Veglia Pasquale
Vangelo
Mt 28,1-7
Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba. Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. L’angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Ecco, io ve l’ho detto».
Un terremoto
Non è certo un personaggio, tanto meno sarebbe un personaggio maggiore se lo personificassimo, ma uno dei protagonisti della veglia di Pasqua è certamente il terremoto. Uno sconvolgimento della terra, una partecipazione della natura alla Pasqua di Cristo, alla sua risurrezione, al suo tornare al Padre nella vita eterna. Perché la creazione partecipa della gioia del creatore.
Un Angelo
Ma come è potuto venire in mente all’Angelo apparso sul sepolcro del Signore di dire: “voi non abbiate paura?”.
Era mattino presto del primo giorno della settimana. Tanta gente che aveva partecipato alla festa ebraica della pasqua aveva ancora da smaltire ciò che aveva accumulato nella festa. La gente tornava pian piano al proprio lavoro. Le incombenze per riordinare fervevano in ogni casa dove le famiglie si erano riunite. Certo c’era ancora nell’aria ciò che era avvenuto al Signore, la sua crocifissione aveva fatto discutere certamente.
Due donne, non di Gerusalemme, che escono dalla città, all’alba, da sole. Ci sono tutti gli ingredienti perché avessero già paura! Paura di tutto e di tutti. E se le avessero notate? E se qualche uomo le avesse seguite? E se le guardie avessero chiesto qualcosa? Come motivare l’uscita dalla città a quell’ora antelucana? Cosa dire dell’olio che portavano con sé? Certo non lo avrebbero potuto nascondere. Donne che, tra l’altro, avevano già un pensiero: come fare con la pietra? Come aprire il sepolcro del Signore?
Sono queste povere donne che vedono la scena di una tomba aperta e di un angelo tranquillamente seduto sulla pietra che chiudeva la sua imboccatura. Altra scena da mettere paura a chiunque, non solo a due donne già impaurite e timorose che si stanno recando ad ungere un morto. Eppure è proprio a loro che l’Angelo dice: “voi non abbiate paura!”.
“Voi non abbiate paura: venite”, prosegue poi l’angelo. Un invito. Un invito ad entrare nella tomba scavata nella roccia nella quale nessuno era stato deposto prima del Signore. Una tomba “vergine”, come un grembo vergine lo aveva accolto quando venne al mondo.
“Voi non abbiate paura: guardate”, dice ancora l’angelo, invitando le donne a rendersi conto della scena nella quale sono state immesse, per prime, per grazia e per il loro coraggio di andare al sepolcro sfidando tutto e tutti.
“Voi non abbiate paura: presto andate a dire”, non c’è però tempo di rimanere lì ad osservare. C’è la fretta di un annuncio. Occorre tornare subito in città per dire agli altri cosa hanno visto, cosa è accaduto, cosa è cambiato nel giorno che inizia.
“Voi non abbiate paura: egli vi precede in Galilea”, la paura si vincerà incontrandolo. L’incontro avverrà, ancora una volta, via da Gerusalemme, in Galilea, là dove tutto era iniziato. Perché la Pasqua è sempre un nuovo inizio. Dovranno andare, dovranno percorrere chilometri, dovranno fare una strada a ritroso. Quella strada che avevano fatto più volte dalla Galilea a Gerusalemme e viceversa, ancora una volta dovrà essere percorsa. Senza il Signore, questa volta, ma con il desiderio di rivederlo, con il desiderio di incontrarlo di nuovo, con il desiderio di udire la sua voce, con il desiderio di comprendere, per quello che è possibile, cosa è stata la sua Pasqua.
“Voi non abbiate paura: ecco io ve l’ho detto”, la parola finale, che segna la fine di un tempo, la fine di un’apparizione, la fine di una grazia. Adesso incomincia il tempo della responsabilità delle persone, il tempo dell’annuncio, il tempo nel quale dire a tutti quello che è accaduto per permettere anche agli altri di tornare alle origini per comprendere un mistero da annunciare poi ad ogni uomo.
Povero Angelo della Pasqua. Lui ce l’ha messa proprio tutta, ma, forse, quelle donne se ne sono andate con più timore nel cuore di quando erano venute al sepolcro!
Perché sia una Pasqua vissuta con sapienza
Carissimi, anche noi, quest’anno, abbiamo vissuto una “Pasqua maggiore”, una Pasqua nella quale siamo stati partecipi – almeno chi ha voluto – degli eventi fondamentali della storia di Cristo e della nostra salvezza.
Proprio a noi è rivolta la frase piena di sapienza: “Voi non abbiate paura”!
A noi è detto: “Voi non abbiate paura: venite”. In effetti, siamo venuti, ma ancora ci sono molte persone che sono bloccate da diverso genere di paure, non necessariamente quelle legate alla pandemia e non vengono all’incontro con il Signore. C’è chi ha paura ad uscire di casa, chi ha paura dei luoghi affollati, chi ha paura dei focolai di pandemia, chi ha paura di rientrare in chiesa dopo molti anni, chi ha paura di riprendere in mano la sua fede, chi ha paura che il Signore, poi, chieda anche qualcosa, come c’è anche chi ha paura che il suo peccato lo debba tenere definitivamente lontano dal Signore. “Voi non abbiate paura: venite”, dice a tutti l’Angelo della Pasqua.
A noi è detto: “Voi non abbiate paura: guardate”. Guardate anche voi che piega prende una vita senza Dio, guardate anche voi come si rimane soli quando non si ha nessuno a cui ancorare i propri giorni, guardate anche voi cosa accade quando la vita non si fonda sui valori della fede, guardate anche voi come ci si impoverisce quando non si ha Cristo nel cuore. “Voi non abbiate paura: guardate”, dice a tutti l’Angelo della Pasqua.
A noi è detto: “Voi non abbiate paura: presto andate a dire”. A noi è detto di essere testimoni, a noi è detto di andare a dire che Dio non ci abbandona, a noi è chiesto di andare a dire che il Signore attende anche ciascuno di noi. A noi è chiesto di dire a tutti che abbiamo partecipato a questa “Pasqua maggiore” e che tutti sono invitati a fare viva esperienza di Cristo risorto. “Voi non abbiate paura: presto andate a dire”, dice a tutti l’Angelo della Pasqua.
A noi è detto: “Voi non abbiate paura: egli vi precede in Galilea”. Non la Galilea fisica, ma la Galilea del cuore, la Galilea che è l’inizio della nostra esperienza religiosa. A noi è chiesto di riprendere da lì il cammino, a noi è chiesto di ritornare, con un pellegrinaggio del cuore, al luogo, al tempo, alle persone che hanno accompagnato la nostra esperienza di fede e che l’hanno originata. “Voi non abbiate paura: egli vi precede in Galilea”, dice a tutti l’Angelo della Pasqua.
A noi è detto: “Voi non abbiate paura: ecco io ve l’ho detto”. È la sapienza del credente che, adesso, deve entrare in azione. È la sapienza del credente che si è nutrita della Parola quaresimale che, a noi è detto: “Voi non abbiate paura: ecco io ve l’ho detto”. Adesso, ciascuno deve diventare protagonista della sua vita di fede. Anche a noi è detto di dire a tutti, con sapienza: ecco anche io ve l’ho detto. Con le parole e con le opere vi dico, vi racconto la mia fede. Ecco cosa dobbiamo fare se vogliamo che questa sia una Pasqua piena di sapienza.
“Voi non abbiate paura: ecco io ve l’ho detto”, dice a tutti l’Angelo della Pasqua. Che sia davvero e per tutti una Pasqua maggiore, piena di sapienza.