Settimana della 5 domenica di Pasqua – giovedì
La spiritualità di questa settimana
La memoria di Sant’Atanasio scandisce questo secondo giorno del mese di maggio e del Triduo di Sacra Spina.
La Parola di questo giorno
LETTURA At 24, 27 – 25, 12
Lettura degli Atti degli Apostoli
Trascorsi due anni, Felice ebbe come successore Porcio Festo. Volendo fare cosa gradita ai Giudei, Felice lasciò Paolo in prigione. Festo dunque, raggiunta la provincia, tre giorni dopo salì da Cesarèa a Gerusalemme. I capi dei sacerdoti e i notabili dei Giudei si presentarono a lui per accusare Paolo, e lo pregavano, chiedendolo come un favore, in odio a Paolo, che lo facesse venire a Gerusalemme; e intanto preparavano un agguato per ucciderlo lungo il percorso. Festo rispose che Paolo stava sotto custodia a Cesarèa e che egli stesso sarebbe partito di lì a poco. «Quelli dunque tra voi – disse – che hanno autorità, scendano con me e, se vi è qualche colpa in quell’uomo, lo accusino». Dopo essersi trattenuto fra loro non più di otto o dieci giorni, scese a Cesarèa e il giorno seguente, sedendo in tribunale, ordinò che gli si conducesse Paolo. Appena egli giunse, lo attorniarono i Giudei scesi da Gerusalemme, portando molte gravi accuse, senza però riuscire a provarle. Paolo disse a propria difesa: «Non ho commesso colpa alcuna, né contro la Legge dei Giudei né contro il tempio né contro Cesare». Ma Festo, volendo fare un favore ai Giudei, si rivolse a Paolo e disse: «Vuoi salire a Gerusalemme per essere giudicato là di queste cose, davanti a me?». Paolo rispose: «Mi trovo davanti al tribunale di Cesare: qui mi si deve giudicare. Ai Giudei non ho fatto alcun torto, come anche tu sai perfettamente. Se dunque sono in colpa e ho commesso qualche cosa che meriti la morte, non rifiuto di morire; ma se nelle accuse di costoro non c’è nulla di vero, nessuno ha il potere di consegnarmi a loro. Io mi appello a Cesare». Allora Festo, dopo aver discusso con il consiglio, rispose: «Ti sei appellato a Cesare, a Cesare andrai».
SALMO Sal 113B (115)
A te la gloria, Signore, nei secoli.
Oppure Alleluia, alleluia, alleluia.
Non a noi, Signore, non a noi,
ma al tuo nome da’ gloria,
per il tuo amore, per la tua fedeltà. R
Perché le genti dovrebbero dire:
«Dov’è il loro Dio?».
Il nostro Dio è nei cieli:
tutto ciò che vuole, egli lo compie. R
Benedice quelli che temono il Signore,
i piccoli e i grandi.
Siate benedetti dal Signore,
che ha fatto cielo e terra. R
VANGELO Gv 12, 37-43
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Sebbene il Signore Gesù avesse compiuto segni così grandi davanti a loro, non credevano in lui, perché si compisse la parola detta dal profeta Isaia: «Signore, chi ha creduto alla nostra parola? E la forza del Signore, a chi è stata rivelata?». Per questo non potevano credere, poiché ancora Isaia disse: «Ha reso ciechi i loro occhi e duro il loro cuore, perché non vedano con gli occhi e non comprendano con il cuore e non si convertano, e io li guarisca!». Questo disse Isaia perché vide la sua gloria e parlò di lui. Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in lui, ma, a causa dei farisei, non lo dichiaravano, per non essere espulsi dalla sinagoga. Amavano infatti la gloria degli uomini più che la gloria di Dio.
Vangelo
Anche oggi, proprio in funzione di questo Triduo di Sacra Spina, mi pare giusto e bello rileggere con voi la pagina del Vangelo, che è ancora presa dal contesto pasquale e che ci aiuta molto a guardare, a contemplare la nostra reliquia importante.
Cosa c’è nel cuore di Gesù sempre, in tutta la sua vita ma soprattutto nei giorni pasquali? Gesù ha un solo amore, un solo scopo di vita: dare gloria a Dio. Le pagine del Vangelo ce lo ricordano spesso e con forza. Gesù viene per dare gloria al Padre e vive per dare gloria al Padre. A Gesù non interessa altro, non c’è altro scopo della sua vita che salvare l’uomo e dare gloria a Dio.
L’uomo, come creatura di Dio, dovrebbe avere il medesimo scopo di vita del Signore, questo medesimo scopo di vita, eppure non è così. Non è mai stato così. Lo dice molto bene la citazione del profeta Isaia. Anche il profeta aveva capito molto bene, già secoli prima della venuta del Signore, che anche chi ha fede non vive sempre per cercare la gloria di Dio. Anche l’uomo di fede può chiudersi in sé stesso, cercare solo la sua gloria, amare solo il suo successo… così, ci spiega sempre il profeta, si spiega perché molti uomini smettano di vivere il loro itinerario di fede e rinneghino la verità della loro stessa esistenza: essere creati ad immagine e somiglianza di Dio. È così che l’uomo pensa solo a sé stesso e vive solo per sé stesso. Gesù, al contrario, vuole proporre a tutti gli uomini un modo diverso di vivere. È il modo dei figli di Dio, il modo di tutti quelli che danno lode al Padre. Gesù fa questo. Al tempo stesso chiede questo a tutti coloro che vogliono vivere come suoi discepoli. È importantissimo questo concetto di “imitazione” che dovrebbe essere ripreso dalla vita di ogni cristiano. Ogni credente vive esattamente per questo, per dare lode a Dio. Ogni cristiano dovrebbe avere come scopo della sua vita, quello della lode del Padre.
Atti
San Paolo era un uomo molto ambizioso. Voleva primeggiare a tutti i costi. Aveva studiato per questo e si era preparato per questo ed è fuori discussione che avrebbe anche potuto fare una brillante carriera. Perché cambia prospettiva? Quando cambia modo di vedere le cose? Solamente quando si converte, ovvero quando incontra il Signore. Nella conversione e nello studio del Vangelo, Paolo comprende che la sua vita è chiamata ad altro. Non ad una brillante carriera, ma ad essere seme che si perde. Non ad una brillante affermazione di sé, ma ad un’imitazione sempre più vera, sempre più profonda, sempre più intelligente del Signore Gesù. È per questo che Paolo si dispone a fare la volontà di Dio, non vuole il giudizio del sinedrio perché sa che è viziato, sa che è fatto da uomini che non vogliono servire il Signore. Per questo Paolo si affida alla provvidenza. Meglio aspettare ciò che Dio ha preparato per lui, che scegliere di essere giudicato da uomini che si dicono di Dio ma che, in fondo, sono senza Dio. Paolo imita il Signore da vicino.
Per noi e per il nostro cammino di fede
Così capiamo bene che anche la nostra vita deve diventare seme che muore, seme che si lascia sotterrare per il bene di altri. La nostra vita avrà senso se diventerà servizio. La nostra vita avrà senso se diventerà lode del Padre. La nostra vita avrà uno scopo solo se sarà tutta indirizzata su Dio, altrimenti potremo anche fare cose grandi, grandissime, arrivare a carriere molto brillanti, ma tutto ciò a che cosa servirà? Il Signore ce lo ricorda con forza, come anche la contemplazione della Sacra Spina che deve guidare questi giorni. Noi siamo qui anche per questo, per lasciarci ispirare da questa reliquia. Il Signore, per mezzo di essa, ci ricorda dove è arrivato il suo abbassamento, a cosa è arrivata la sua vita pur di prendere seriamente la nostra. Se l’abbassamento del Signore serve per aprire gli orizzonti della vita eterna a tutti noi, potremo noi dimenticarcene? Solo a patto di essere degli ingrati! Cosa che dobbiamo cercare di evitare e per la quale ci raccomandiamo alla stessa Vergine Maria. A lei chiediamo di avere in noi quella memoria grata della passione del Signore per divenire anche noi imitatori di Cristo.
A Maria
Così come Maria, che noi onoriamo particolarmente in questo mese di maggio. Anche Maria ha voluto imitare da vicino suo Figlio. Anche Maria ha voluto essere piccolo seme che si perde, che muore per la vita del mondo. Anche lei ha voluto accogliere quella Parola che, poi, quando diverrà Parola rivelata, richiamerà tutto quello che lei ha già compreso per rivelazione di Dio. A Maria dobbiamo guardare come modello, e anche come ad una potente intercessione. A Maria dovremmo chiedere nient’altro che questo: essere imitatori di suo Figlio.
Provocazioni dalla Parola
- Come vivo queste giornate di contemplazione e di fede?
- Cosa chiedo al Signore?
- Amo e cerco la mia gloria o faccio quello che posso per cercare la gloria di Dio?