Settimana della 2 domenica dopo la dedicazione – giovedì – commemorazione di tutti i fedeli defunti
Per introdurci
Come ogni anno siamo qui per ricordare i nostri fratelli defunti. È un dovere che nasce dall’amore. È un ricordo che non possiamo mancare. È un ricordo al quale molti, anche non cristiani o in modo non cristiano, non si sottraggono. Ci sono persone che, pur non vivendo un itinerario di fede o non esprimendo alcuna fede in Dio, non dimenticano comunque con la visita al cimitero, con un fiore deposto su una tomba, o in altri modi, la memoria dei propri cari. Noi non vogliamo solo ricordare i nostri defunti, cosa che, magari, faremo nelle nostre famiglie, nei modi che più ci sono cari e che appartengono in fondo alle nostre tradizioni. Noi, da cristiani, vogliamo riflettere sul tema della morte, sul morire dell’uomo che, un giorno, sarà anche il nostro morire. È un pensiero molto scomodo, un pensiero che ci mette ansia, un pensiero che molti scartano, forse anche noi. Eppure sentiamo tutti viva la domanda: verrà anche per noi, un giorno, un tempo nel quale non vedremo la morte solo come una nemica, solo come un fatto da censurare, come un pensiero da non vivere, e chiameremo, come San Francesco, la morte con l’appellativo di sorella? La risposta è personale. Ovviamente dipenderà da un grande insieme di fattori che si combineranno in noi. Per tutti, perché questo accada, se vogliamo che accada, occorre però riflettere sul tema della morte.
- Come vediamo la morte?
- Cosa diciamo sulla morte?
- Cosa pensiamo della vita dopo la morte?
La Parola di questo giorno
LETTURA 2Mac 12, 43-46
Lettura del secondo libro dei Maccabei
In quei giorni. Il nobile Giuda, fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dracme d’argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio per il peccato, compiendo così un’azione molto buona e nobile, suggerita dal pensiero della risurrezione. Perché, se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. Ma se egli pensava alla magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato.
SALMO Sal 129 (130)
Lavami, Signore, da tutte le mie colpe.
Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia supplica. R
Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore. R
L’anima mia è rivolta al Signore
più che le sentinelle all’aurora.
Più che le sentinelle l’aurora,
Israele attenda il Signore,
perché con il Signore è la misericordia
e grande è con lui la redenzione. R
EPISTOLA 1Cor 15, 51-57
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, io vi annuncio un mistero: noi tutti non moriremo, ma tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba. Essa infatti suonerà e i morti risorgeranno incorruttibili e noi saremo trasformati. È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta d’incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d’immortalità. Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura: «La morte è stata inghiottita nella vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?». Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge. Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!
VANGELO Gv 5, 21-29
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai Giudei: «Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato. In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità io vi dico: viene l’ora – ed è questa – in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno. Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna».
Non un doppione della vita presente
Scriveva Benedetto XVI: “Noi rispondiamo alla morte con la fede in Dio, con uno sguardo di solida speranza che si fonda sulla Morte e Risurrezione di Gesù Cristo. Allora la morte apre alla vita, a quella eterna, che non è un infinito doppione del tempo presente, ma qualcosa di completamente nuovo”. Credo che in molti ci rivediamo in questa frase. Molti di noi pensano alla vita dopo la morte semplicemente come la continuazione all’infinito delle cose belle della vita, delle realtà che il defunto amava fare nel corso della sua esistenza. Ma pensando così e dicendo queste cose, noi facciamo della vita eterna un doppione della vita presente. Una vita come quella che viviamo ora, ma solo con le esperienze belle di essa, prolungate all’infinito. Questa non è la vita eterna promessa dal Padre. Questa non è la visione della vita eterna promessa da Gesù. Questa non è la visione della vita eterna che la Chiesa ha promosso nei secoli, obbediente al Vangelo e al comando del Signore. Cosa è la vita eterna?
“La fede ci dice che la vera immortalità alla quale aspiriamo non è un’idea, un concetto, ma una relazione di comunione piena con il Dio vivente: è lo stare nelle Sue mani, nel Suo amore, e diventare in Lui una cosa sola con tutti i fratelli e le sorelle che Egli ha creato e redento, con l’intera creazione”. La vita eterna è una relazione. È quella relazione con Dio che noi iniziamo adesso, che noi esprimiamo in tutti i modi con i quali la fede può esprimersi e sa esprimersi. Anche quelli che stiamo vivendo adesso: la Messa è il principale modo con il quale noi entriamo in comunione con Dio. Ci sono poi tutti gli altri momenti e tutte le altre forme di preghiera e c’è, soprattutto, il nostro personale modo di parlare con il Signore Gesù. È questa relazione che, pian piano, ci introduce in quella relazione vera, ultima, definitiva con Dio che avverrà dopo la nostra morte, ovvero quando saranno purificate tutte quelle realtà che ci separano da Lui. In sintesi noi chiamiamo questa realtà peccato. La morte che anche noi sperimenteremo ci metterà in comunione con la morte di Cristo, che ora celebriamo e purificherà completamente il nostro essere, cosa che ora non possiamo vivere, per farci entrare in quella relazione con Dio che sarà perfetta. Una relazione non più mediata dalla fede ma immediata; una relazione non più segnata dalla continua preghiera ma dalla contemplazione, a viso aperto, del volto di Dio. È questa la vita che ci attende e che non ha più relazione di continuità con la vita presente. Le cose di prima, come ci dice San Giovanni nell’Apocalisse, sono passate. Tutte, anche le migliori. Tutto sarà presente nel cuore di Dio, ma in un modo nuovo. Noi entreremo nell’eternità segnati dalle cose, dagli eventi, dagli avvenimenti della nostra vita. Nonostante questo, tutto sarà passato, tutto troverà la sua composizione in Dio e noi vivremo quella relazione nuova con Lui che sarà perfetta e non segnata, come adesso, dal peccato.
Ci dice ancora papa Benedetto: “La nostra speranza allora riposa sull’amore di Dio che risplende nella Croce di Cristo e che fa risuonare nel cuore le parole di Gesù al buon ladrone: ‘Oggi con me sarai nel paradiso’ (Lc 23,43). Questa è la vita giunta alla sua pienezza: quella in Dio; una vita che noi ora possiamo soltanto intravedere come si scorge il cielo sereno attraverso la nebbia”. La parola data al buon ladrone deve essere ciò che ora sostiene il ricordo dei nostri cari. Noi speriamo che essi siano già in Paradiso proprio per questa promessa che il Signore ha dato al buon ladrone e che speriamo, in fondo, essere anche per noi. Se siamo qui a celebrare la S. Messa, se siamo qui a fare la comunione, se siamo qui a celebrare l’ufficio dei morti, è perché vogliamo nutrire la speranza di questa contemplazione eterna che, un giorno, dovrà riguardare anche noi.
Ecco come dobbiamo guardare alla vita eterna, sorretti anche dai testi biblici che ascoltiamo.
Vangelo
Forse di questo primo schema della “Messa dei morti” ci colpisce e ci sorprende il Vangelo, perché contiene quella parola che a noi fa molta impressione e, diciamolo pure, paura: la parola giudizio. In effetti, nella fede, noi sappiamo che la morte ci introduce anche nel giudizio di Dio. La visione di Dio giusto giudice è però mediata dalla Scrittura stessa, che ci ricorda che Dio è giudice di misericordia. Se ci guardiamo indietro, tutti, credo, proviamo un senso di nostalgia per il bene che potevamo fare e che non abbiamo fatto, così come vediamo che alcune cose che abbiamo compiuto, non valeva assolutamente la pena di compierle in quel modo. Poi c’è sempre il ricordo del nostro peccato, che, comunque, messo a confronto con la luce di Dio, ci spaventa e ci atterrisce. Credo che non debba essere così. Il giudizio di cui ci parla il Vangelo è giudizio di amore e di misericordia ed è il Signore stesso che ci ricorda che egli ha già preso su di sé tutte le nostre debolezze. La croce del Signore ci dice che tutte le nostre miserie e tutti i nostri peccati, sono già lì, confitti con lui sulla Croce. Ecco perché ci è lecito sperare in un futuro di gloria, di comunione, di perdono. Noi dobbiamo dire, ora e nel momento della nostra morte, che abbiamo bisogno di Lui, che senza di Lui siamo davvero oppressi da tutti i peccati e le mancanze della vita. Lui solo è “parola di vita eterna”, come dice San Pietro. È per questo che abbiamo assolutamente bisogno di Lui e del suo perdono, senza il quale il giudizio è sì oppressivo e spaventoso. Chiediamo al Signore di essere liberati dalla paura del giudizio e di andare incontro a Lui sorretti solo dalla sua grande misericordia.
Corinzi
Così la lettera ai Corinzi ci ha detto e ricordato che noi non possiamo vedere le cose chiare, come dovremmo vederle e giudicarle. Noi tutti sentiamo questa confusione interiore che, per un verso, non possiamo fare altro che sopportare. Anche se l’insegnamento del Signore è chiaro, la nostra coscienza fatica a farlo proprio e noi rimaniamo come confusi di fronte a questo pensiero. È per questo che c’è la fede. La fede ci aiuta, pian piano ma sempre di più, ad avvicinarci alla vita eterna, che non sarà altro che questa comunione gloriosa e radiosa in Cristo con Dio. Non preoccupiamoci di capire. Non avremo mai capito tutto e fino in fondo. Preoccupiamoci di credere. Sarà questa la dimensione giusta nella quale collocare la verità della Parola che riceviamo e che ci deve sostenere fino all’incontro con Dio.
Maccabei
Ecco, infine, la prima lettura. Proprio perché sappiamo che il giudizio di Dio è misericordia e perdono, noi tutti offriamo il sacrificio di Cristo per i nostri defunti, perché sappiamo bene che è l’unica cosa che può aiutare le loro anime. Se qualcuna di loro avesse ancora bisogno di noi, noi preghiamo per loro. Se qualche anima del Purgatorio ha necessità di qualcosa, è del sacrificio di Cristo, che è l’unica realtà che può avvicinarla a quel Paradiso al quale l’anima è diretta. Ecco il senso delle numerose celebrazioni di oggi ed ecco il senso di ogni ricordo dei defunti che noi viviamo. È per questo che noi “facciamo dire le Messe dei morti”, come diciamo nel gergo popolare. Mettiamo i nostri cari nel mistero di Cristo, della sua purificazione, sapendo che essa è la sola realtà che conta per le loro anime.
Invito alla preghiera
Noi potremo arrivare a chiamare la morte come “sorella” solo a questa condizione: a condizione che rimetteremo tutto nelle mani di Dio, confidando in quella sua misericordia che è introduzione alla vita di comunione con Lui. Vita completamente diversa, che non possiamo che immaginare, verso la quale tutti, con fiducia, vogliamo sentirci diretti.