Domenica 02 luglio

Settimana della nona domenica dopo Pentecoste – Domenica

Dal regolamento dei conti alla conversione. È questo l’itinerario delle scritture che ci viene proposto oggi, mentre viviamo anche questo giorno dedicato al perdono di Assisi. Noi come vediamo il rapporto con Dio in quanto al peccato? È un regolamento di conti o comprendiamo le esigenze della conversione?

Vangelo

Mc 2, 1-12
✠ Lettura del Vangelo secondo Marco

In quel tempo. Il Signore Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola. Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati». Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo? ». E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua». Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

Samuele

2Sam 12, 1-13
Lettura del secondo libro di Samuele

In quei giorni. Il Signore mandò il profeta Natan a Davide, e Natan andò da lui e gli disse: «Due uomini erano nella stessa città, uno ricco e l’altro povero. Il ricco aveva bestiame minuto e grosso in gran numero, mentre il povero non aveva nulla, se non una sola pecorella piccina, che egli aveva comprato. Essa era vissuta e cresciuta insieme con lui e con i figli, mangiando del suo pane, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno. Era per lui come una figlia. Un viandante arrivò dall’uomo ricco e questi, evitando di prendere dal suo bestiame minuto e grosso quanto era da servire al viaggiatore che era venuto da lui, prese la pecorella di quell’uomo povero e la servì all’uomo che era venuto da lui». Davide si adirò contro quell’uomo e disse a Natan: «Per la vita del Signore, chi ha fatto questo è degno di morte. Pagherà quattro volte il valore della pecora, per aver fatto una tal cosa e non averla evitata». Allora Natan disse a Davide: «Tu sei quell’uomo! Così dice il Signore, Dio d’Israele: “Io ti ho unto re d’Israele e ti ho liberato dalle mani di Saul, ti ho dato la casa del tuo padrone e ho messo nelle tue braccia le donne del tuo padrone, ti ho dato la casa d’Israele e di Giuda e, se questo fosse troppo poco, io vi aggiungerei anche altro. Perché dunque hai disprezzato la parola del Signore, facendo ciò che è male ai suoi occhi? Tu hai colpito di spada Uria l’Ittita, hai preso in moglie la moglie sua e lo hai ucciso con la spada degli Ammoniti. Ebbene, la spada non si allontanerà mai dalla tua casa, poiché tu mi hai disprezzato e hai preso in moglie la moglie di Uria l’Ittita”. Così dice il Signore: “Ecco, io sto per suscitare contro di te il male dalla tua stessa casa; prenderò le tue mogli sotto i tuoi occhi per darle a un altro, che giacerà con loro alla luce di questo sole. Poiché tu l’hai fatto in segreto, ma io farò questo davanti a tutto Israele e alla luce del sole”». Allora Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il Signore!». Natan rispose a Davide: «Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai».

Corinzi

2Cor 4, 5b-14
Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù. E Dio, che disse: «Rifulga la luce dalle tenebre», rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo. Noi però abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi. In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale. Cosicché in noi agisce la morte, in voi la vita. Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: «Ho creduto, perciò ho parlato», anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi.

Samuele

Del regolamento dei conti parla soprattutto la prima lettura. Leggiamo, nello svolgimento della storia della salvezza, una pagina bellissima riguardo a Davide. Quest’uomo, santo e profeta, come anche noi lo chiamiamo e lo veneriamo, è un uomo che ne ha combinate di tutti i colori, ma la pagina più forte del suo peccato riguarda un fatto particolare della sua vita. Davide, quando è già re in Gerusalemme, quando è un uomo al comando e potente, si innamora perdutamente di un’altra donna, anch’essa già sposata: Betsabea. Davide la porterà a corte e con lei avrà un figlio ma, per nascondere il suo peccato di tradimento, cercherà dapprima di rimetterle accanto il marito, comandante delle truppe lontano da Gerusalemme al momento del tradimento, poi, non riuscendovi, farà uccidere l’amico Uria, il marito di Betsabea, in una finta battaglia. Tradimento e omicidio non sono proprio due peccati semplici! Ecco perché il profeta Natan si reca da Davide per “regolare i conti”. Quello che Davide ha fatto è male agli occhi del Signore ma anche agli occhi degli uomini e il profeta si presenta davanti al re per illuminare di nuovo la sua coscienza, per fare in modo che possa tornare sui suoi passi, per svegliare quella coscienza che si è addormentata arrivando perfino a commettere cose gravissime e riconquistarla all’amore di Dio. Sarà da questa vicenda triste che nascerà una delle più belle riflessioni penitenziali dell’intera scrittura, il Salmo 50, che molti di noi conoscono a memoria, che è la preghiera di Davide dopo che la sua coscienza si risveglia e viene di nuovo conquistata dall’amore di Dio. Il profeta Natan è colui che ha permesso questo risveglio della coscienza, attraverso quel “regolamento di conti” che la parabola che abbiamo ascoltato nella prima lettura introduceva. Così rimane innato in tutti, anche in noi che pure veniamo 2000 anni dopo la rivelazione di Cristo, che, in materia di peccato, c’è sempre un po’ un regolamento di conti da mettere a tema, da cercare e da concludere.

Vangelo

Diversa, appunto, è la rivelazione del Vangelo. C’è un uomo, un malato, un paralitico. Quest’uomo non può commettere nessuna delle azioni che Davide ha compiuto. La sua condizione fisica glielo impedisce. È un uomo che vorrebbe recuperare la salute, è un uomo che ha sentito dei miracoli del Signore ed è un uomo che vuole vedere se il Signore ha compassione e pietà anche per lui. È per questo che chiede a 4 amici di portarlo da Gesù. Quattro amici non solo disponibili, non solo attenti alla salute dell’amico, ma anche intraprendenti, quattro amici che non si fermano di fronte all’apparente impossibilità di portare l’amico malato dal Signore, ma che si cimentano addirittura nello scoperchiare un tetto per calare la barella sulla quale giace l’amico paralitico proprio dove Gesù si trova. Poco conta che i tetti erano fatti di paglia e frasche e che l’operazione non era poi così difficile. Il Vangelo mette un primo accento della sua narrazione sul desiderio condiviso da tutti questi uomini di permettere un incontro di misericordia tra il paralico e il Signore.

Incontro che avviene, incontro che produce l’effetto sperato, cioè la guarigione del paralitico. Quest’uomo viene risanato e può compiere un’esperienza che non ha pari, non ha uguali: prendere il suo lettuccio, quello sul quale era venuto, e tornare a casa sano.

Tuttavia l’accento dell’azione compiuta da Cristo non cade sulla guarigione fisica, non cade sul miracolo nella sua fisicità, piuttosto cade sul potere che ha Cristo di perdonare i peccati, è proprio questo il cuore della narrazione. Gesù sposta il piano della riflessione da quello fisico della salute, a quello spirituale dell’anima. Così l’uomo è invitato a comprendere che non esiste cosa più gradita a Dio che guarire le anime, gravate da pesi più pesanti di quelli che opprimono i corpi. Questo è il miracolo che si compie sempre in ogni azione di perdono e di misericordia. Gesù insegna così che l’esperienza del perdono non è mai un regolamento di conti, non è mai un cancellare una fattura non pagata, non è mai un distruggere un documento compromettente. L’esperienza del perdono e della misericordia è al di là di tutto questo. L’esperienza del perdono e della misericordia consiste in un nuovo modo di rapportarsi a Dio, a sé, agli altri. L’esperienza della misericordia di Dio è sempre un modo di rapportarsi nuovo alla propria tendenza al negativo, è sempre un lasciarsi valorizzare dal Signore, è sempre un nuovo modo di rapportarsi agli altri, con autenticità, con verità, con la capacità di annunciare agli altri che Dio dona una nuova capacità di muoversi, come, appunto, può fare un paralitico perdonato.

Corinzi

È questa la bellissima riflessione di Paolo che, volendo regolare i conti con tutti, si rende conto che Dio lo chiama a qualcosa di diverso e, nella sua conversione, gli permette di comprendere che Dio non regola semplicemente i conti ma dona nuove occasioni di fede e di testimonianza. È così che Paolo può scrivere queste parole intense, profonde e bellissime: “abbiamo un tesoro in vasi di creta”. Paolo si riferisce a sé stesso. Sa che il vaso di creta è il suo corpo. Quel corpo che, al pari di quello di Davide, è in grado di abbassarsi alle cose più terribili che l’esistenza sa proporre. Eppure il peccato, anche nella sua gravità, per quanto possa portare lontano dal Signore, non ha mai la meglio sull’uomo. Paolo professa, anzitutto, la sua personale convinzione che anche se tribolati non siamo mai sconfitti dal peccato. Poi aggiunge queste parole mirabili: “Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: «Ho creduto, perciò ho parlato», anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi”, parole che esprimono quella consapevolezza evangelica che il Signore ci ha lasciato: l’esperienza dell’incontro con la misericordia di Dio non è mai un regolamento di conti ma sempre un’esperienza di incontro che cambia la vita, il modo di vedere le cose, il modo di giudicare sé stessi, il modo di annunciare agli altri che senza perdono di Dio siamo perduti.

Per noi

Noi cosa pensiamo di tutto questo? Che esperienza del perdono di Dio abbiamo fatto e facciamo? Siamo legati ancora allo schema del regolamento di conti o siamo già consapevoli di questo incontro con la misericordia di Dio che cambia il modo di vedere le cose?

La risposta viene molto facile se consideriamo il nostro modo di confessarci, magari partendo anche da questa esperienza del perdono di Assisi che continuerà ancora per la prossima settimana, anche già in vista della Assunzione di Maria. Se l’esperienza del perdono assomiglia ancora ad una lista di cose sulle quali poi sarà assai difficile cambiare, siamo ancora un po’ tutti nella visione di un regolamento di conti. Riteniamo ancora, per così dire, che il compito di Dio sia solo quello di cancellare un documento di debito che non riusciremo mai a pagare.

Se, invece, siamo nella consapevolezza di essere vasi di creta, cioè nella condizione di fragilità che non passerà mai e che, tuttavia, pur in questa condizione, siamo chiamati a fare esperienza di un Dio che invita sempre a fare meglio e a rinnovarci, allora siamo già in una visione evangelica del perdono e della misericordia. Come anche Davide che, nonostante i pesi gravissimi della sua coscienza, non esita a rimettersi in gioco e a recuperare quella fiducia in Dio che diventa anche fiducia in sé stesso e che spinge ad un progressivo e continuo miglioramento della propria condizione di vita.

Chiediamo alla Vergine, alla quale già guardiamo come Assunta e regina del cielo e della terra, di aiutarci a comprendere che anche noi siamo chiamati a custodire questo misterioso dono di Dio che è la sua misericordia, anche se siamo vasi di creta.

2020-07-30T11:36:23+02:00