attingiamo a tante forme di intelligenza e di sapienza ma che manchiamo della sapienza della fede. Così accade che conosciamo molto di molte realtà della vita, ma perdiamo il senso dell’esistere stesso. Credo che abbiamo bisogno proprio di questo, di un costante richiamo a quella forza che la fede ha e che la fede dona a chi si lascia conquistare da Dio. Chiediamo, oggi, al Signore proprio questa grazia, la grazia di smettere di correre dietro a tante cose che non danno il senso e il gusto della vita. Chiediamo al Signore la forza di dare ad ogni cosa il suo valore, ma chiediamo anche di non “barattare” mai la nostra fede con altre cose che, per quanto nobili o belle, non saranno mai importanti come la fede in Dio. Cerchiamo di fare in modo che la realtà della fede possa essere davvero come una lampada che ci illumina con il suo fulgore. Questo basterà per renderci “figli della luce” come tutti i cercatori di Dio.

2021-08-01T16:22:22+02:00